La massima
In tema di lesioni volontarie, non ricorre la legittima difesa qualora i due contendenti si siano lanciati contemporaneamente alla reciproca aggressione (Cassazione penale , sez. V , 04/10/2019 , n. 47589).
Fonte: Ced Cassazione Penale
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La sentenza
Cassazione penale , sez. II , 21/02/2019 , n. 17427
RITENUTO IN FATTO
1. Con La sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia, emessa dal Tribunale di Rieti in data 11 marzo 2014, con la quale F.M. era stato condannato per il reato di lesioni personali volontarie aggravate e di minaccia (capi a e b) alla pena di mesi nove di reclusione, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, ritenuta la continuazione, oltre al risarcimento del danno nei confronti della parte civile (fratello dell'imputato, F.A.), con riconoscimento della provvisionale di Euro tremila.
1.1. Si tratta di lesioni personali aggravate, poste in essere da F.M. nei confronti del fratello A., giudicate guaribili in quaranta giorni e della minaccia descritta al capo b dell'imputazione, rispetto al quale la sentenza di primo grado dichiarava l'imputato non punibile, limitatamente alla condotta integrante il reato di cui all'art. 594 c.p., stante la reciprocità delle ingiurie.
2. Avverso la descritta sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l'imputato individuando, nei motivi di seguito riassunti, per il tramite dei difensori di fiducia, quattro punti della decisione censurati, prospettando per ciascuno dei detti punti, i vizi di seguito riassunti.
2.1. Sul primo punto della decisione, relativo alla ricostruzione dei fatti e delle condotte ascritte all'imputato, si deducono quattro vizi.
2.1.1. Con la prima censura si denuncia illogicità e contraddittorietà della sentenza, tenuto conto della motivazione per relationem redatta dalla Corte territoriale, senza valutare i motivi di appello e, comunque, addivenendo ad una conclusione in contrasto con l'accertamento dei fatti compiuta in primo grado circostanza che renderebbe impossibile, anche dal punto di vista logico il rinvio alla motivazione del primo giudice, non trattandosi, in sostanza, di cd. doppia conforme.
Nella sentenza di appello si accredita una versione dell'accaduto diversa da quella del giudice di primo grado (aggressione di M. nei confronti del fratello A. e reazione difensiva di A.) ricostruendo i fatti come aggressione reciproca dei due fratelli, con lesioni inferte reciprocamente. La difesa aveva dedotto, con i motivi di appello, che era stato A. ad aggredire fisicamente il fratello il quale aveva reagito, individuando la sussistenza della causa di giustificazione della legittima difesa, quanto meno nella forme dell'eccesso colposo, riqualificando la condotta ai sensi dell'art. 55 c.p., tesi sulla quale le sentenze di primo e secondo grado sono tra loro contraddittorie e incompatibili, dunque, non appare legittima la motivazione per relationem.
2.1.2. Con il secondo motivo si censura la manifesta illogicità della motivazione quanto alla ritenuta attendibilità della parte lesa, costituita parte civile, violazione dell'art. 192 c.p.p., in relazione al divieto di frazionabilità della valutazione della dichiarazione quanto si tratti di contrasti relativi ad un unico episodio, avvenuto in un solo contesto temporale, richiamando giurisprudenza (sez. 5, n. 46471 del 19/10/2015). Il primo giudice aveva rilevato la falsità di parte della deposizione della parte lesa. Con i motivi di appello si era censurato che tale falsità inficiava l'attendibilità complessiva della dichiarazione. La Corte di appello, comunque, fonda il giudizio di responsabilità sulla deposizione della parte lesa, valutando in modo frazionato l'attendibilità della deposizione, così violando il principio di diritto affermato dalla Corte di legittimità nella sentenza richiamata, secondo la quale la valutazione frazionata dell'attendibilità è illegittima quanto si tratta di dichiarazioni riferite ad un solo episodio, avvenuto in un unico contesto temporale e la parte del racconto ritenuto inattendibile si trova in interferenza logica e fattuale con la parte del narrato reputata attendibile.
2.1.3. Con il terzo motivo si censura la manifesta illogicità della motivazione in ordine all'accertamento della condotta di aggressione ascritta all'imputato, travisamento delle sommarie informazioni testimoniali rese dal teste deceduto.
