Il giudice d'appello ha l’obbligo di motivare sul 131-bis: la mancata pronuncia impone l’annullamento (Cass. Pen. n.18869/2025)
- Avvocato Del Giudice
- 22 mag
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1. Premessa: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto tra automatismi e doveri motivazionali
La sentenza della Corte di cassazione n. 18869 del 2025 affronta il seguente tema: il dovere del giudice d'appello di pronunciarsi espressamente sulla richiesta, anche avanzata solo nelle conclusioni, di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p.
La decisione ribadisce un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la causa in parola, per la sua natura oggettiva e la funzione di filtro sanzionatorio, può e deve essere valutata in ogni stato e grado del processo, anche d’ufficio.
2. I fatti: condanna confermata, ma senza motivazione sul 131-bis
L’imputato era stato condannato dalla Corte d'appello di Venezia per i reati di falso in atto pubblico (artt. 48, 479 c.p.) e violata consegna aggravata (artt. 120, co. 2, e 47, co. 2, c.p.m.p.).
Con il ricorso per cassazione, la difesa ha lamentato un vizio di motivazione, in quanto il giudice del gravame aveva omesso di pronunciarsi sull’istanza di riconoscimento della particolare tenuità del fatto, pur tempestivamente proposta nelle conclusioni scritte.
3. Il principio: l’art. 131-bis come causa "obbligata" di proscioglimento
La Corte richiama un orientamento giurisprudenziale ormai stabile (Sez. U, n. 13681/2016, Tushaj; Sez. 6, n. 7573/2023, Arzaroli), secondo cui la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta con il d.lgs. 28/2015 e poi modificata dalla riforma Cartabia (l. 199/2022), deve essere esaminata dal giudice anche in via officiosa, come assimilabile a quelle ipotesi di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. Ne deriva che la sua omissione costituisce vizio autonomamente rilevabile in sede di legittimità.
La motivazione implicita – aggiunge la Corte – può essere ammessa solo in presenza di argomentazioni che, pur riferite ad altri profili, rendano palese l’esclusione della tenuità. Ma nella specie, nulla di tutto ciò era rinvenibile: nessun passaggio motivazionale lasciava intendere un giudizio di non tenuità, né tantomeno una ponderazione comparativa tra i parametri normativi (entità del danno o pericolo, modalità della condotta, grado di colpevolezza, etc.).
4. Riflessioni sistematiche: tra diritto vivente e doveri ermeneutici del giudice
La pronuncia si inserisce nel solco di un diritto vivente che tende ad ampliare le ipotesi in cui il giudice ha l’obbligo di motivare anche su aspetti non espressamente sollevati con motivo di appello, ma dedotti in udienza o comunque rilevabili d’ufficio.
L’art. 131-bis c.p., proprio per la sua funzione deflattiva e sistemica, viene considerato come presidio di proporzionalità sanzionatoria e razionalizzazione punitiva, che non può essere sacrificato sull’altare di una lettura formalistica del giudizio d’impugnazione.
Da questo punto di vista, l'omessa motivazione non è un semplice vizio argomentativo, ma si traduce in un vero e proprio errore in procedendo, poiché si disattende una richiesta che investe l’esercizio del potere-dovere di proscioglimento.
5. Conclusione
La Cassazione ha dunque annullato la sentenza impugnata, limitatamente al mancato esame della causa di non punibilità, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.
Il principio affermato è chiaro: quando la parte solleva la questione della particolare tenuità del fatto, anche in sede di conclusioni, il giudice è tenuto a motivare, esplicitamente o implicitamente, sul punto. In mancanza, la violazione è insanabile e il provvedimento deve essere cassato.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. V, 08/05/2025, (ud. 08/05/2025, dep. 20/05/2025), n.18869
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Venezia ha confermato la condanna di Fa.Sa. per i reati falso in atto pubblico di cui agli artt. 48,479 cod. pen. (capo A), e violata consegna aggravata ex artt. 120, comma secondo, 47, comma secondo, cod. pen. mil. di pace.
2. Avverso detta sentenza proponeva ricorso l'imputato tramite il difensore di fiducia, articolando un solo motivo di doglianza.
Con l'unico motivo proposto lamenta vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen.
Nonostante il difensore ne avesse fatto richiesta con conclusioni scritte, la Corte di appello ometteva di motivare il diniego di tale richiesta.
3. Con requisitoria scritta del 19 aprile 2025, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dott. Ferdinando Lignota, chiede l'annullamento con rinvio del provvedimento gravato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente si osserva che sussiste la giurisdizione di questa Corte a decidere il ricorso, in ossequio alla disposizione di cui all'art. 13, comma 2, cod. proc. pen., relativa alla connessione tra reati comuni e reati militari, giacché in caso di connessione di reati, la potestas iudicandi spetta al giudice ordinario anche per il reato militare se il reato comune sia da considerarsi più grave secondo i criteri di cui all'art. 16, comma terzo, cod. proc. pen. (come nella odierna vicenda ove è contestato il delitto di falso ideologico per induzione, punito con la reclusione da uno a sei anni, reato più grave rispetto all'abbandono di posto o violata consegna da parte di militare di guardia o di servizio, punito con la reclusione militare fino a un anno, pena che può essere aumentata nelle ipotesi del secondo comma).
2. Sempre in via preliminare, si osserva che è possibile l'applicazione retroattiva dell'art. 131- bis cod. pen. come novellato dalla "riforma Cartabia", nel caso in cui la sentenza del grado precedente sia stata pronunciata in data anteriore alla modifica normativa apportata all'articolo in parola, entrata in vigore il 30 dicembre 2022, giusta la previsione del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, art. 6, nel testo convertito dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199 (Sez. 6, n. 7573 del 27/01/2023, Arzaroli, Rv. 284241; in precedenza Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594).
3. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Dal testo della sentenza gravata risulta che il difensore, nelle sue conclusioni (correttamente inviate via pec), aveva chiesto l'assoluzione dell'imputato ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen.
Come noto, tale richiesta può essere formulata anche nelle sole conclusioni, giacché la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. può essere rilevata di ufficio dal giudice d'appello in quanto, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali vi è l'obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la stessa può farsi rientrare nella previsione di cui all'art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 2175 del 25/11/2020, dep. 2021, Ugboh, Rv. 280707, fattispecie in cui la richiesta di applicazione della causa di non punibilità era stata avanzata per la prima volta nella fase delle conclusioni orali del giudizio di appello).
Pertanto, tale richiesta imponeva una decisione da parte del giudice, trattandosi di uno specifico punto affrontato dall'imputato.
Il giudice non ha concesso l'assoluzione così richiesta, ma non ha motivato in alcun modo la sua decisione, né è possibile, dal complesso della motivazione, dedurre che l'abbia valutata implicitamente non concedibile.
La motivazione implicita è consentita anche in ordine alla omessa concessione dell'assoluzione per la particolare tenuità del fatto, in quanto la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis cod. pen. deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, Cincolà, Rv. 282097).
Nella presente sentenza, però, non vi sono elementi da cui dedurre che il giudice abbia ritenuto grave, o comunque non particolarmente tenue, il fatto commesso
4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere pertanto accolto con rinvio alla Corte di Appello di Venezia, diversa sezione, per un nuovo giudizio su tale punto, da svolgersi con piena libertà valutativa.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.
Così deciso in Roma l'8 maggio 2025.
Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2025.