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Igiene Pubblica: Il reato di vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione.

Approfondimenti



Indice:


1. Il reato previsto dall'art. 5 lett. b) Legge 30.04.1962 n.283

Il reato contravvenzionale previsto dall'art. 5 lett. b) Legge 30.04.1962 n.283 punisce il soggetto che vende, detiene o distribuisce sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione.

In primo luogo, va evidenziato che l'oggetto giuridico tutelato dal reato de quo, come sostenuto dalla Giurisprudenza di Legittimità, non è rappresentato dalla tutela della genuinità dei beni di consumo alimentare commercializzati sul territorio nazionale, ma dall' “ordine alimentare, ovvero, la tranquillità dei consumatori finali a che la sostanza alimentare giunga al consumo con le garanzie igieniche (e sanitarie) imposte per la sua natura “ (Cfr. sul punto, Cassazione penale , sez. III, sentenza 10.02.2014 n° 6108) .

Da ciò deriva che la norma incriminatrice in esame non sanziona condotte di commercializzazione di prodotti non commestibili, contaminati e/o pericolosi, ma solo ed esclusivamente condotte di commercializzazione di beni (genuini e commestibili) esposti e/o detenuti in violazione delle vigenti igienico sanitarie.


2. L'elemento oggettivo

Per ciò che concerne la configurabilità del reato in esame, sotto il profilo della sussistenza del suo elemento oggettivo, va osservato che l’ipotesi delittuosa risulta integrata solo allorquando le modalità di esposizione del bene alimentare risultino in contrasto con le vigenti normative igienico-sanitarie e non quando il bene alimentare, ad esempio per la presenza di componenti “estranei”, risulti potenzialmente nocivo per la salute del consumatore.

Ed invero, nella pratica giudiziaria, i casi più frequenti di condanna per il reato in argomento riguardano ad esempio: l'esposizione di frutta da banco, l'esposizione di merce alimentare per strada.

Tutte ipotesi queste ultime in cui non viene punita la commercializzazione di un bene in sé non genuino, ma in cui rilevano, solo ed esclusivamente, le modalità di conservazione e di esposizione del prodotto alimentare, che violando le norme igienico sanitarie, risultano potenzialmente idonee a determinare un danno al consumatore.

Sul punto, infatti, la Suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto: “Il cattivo stato di conservazione dei prodotti non si riferisce alle caratteristiche intrinseche delle sostanze alimentari, ma riguarda le modalità estrinseche con cui si realizza la conservazione stessa, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti oppure alle regole di comune esperienza”

Al riguardo, si sottolinea che la Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza de qua, ha ritenuto colpevole del reato previsto dall’ art. 5 lett. b) Legge 30.04.1962 n.283, un commerciante che esponeva frutta di stagione in prossimità di un marciapiede, senza adottare alcuna protezione per le merci esposte contro lo smog e gli agenti atmosferici.

Pertanto, la fattispecie criminosa in esame non risulta integrata quando il bene alimentare presenti caratteristiche “intrinseche” anomale, ma solo quando le modalità “estrinseche” ,attraverso le quali si realizza la sua conservazione, violino le norme igienico sanitarie vigenti.

Ad esempio, seguendo l’interpretazione della Suprema Corte, nel caso in cui un soggetto commercializzi una partita di mele (all’ interno delle quali è stato iniettato un potente acido), esponendole in un banco frigo, alla corretta temperatura e, quindi, nel rispetto di tutte le regole igienico sanitarie vigenti, lo stesso non sarà perseguibile per il reato di cui all’ art. 5 lett. b) Legge 30.04.1962 n.283.

E ciò proprio in quanto la norma incriminatrice de quo, come chiarito, non mira a punire condotte di commercializzazione illecita di beni potenzialmente nocivi.


3. L'elemento soggettivo

Per ciò che concerne, viceversa, l'elemento soggettivo del reato in esame, va evidenziato che lo stesso, come previsto dall' art. 42 c.p., può essere rappresentato sia dal dolo generico che dalla colpa.

Pertanto, al fine di ritenere configurato il reato contravvenzionale previsto dall' art. 5 lett. b) Legge 30.04.1962 n.283, il soggetto agente, alternativamente, deve:

  • in un caso, rappresentarsi e volere la situazione di pericolo che la norma mira a scongiurare, e quindi, lo stesso deve “essere a conoscenza” del fatto che il bene di consumo si trovi in un “cattivo stato” di conservazione e procedere, nonostante ciò, alla sua commercializzazione (dolo);

  • nell’ altro, aver commercializzato il bene alimentare, in cattivo stato di conservazione, violando una regola di prudenza, perizia o con negligenza (colpa).

Il reato in argomento, quindi, mira a punire tutte quelle condotte (vendita, commercializzazione di beni in cattivo stato di conservazione) volontarie e consapevoli, oppure colpose, poste in essere soggetto attivo che possano, anche solo potenzialmente, ledere il bene giuridico tutelato dalla norma (che si ripete non è rappresentato dalla genuinità dei prodotti di consumo commercializzati).

E ciò in quanto, la natura contravvenzionale del reato di cui all’ art. 5 lett. b) Legge 30.04.1962 n.283, non esime certo il Giudice da una valutazione della esistenza del nesso di attribuzione psicologica in capo all'agente, indagine questa che qualora assente comporterebbe l’ingresso nel processo di una tipologia di responsabilità, ovvero quella oggettiva, incompatibile con il nostro sistema penale.




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