La Corte di appello trae dalle medesime fonti di prova utilizzate in primo grado, riscontri alla ricostruzione della deposizione della parte lesa. Tuttavia non viene data dal giudice di appello alcuna risposta coerente rispetto alla ricostruzione, prospettata nei motivi di appello, circa la configurazione della condotta di M. come reazione difensiva alla condotta aggressiva subita dal fratello.
- Le lesioni del certificato medico del pronto soccorso non provano la dinamica dello scontro, mentre sono trascurate le prove documentali e orali allegate all'atto di appello, in ordine alle lesioni subite da A. e alla dinamica dello scontro;
- la deposizione dei testi P. e F., utilizzata dalla Corte territoriale è del tutto irrilevante ai fini dell'accertamento della dinamica, trattandosi di persone intervenute soltanto successivamente al momento in cui lo scontro aveva avuto inizio, dunque testi sopraggiunti;
- nemmeno decisive sarebbero le sommarie informazioni testimoniale, rese dal teste G., deceduto, unico teste oculare, comunque travisate dalla Corte territoriale perchè nemmeno questo teste avrebbe chiarito come era iniziato lo scontro, cioè quale dei due fratelli avesse colpito prima l'altro (limitandosi a descrivere una colluttazione senza nulla aggiungere sulla fase iniziale);
-il ricorrente, nelle sue dichiarazioni descrive una dinamica che vede la sua azione come mera reazione all'aggressione violenta subita dal fratello, quindi non riconosce alcuna responsabilità.
2.1.4. Con il quarto motivo si censura la motivazione per mancato rispetto del canone di giudizio al di là di ogni ragionevole dubbio.
Si riportano elementi di prova che non sarebbero dirimenti rispetto al dubbio se la condotta dell'imputato si sia limitata ad una mera reazione ad aggressione subita dal fratello.
2.2. Circa il secondo punto della decisione relativo all'esclusione della legittima difesa si deducono due vizi.
2.2.1. Con la prima censura si critica la manifesta illogicità della motivazione quanto all'accertamento della mera reazione dell'imputato all'aggressione subita e della qualificazione della condotta come legittima difesa. La legittima difesa può essere esclusa quando sia esistita una contemporanea e reciproca aggressione ma non quando, come affermato dalla Corte territoriale, vi siano lesioni reciproche tra i contendenti. Di qui la necessità di accertare se una aggressione vi fu da parte del ricorrente e se i contendenti si siano lanciati in una reciproca aggressione, a prescindere dalle lesioni reciproche che, in astratto, non escludono la scriminante. In ogni caso il ricorrente valorizza che i colpi ricevuti alla nuca e alle spalle, indicati dalla Corte territoriale come espressione di una volontà di ledere e non di una mera difesa, non sono significativi perchè sono soltanto riferiti dalla parte lesa, non anche dai testi escussi. Nè la reazione scomposta della vittima, cioè dell'imputato, può condurre ad escludere la legittima difesa, essendo giustificata dalla concitazione del momento che rende non necessario che chi reagisca calibri la propria reazione (richiamando, sul punto, la pronuncia di questa Corte del 2011 n. 25608).
2.2.2. Con la seconda censura si deduce la carenza di motivazione per mancanza del rispetto del canone di giudizio dell'al di là di ogni ragionevole dubbio, tenuto conto dell'entità delle gravi lesioni subite dal ricorrente, nonchè considerata l'assenza di prova circa la connotazione della condotta dell'imputato quale aggressione nei confronti del fratello.
2.3. Sul punto della decisione relativo alla circostanza aggravante della gravità delle lesioni (con incapacità di attendere alle normali occupazioni superiore a quaranta giorni), si deducono due vizi.
2.3.1. Con il primo motivo si deduce la motivazione apparente rispetto alle censure mosse con il gravame.
Si contesta che il primo giudice aveva del tutto omesso l'esame di risultanze a discarico, derivanti dall'escussione testimoniale del consulente tecnico della difesa (verbale di udienza 11 marzo 2014) e la relazione tecnica acquisita, all'esito dell'esame dibattimentale del consulente. Tale omissione era stata criticata con l'appello ma la Corte territoriale avrebbe eluso la censura con un rinvio per relationem alla sentenza appellata, senza giustificare la irrilevanza attribuita a tali fonti di prova. A pag. 35 del ricorso si elencano le ragioni della decisività della prova ignorata (il trauma viene definito dal tecnico abbastanza lieve, si è escluso il nesso tra l'evento e lo stato d'ansia diagnosticato, il periodo di malattia sarebbe, dunque, inferiore a 40 giorni). Inoltre la Corte territoriale fa richiamo alle risultanze del certificato acquisito e della consulenza tecnica della parte civile, ignorando il contenuto della prova a discarico indicata.
