Integra reato l’uso del marchio dopo la scadenza della licenza: non basta invocare rapporti “tollerati” (Trib. Nola n. 2071/25)
- Avvocato Del Giudice
- 12 apr
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Il Tribunale di Nola ha condannato l’ex licenziatario del marchio “A. Girl” per commercio abusivo di prodotti coperti da privativa industriale. Anche la vendita di merce autentica può configurare il reato se avviene in assenza di un valido titolo, scaduto e non prorogato.
Il fatto
Il procedimento trae origine da un’attività ispettiva condotta dalla Guardia di Finanza nel novembre 2021 presso i locali della società F.’s Group, riconducibile a Io.Mi., già licenziataria del marchio “A. Girl”. I militari rinvenivano e sottoponevano a sequestro centinaia di capi e accessori recanti il suddetto marchio, nonché documentazione contabile attestante vendite protrattesi fino al 2021.
La società aveva esercitato nel 2019 il recesso anticipato dal contratto di licenza con la Ca. D. Srl, con effetto dal gennaio 2020. Il contratto prevedeva l’obbligo di smaltire le giacenze entro 90 giorni, pena la loro distruzione. Nonostante ciò, risultava che la F.’s Group avesse continuato a commercializzare la merce ben oltre il termine pattuito, fino a un anno e mezzo dopo la cessazione del contratto.
L’imputato ha sostenuto che la PEC del 2019 fosse volta a una rinegoziazione contrattuale e non a un effettivo recesso, indicando il 9 ottobre 2020 — data di una successiva diffida del titolare del marchio — come punto di partenza per il conteggio dei termini.
Ha inoltre sostenuto che i prodotti sequestrati costituivano “archivio aziendale” e non erano destinati alla vendita.
La decisione del Tribunale
Il Tribunale ha ritenuto Io.Mi. colpevole del reato di cui all’art. 517-ter, comma 2, c.p., per avere detenuto e messo in circolazione, in assenza di titolo, merce recante un marchio industriale tutelato. Lo ha condannato alla pena di tre mesi di reclusione e 500 euro di multa, con sospensione condizionale e non menzione, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile (da liquidarsi in sede civile) e alla confisca e distruzione della merce sequestrata.
Secondo il giudice:
il recesso comunicato nel luglio 2019 era un atto unilaterale recettizio che ha prodotto effetti giuridici dal gennaio 2020;
non esistevano elementi scritti idonei a dimostrare una proroga o un accordo successivo;
la prosecuzione delle vendite costituiva condotta usurpativa, penalmente rilevante, e non un mero inadempimento contrattuale;
l’elemento soggettivo era pienamente integrato, essendo l’imputato consapevole della titolarità del marchio e della cessazione della licenza.
Il principio di diritto
“Integra il delitto di commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517-ter, co. 2, c.p.) la condotta di chi, pur avendo regolarmente detenuto in passato la licenza d’uso di un marchio, continua a vendere la merce dopo la cessazione del rapporto contrattuale, in assenza di proroga formalmente pattuita.”
Il Tribunale di Nola ha precisato che, anche in presenza di merce autentica, il commercio non autorizzato oltre il termine di validità della licenza costituisce violazione penalmente rilevante, in quanto lesivo del diritto di esclusiva del titolare del marchio.