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Concorso esterno: annullata l'assoluzione dei politici imputati per legami con la 'ndrangheta per difetto di motivazione (Cass. Pen. n. 11721/2025)

Con la sentenza n. 11721/2025, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva confermato l’assoluzione di quattro politici locali accusati di collusione con la cosca Lanzino/Ruà.

La Cassazione ha rilevato una motivazione meramente apparente, priva di qualsiasi valutazione sui motivi di appello proposti dal pubblico ministero, e ha disposto il rinvio per nuovo giudizio.


Il fatto

Gli imputati P., B., R. e G. erano stati assolti in primo grado dai reati di corruzione aggravata e concorso esterno in associazione mafiosa.

Le accuse riguardavano presunti accordi elettorali e favoritismi amministrativi in favore della cosca Lanzino/Ruà, tra cui:

  • assunzioni pilotate al Comune di Rende;

  • affidamento senza gara di un bar comunale alla moglie di un boss;

  • erogazioni pubbliche e appalti a cooperative riconducibili alla criminalità organizzata.

La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza assolutoria, ma senza analizzare nel merito i motivi di impugnazione del PM, che aveva depositato un atto di 413 pagine. Il PG ha proposto ricorso per cassazione.


La decisione della Corte

La Cassazione ha accolto il ricorso:

  • Ha rilevato che la Corte d’Appello non ha svolto alcuna valutazione critica dei motivi di appello, limitandosi a richiamare la sentenza di primo grado senza raffrontarsi con le doglianze del PM.

  • Ha qualificato la motivazione come inesistente o meramente apparente, in violazione dell’art. 125, comma 3, c.p.p., secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (sent. Repaci e Ferazzi).

  • Ha affermato che l’atto di appello del PM era specifico e ammissibile: conteneva rilievi dettagliati su ritrattazioni, pressioni sui testimoni e travisamenti probatori non valutati in appello.

  • Ha chiarito che anche nei casi in cui il ricorso è ammesso solo per violazione di legge (art. 608, comma 1-bis c.p.p.), l’apparenza della motivazione è motivo legittimo di annullamento.


Il principio di diritto

In tema di impugnazioni, la Corte d’Appello, in presenza di un appello specifico e ammissibile, ha l’obbligo di confrontarsi puntualmente con i motivi dedotti e non può limitarsi a un generico richiamo alla sentenza di primo grado. La mancanza o l’apparenza della motivazione costituisce violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., anche in presenza delle limitazioni previste dall’art. 608, comma 1-bis, c.p.p.

 
 
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