2.3.2. Con il secondo motivo sul punto si contesta la violazione del canone di giudizio dell'al di là di ogni ragionevole dubbio sulla durata della malattia, tenuto conto dell'esito della prova a discarico e delle risultanze della relazione del tecnico di parte.
2.4. Circa il quarto punto della decisione censurato (accertamento della responsabilità quanto al delitto di cui all'art. 612 c.p. e ricorrenza dell'attenuante della provocazione) si deducono due vizi.
2.4.1. Con il primo motivo si censura l'apparenza della motivazione e l'illogicità della stessa tenuto conto che la Corte territoriale non avrebbe risposto alla censura mossa con l'atto di appello, non ha esaminato le testimonianze sul punto, limitandosi all'esame delle testimonianze funzionali all'assunto decisorio.
2.4.2. Con il secondo motivo si contesta vizio di motivazione circa la ricorrenza della attenuante della provocazione.
Il ricorrente, comunque è stato destinatario di espressioni offensive, come riconosciuto dalle stesse sentenze di merito quanto al reato di ingiuria, nonchè ha subito lesioni dal fratello, mentre la Corte territoriale nulla motiva circa la richiesta applicazione della provocazione contenuta nei motivi di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, in quanto infondato deve essere rigettato, anche agli effetti civili; stante l'ammissibilità dell'impugnazione, deve essere rilevata l'intervenuta prescrizione del delitto di minaccia contestato al capo b).
2. I motivi inerenti il primo punto oggetto di ricorso, devono essere rigettati in quanto infondati.
2.1. La motivazione del primo giudice viene richiamata da quella di appello, soltanto nell'incipit della sentenza, ma il giudice di secondo grado non trascura il diretto e approfondito esame delle fonti di prova oggetto di censura e delle specifiche critiche contenute nei motivi di gravame devoluti, in relazione alle risultanze probatorie analiticamente riassunte. Sicchè del tutto legittima appare, sotto tale profilo, la motivazione del provvedimento censurato.
2.1.1. Circa il secondo motivo è noto l'orientamento di questa Corte di legittimità secondo il quale la valutazione frazionata dell'attendibilità delle dichiarazioni della parte lesa può essere illegittima ove si riferisca al medesimo episodio. Ciò, tuttavia, si verifica nel caso in cui la parte del narrato, riferita ad alcuni fatti, ritenuta inattendibile sia imprescindibile antecedente logico dell'altra parte delle dichiarazioni reputata attendibile (Sez. 4, n. 21886 del 19/04/2018, Cataldi, Rv. 272752).
Nella specie il ricorrente non ha spiegato le ragioni per le quali la dedotta inattendibilità di parte del narrato (relativo alla parte in cui la persona offesa ha escluso di aver avuto reazioni a fronte della condotta aggressiva posta in essere ai suoi danni dal fratello M.) sia da reputarsi antecedente logico, imprescindibile dell'altra parte ritenuta attendibile. Peraltro, rispetto al narrato della parte lesa, oltre alla conferma rappresentata dalla deposizione del teste oculare, deceduto, sono indicati dalla Corte territoriale, ulteriori elementi di fatto non confutati, specificamente, sotto il profilo della attendibilità frazionata, con l'impugnazione che, sotto tale profilo, si presenza aspecifica (diagnosi di cui al certificato medico del Pronto soccorso dell'Ospedale di Rieti, deposizione del teste P. e della F.).
2.1.2. Con il terzo e quarto motivo, sul punto, si prospetta una ricostruzione in fatto, alternativa a quella cui ha aderito, con motivazione coerente, non illogica e dettagliata la Corte di appello, tendente a reputare la condotta posta in essere dal ricorrente quale mera reazione all'aggressione violenta subita dal fratello, profilando una prospettazione che esorbita i limiti del sindacato di legittimità, in quanto doglianza che attacca la persuasività, l'inadeguatezza, la stessa illogicità non manifesta della motivazione, comunque, evidenziando ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sul punto della valenza dei singoli elementi probatori, inibite a questa Corte di legittimità.
