La massima
In tema di lesioni personali, non rientra nella nozione di malattia la mera agitazione psicomotoria (Cassazione penale , sez. V , 08/09/2022 , n. 37870).
Fonte: Ced Cassazione Penale 2022
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La sentenza
Cassazione penale , sez. V , 08/09/2022 , n. 37870
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 5 febbraio 2021 dalla Corte di appello di Messina, che ha confermato la decisione del Tribunale della stessa città che aveva condannato B.A. per lesioni personali volontarie aggravate dall'uso di un bastone e dalla minorata difesa nei confronti di D.L., all'epoca ottantacinquenne.
2. Avverso la sentenza di cui sopra, l'imputata ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Il primo motivo di ricorso denunzia violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza di una malattia rilevante ex art. 582 c.p.. Nell'atto di appello, la ricorrente aveva contestato che lo stato di "agitazione psicomotoria" indicato nel capo di imputazione potesse essere ricondotto alla nozione di "lesione", non definendo un processo patologico. La Corte di merito si sarebbe sottratta a tale doglianza, affermando che, oltre al predetto stato di agitazione, vi erano anche dei lividi sulla testa e sul braccio della persona offesa notati da un testimone. Così facendo, tuttavia, la Corte territoriale, da una parte, ha eluso la censura circa la riconducibilità alla nozione di malattia dell'agitazione psicomotoria e, dall'altra, ha fatto riferimento ad un evento, quello delle ecchimosi, non riportato nel capo di imputazione e rispetto al quale la prevenuta non era stata messa in condizione di difendersi nel corso del processo.
2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce violazione degli artt. 192 e 533 c.p.p. e illogicità e contraddittorietà della motivazione quanto alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante dell'uso dell'arma. Secondo la ricorrente, su questo aspetto - debitamente affrontato nell'atto di appello - la Corte di appello si sarebbe ciecamente affidata alla persona offesa, ritenendone confermato il racconto da quello della moglie e di alcuni testi. Al contrario, la Corte territoriale avrebbe dovuto confrontare il narrato della persona offesa con i dati di contesto, in particolare con la conseguenza del mero stato di agitazione psicomotoria; un'aggressione come quella descritta dalla vittima, infatti, addirittura avvenuta in due fasi, avrebbe dovuto cagionare segni esteriori visibili di alterazioni anatomiche. Di fronte a questo deficit probatorio, il vaglio della Corte territoriale sui dati di conforto presta del pari il fianco a svariate critiche. La deposizione della moglie della persona offesa, infatti, non ricostruisce le due fasi dell'aggressione come descritte dal D., in particolare non soffermandosi sulla porzione di aggressione avvenuta quando la vittima era a terra. Anzi, il narrato della consorte della vittima si presta anche ad una ricostruzione che vede l'azione della prevenuta limitata a far cadere a terra l'anziano sottraendogli violentemente il bastone oppure, al più, spingendolo a mani nude. Ciò troverebbe conforto nella dichiarazione del teste C., che aveva riferito che il D. gli aveva rivelato che era caduto quando l'imputata gli aveva "tirato il bastone". Nessuna conferma al racconto della parte lesa sarebbe ricavabile da quello dei testi C. e Ca., non presenti al momento del fatto, ma solo destinatari di racconti successivi della vittima e testimoni dello stato di agitazione di imputata e persona offesa. Il contributo del teste C., ancora, attesta solo della presenza di lividi il giorno dopo e non la sera dei fatti, lividi che la Corte territoriale non ha razionalmente ricollegato all'aggressione. Analoga irrilevanza probatoria a carico sarebbe attribuibile alle dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria G..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, sicché la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
1. Due sono le riflessioni svolte dal Collegio che hanno condotto ad accogliere il ricorso, in particolare ritenendo fondato il primo motivo.
1.1. La prima concerne la riconducibilità dello stato di agitazione psicomotoria indicato nel capo di imputazione alla nozione di lesione. In disparte che, rispetto ad uno specifico motivo di appello su questo aspetto, la Corte territoriale non ha risposto, deve dirsi che lo stato predetto non può essere ritenuto lesione nel senso penalistico del termine. Se è vero che, nella nozione codicistica di lesione rientra anche la malattia della mente, il Collegio ritiene tuttavia che tale nozione debba riferirsi ad un processo patologico obiettivo e non ad una condizione transeunte quale la mera agitazione psicomotoria, che definisce non già una patologia, ma l'effetto immediato di una situazione esterna disturbante sulla psiche e, di conseguenza, sul corpo. Conforta detta conclusione la giurisprudenza tradizionale in tema di lesione, secondo cui sono tali solo quelle alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa (Sez. 5, n. 33492 del 14/05/2019, Gattuso, Rv. 276930; Sez. 4, n. 22156 del 19/04/2016, De Santis, Rv. 267306; Sez. 5, n. 40428 del 11/06/2009, Rv. 245378, Lazzarino e altri; Sez. 4, n. 17505 del 19/03/2008, Pagnani, Rv. 239541).
1.2. Non giova, poi, alla tenuta della sentenza impugnata, la circostanza che la Corte territoriale, dopo aver glissato sul tema dell'agitazione psicomotoria, abbia fatto riferimento alle dichiarazioni del teste C.U., che aveva notato lividi sulla testa e sul braccio della persona offesa. Come correttamente lamentato dalla ricorrente, infatti, tali conseguenze fisiche sulla persona del D. non sono indicate nel capo di imputazione, sicché la condanna di primo grado non può essere confermata sulla base di tale quid novi. Ne' si tratta di una mera precisazione del tipo o della zona sede della lesione rispetto a quella menzionata nell'editto accusatorio, dal momento che, come si è detto, l'agitazione psicomotoria non è una lesione rilevante ex art. 582 c.p. e, peraltro, essa attiene alla sfera psichica del soggetto, differendo quindi da quelle che la Corte di merito ha individuato come frutto dell'azione aggressiva dell'imputata.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 8 settembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2022