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Il genitore ha l'obbligo di mantenere il figlio, anche se decaduto dalla responsabilità genitoriale

Sentenze

Tribunale Trieste, 23/09/2021, (ud. 20/09/2021, dep. 23/09/2021), n.1418

Il Tribunale di Trieste, richiamando Cass., sez. VI, n. 43288/2009, ha affermato che in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale non fa venire meno la permanenza del reato di cui all'art. 570 cod. pen., lasciando inalterati i doveri di natura economica e morale del genitore decaduto.


Fatto

Svolgimento del processo

Con decreto del P.M., dd. 10/02/2021, (...) veniva citato a giudizio innanzi al Tribunale di Trieste in composizione monocratica in ordine al reato ascritto in rubrica. All'udienza del 28/06/2021, dichiarata l'assenza dell'imputato, si costituiva la parte civile (...); quindi, il difensore dello (...), munito di procura speciale, formulava istanza di ammissione al rito abbreviato, condizionato all'acquisizione di documentazione medica e delle dichiarazioni rese in sede di investigazioni difensive da (...). Il 20/09/2021 si svolgeva quindi la discussione della causa, e P.M. e difese, infine, presentavano le loro conclusioni così come indicate in epigrafe. A seguito delle stesse, questo giudice decideva, dando lettura di separato dispositivo.


Diritto

Motivi della decisione

Alla luce degli elementi acquisiti, ritiene il Tribunale che sia provata la responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli.


I fatti, nella loro materialità, appaiono pacifici e sostanzialmente incontestati. Dalla denuncia-querela sporta da (...) e dal decreto del Tribunale per i Minorenni di Venezia dd. 16.09.2011, si evince infatti che la donna ebbe una relazione con l'odierno imputato (...), da cui nacque il figlio (...) il 16/01/2005. Con il decreto indicato l'imputato venne dichiarato decaduto dalla potestà genitoriale; inoltre, venne disposto a carico dello stesso l'obbligo di versare per il mantenimento del figlio un assegno mensile di euro 200,00, nonché quello di partecipare, per il 50%, alle spese scolastiche e a quelle mediche documentate fino a un importo di euro 100,00, nonché alle spese ludico-ricreative concordate. Alla data della denuncia-querela, depositata il 20/01/2020, lo (...) non aveva tuttavia versato alcunché.


Provato pertanto, alla luce di quanto detto, l'omesso pagamento delle somme dovute (non rilevando l'intervenuta decadenza dalla potestà genitoriale da parte dello (...): v. tra le altre Cass., sez. VI, n. 43288/2009: "In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il provvedimento di decadenza dalla potestà genitoriale non fa venire meno la permanenza del reato di cui all'art. 570 cod. pen., lasciando inalterati i doveri di natura economica e morale del genitore decaduto") e passando quindi allo stato di bisogno, pare sufficiente ricordare che è orientamento giurisprudenziale consolidato quello secondo cui la minore età del bambino rappresenta, in re ipsa, tale condizione soggettiva, cui consegue l'obbligo sia del padre, sia della madre di fornirgli i necessari mezzi di sussistenza; non rileva dunque che, in concreto, l'altro genitore abbia provveduto in via autonoma al mantenimento della prole (v., ad es., Cass., sez. VI, n. 17766/2019: "In materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore età del figlio, a favore del quale è previsto l'obbligo di contribuzione al mantenimento, rappresenta "in re ipsa" una condizione soggettiva di stato di bisogno, che non è esclusa per il fatto che, in virtù della elevata disponibilità economica del genitore presso il quale è collocato, il figlio non versi in reale stato di bisogno, ma goda anzi di pieno benessere ed elevato tenore di vita"; analoga Cass., sez. VI, n. 53607/2014).


Quanto alla possibilità da parte dell'imputato di adempiere alla prestazione dovuta, la difesa ha prodotto: un documento del Dipartimento delle dipendenze da cui si evince che il soggetto è in carico ai Servizi Territoriali e ha seguito un percorso terapeutico terminato nel marzo del 2021; le dichiarazioni raccolte in sede di investigazioni difensive da (...), nonna dell'imputato. Da queste ultime si evince che: dal 2011 lo (...) ha lavorato saltuariamente e per brevi periodi, massimo di sei mesi; la (...) aiuta economicamente lo (...) con 100,00/150,00 euro al mese. Ebbene, la situazione che emerge non risulta quella di in un vero e proprio stato di indigenza e di impossibilità assoluta, da parte dell'imputato ad adempiere, sia pure in parte, alla prestazione dovuta; e sarebbe stata solo tale condizione ad esimerlo dall'obbligo di versare quanto dovuto per il mantenimento delle figlie (cfr., ex multis, Cass., sez. VI, n. 5780/1995: "In tema di violazione degli obblighi di assistenza famigliare, la dichiarazione di fallimento non è di per sé solo sufficiente a far venire meno l'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza alla famiglia qualora non risulti provato che le difficoltà economiche dello imputato vi siano tradotte in stato di vera e propria indigenza economica e nell'impossibilità di adempiere, sia pure in parte alla suddetta prestazione"; Cass., sez. VI, n. 5218/1988 "Le difficoltà economiche in cui versi l'obbligato non escludono la sussistenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, qualora non risulti provato che le difficoltà medesime si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nell'impossibilità di adempiere, sia pure in parte, la obbligazione"). Nel caso in esame, emerge che lo (...) aveva capacità lavorativa ed ha concretamente lavorato per alcuni periodi (alcuni non brevissimi, arrivando a sei mesi) e, nonostante ciò, per molti anni non ha mai versato nemmeno una minima quota rispetto a quanto dovuto.