2.2. Il secondo punto della decisione relativo all'esclusione della legittima difesa è raggiunto da censure infondate.
La Corte di appello ha fatto buon governo di un principio risalente e consolidato, che va confermato in questa sede (Sez. 5 n. 31633 del 24/06/2008, Biscarini, Rv. 241352; Sez. 5, n. 4016 del 1982; Sez. 1, n. 4313 del 17/11/1978, dep. 1979, Serra, Rv. 141953) secondo il quale le lesioni volontarie reciproche tra due contendenti non implicano necessariamente che uno di essi abbia agito in stato di legittima difesa, ma anzi l'esimente non ricorre se i contendenti si siano lanciati contemporaneamente alla reciproca aggressione ed in caso di violenze reciproche.
Ciò che, in concreto, si è verificato nella fattispecie al vaglio, nella ricostruzione coerente e non manifestamente illogica dei giudici di secondo grado, è che, nel corso di una discussione dovuta alla situazione contabile che i fratelli stavano commentando con il commercialista, teste oculare, G., i due si sono affrontati in un faccia a faccia, in senso di sfida, passando dal litigio verbale ai fatti, spingendosi a vicenda, nonchè colpendosi reciprocamente, per poi giungere a porre in essere le lesioni contestate nell'imputazione. Dunque, stante la contemporanea reciproca aggressione, corretta appare la esclusione della legittima difesa.
2.3. Il punto della decisione relativo alla sussistenza dell'aggravante della gravità delle lesioni è raggiunto da censure manifestamente infondate.
Si tratta di motivi manifestamente infondati posto che, pur censurando il difetto di motivazione, in sostanza propongono una diversa, alternativa lettura delle risultanze della consulenza tecnica di parte, asseritamente ignorata, ma invero valutata dalla Corte di appello, con motivazione non contraddittoria e logica, sebbene succinta. L'esito del giudizio di responsabilità, infatti, non può essere invalidato da prospettazioni alternative dei ricorrenti, che si risolvano in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di diversi parametri di ricostruzione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dai giudici di merito, perchè illustrati come maggiormente plausibili o perchè assertivamente dotati di una migliore capacità probatoria (Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena, Rv. 254226; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, dep. 28/12/2006, Rv. 235507).
2.4. Circa il quarto punto della decisione criticato, si osserva che il motivo di ricorso che riguarda la responsabilità per il reato di cui all'art. 612 c.p. è infondato e, dunque, deve essere rilevata l'intervenuta prescrizione (Sez. 5, n. 2334 del 18/11/2015, dep. 2016, Rodomonte, Rv. 266414, Sez. 2, n. 10515 del 12/12/2014, dep. 2015, Tiberi, Rv. 262568; Sez. 3, n. 43431 del 17/06/2014, Fonti, Rv. 260976). La censura prospettata è infondata posto che la Corte di appello, sul motivo di gravame specificamente prospettato, ha fornito adeguata risposta.
La condotta risale al 1 aprile 2011 e, tenuto conto della pena edittale massima, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 157 e 160 c.p., essendo intervenuta nei termini una causa interruttiva del corso della prescrizione (sentenza di primo grado del 11 marzo 2014), il termine massimo di prescrizione è pari ad anni sette mesi sei e, in assenza di sospensioni del corso della prescrizione maturate nel giudizio di merito, è spirato in data 1 ottobre 2018, quindi dopo la sentenza di primo grado.
2.4.1. Il secondo motivo è inammissibile, non risultando richiesta espressamente, con i motivi di appello depositata il 23 maggio 2014, la concessione della provocazione, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 3.
4. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, relativamente al reato di minaccia perchè estinto per prescrizione, con elisione della relativa pena irrogata, di giorni quindici di reclusione.
4.1. Nel resto segue il rigetto del ricorso, anche agli effetti civili.
4.2. Sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese processuali del presente giudizio, tenuto conto della non integrale soccombenza del ricorrente e, comunque, sussistendo eccezionali ragioni.
4.3. In caso di diffusione del presente provvedimento si dispone l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge, trattandosi di reato commesso tra familiari.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, relativamente al reato di minaccia perchè estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di giorni quindici di reclusione; rigetta nel resto il ricorso anche agli effetti civili; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019