Provato il fatto materiale ed indubbia la sua qualificazione giuridica ex art. 570, co. 2, n. 2), c.p., deve ritenersi parimenti dimostrato anche il dolo: come detto, infatti, l'imputato non si trovava in una situazione di impossibilità assoluta ad adempire ed era certamente ben a conoscenza del suo obbligo a seguito del provvedimento del Tribunale di cui si è detto.


Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, sussiste la contestata recidiva reiterata infraquinquennale, avendo lo (...) già riportato altre quattro condanne per delitto, di cui l'ultima irrevocabile nel 2016. L'imputato ha quindi manifestato, anche rispetto ai propri precedenti, considerato il loro numero e la vicinanza temporale dell'ultimo degli stessi, quella maggiore pervicacia criminale e pericolosità sociale che giustificano il trattamento sanzionatorio previsto per i recidivi.


All'imputato possono tuttavia essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche in equivalenza alla suddetta recidiva in considerazione della situazione di difficoltà (economica e personale) emersa dagli elementi introdotti dalla difesa (per le ragioni dette, tale difficoltà non esclude la responsabilità dello (...), ma incide sul grado di rimproverabilità della condotta nei suoi confronti).


Per quanto riguarda la pena cui condannare l'imputato, si stima congrua, ai sensi dei parametri indicati dall'art. 133 c.p., ed in particolare tenuto conto dell'entità delle somme non versate e del periodo per cui si è protratta la condotta contestata, quella di mesi due di reclusione ed euro 200,00 di multa (pena base: mesi tre di reclusione ed euro 300,00 di multa; ridotta, per l'accesso al rito abbreviato, alla pena finale suddetta; non si è proceduto ad aumenti o diminuzioni per le circostanze in ragione del giudizio di equivalenza di cui si è detto).


All'accertamento della responsabilità penale segue ex lege la condanna al pagamento delle spese processuali.


I precedenti penali dell'imputato ostano alla concessione dei benefici di legge nei suoi confronti.


Venendo al risarcimento richiesto dalla parte civile costituita Pisanu, va innanzitutto premesso che lo stesso non coincide con le somme non versate, in relazione alle quali vi è già un titolo giurisdizionale, ma consiste nel diverso e ulteriore danno derivante dal mancato versamento di quanto dovuto nei termini, dal punto di vista patrimoniale e non patrimoniale (quanto alla sofferenza derivante dal torto subito). Tale tipo di danno non può dunque che essere liquidato in via equitativa, tenuto conto anche qui della somma complessivamente non versata e della durata della condotta (protrattasi per anni), e lo stesso, alla luce di tali parametri, si ritiene equamente quantificabile in complessivi euro 5.000,00.


Ai sensi dell'art. 541 c.p.p., in assenza di giusti motivi di totale o parziale compensazione, l'imputato deve essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, così come liquidate da dispositivo, alla luce della complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate e del rito adottato.


PQM

Il Tribunale di Trieste, Sezione Penale, visti gli artt. 438 e ss., 533, 535 c.p.p.,


DICHIARA


(...) colpevole del reato a lui ascritto e. riconosciute le circostanze attenuanti generiche in equivalenza alla contestata recidiva, ridotta la pena per il rito, lo


CONDANNA


alla pena di mesi due di reclusione ed euro 200.00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;


visti gli artt. 538 e ss. c.p.p.,


CONDANNA


l'imputato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile (...) che liquida in complessivi euro 5.000,00, nonché al rimborso delle spese processuali dalla stessa sostenute, che liquida in complessivi euro 1.800.00, oltre I.V.A., C.P.A e accessori come per legge.


Motivazione riservata in giorni 15 ex art. 544. co. 2, c.p.p.


Così deciso Trieste il 20 settembre 2021.


Depositata in Cancelleria il 23 settembre 2021.

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