Tenere sotto controllo il testimone quando si procede ad un controesame è di fondamentale importanza, soprattutto quando si tratta di un teste qualificato.
Uno dei metodi migliori per controllare un testimone durante il controesame è quello di porre domande brevi, introducendo "un fatto alla volta", per fare emergere lentamente ma inesorabilmente il proprio punto di vista.
In questo articolo, illustreremo alcune tecniche che ti aiuteranno a realizzare questo ambizioso obiettivo.
Prima di tutto dobbiamo mettere a fuoco le 3 principali regole di cross examination.
Ci sono tre modi per interrogare un testimone in cross:
ponendo domande aperte al teste, principalmente seguendo l’istinto;
ponendo domande guidanti;
dando direttamente la risposta e lasciando che il teste la confermi.
Non c'è dubbio che il terzo modo, se utilizzato correttamente, metterà l’esaminatore nella posizione di mantenere il massimo controllo del testimone e di fornire le giuste informazioni al giudice.
Facendo una domanda aperta in controesame, l'esaminatore (PM o difensore) rinuncia al controllo sulla testimonianza ed infatti il testimone viene lasciato libero di rispondere in qualsiasi modo ritenga opportuno.
Le domande che iniziano con le seguenti parole, richiedono una risposta narrativa: "Chi", "Cosa", "Quando", "Dove", "Come", "Descrivi", "Spiega, "Raccontaci" e "Perché".
Queste sono le domande più utilizzate nell'esame diretto, perché permettono al testimone di raccontare la sua storia.
Le domande aperte, inoltre, consentono al testimone di sviluppare un rapporto “privilegiato“ con il giudice.
Anche se ci sono momenti in cui le domande aperte "a basso rischio" potrebbero essere un modo efficace per portare a casa un “punto”, nella maggior parte dei casi, le domande a risposta aperta sono estremamente pericolose.
Facciamo un esempio.
Caso: Processo a carico di un medico accusato di avere misurato solo una volta la temperatura ad un paziente, ricoverato in ospedale per una settimana.
Siamo in controesame ed il pubblico ministero (o il difensore della parte civile) formula una domanda in forma aperta:
D: Dottore, quante volte ha misurato la temperatura al paziente durante la sua degenza?
R: Abbiamo misurato la temperatura del paziente tutte le volte che era necessario. Il paziente era febbrile, gli abbiamo misurato la temperatura, dopo non c'era motivo di riprenderla.
Il nostro obiettivo non è quello di eseguire test inutili su un paziente ma affrontare le questioni rilevanti.
In questo esempio, l’esaminatore ha chiaramente perso completamente il controllo del testimone.
Questo è successo perché il difensore (o PM) ha formulato un domanda aperta, permettendo al testimone di offrire, nella sua risposta, molto di più rispetto a quanto richiesto.
Malissimo!
Come è evidente, l’errore risiede nella formulazione della domanda, basterà infatti suggerire la risposta per limitare drasticamente l'universo delle potenziali risposte.
Modificando la forma della domanda, infatti, il difensore migliorerà istantaneamente la sua capacità di controllare il testimone.
Domande che iniziano con “ha fatto”, “sono stati”, “aveva”, “poteva” limitano o escludono del tutto la possibilità di una risposta “narrativa”.
Se il testimone è poco esperto, questa tecnica funzionerà sicuramente.
Se, però, l'avvocato sta trattando con un testimone esperto (perito, consulente tecnico, ufficiale di polizia giudiziaria), le cose si complicano.
Un teste abituato a frequentare le aule potrebbe trovare il modo per aggirare la domanda ed evitare la risposta diretta.
Ciò posto, torniamo all’esempio di cui sopra e proviamo a vedere cosa succede nel caso in cui venga formulata una domanda guidante:
D: Dottore, lei ha misurato la temperatura al paziente solo una volta?
R: Abbiamo misurato la temperatura del paziente tutte le volte che era necessario.
Come potrete notare, la sfumatura è completamente diversa rispetto alla domanda aperta.
Anche in questo caso, infatti, il teste prova a “sfuggire” alla domanda ma la sua risposta è meno convincente, risultando chiaro al giudice il suo intento “evasivo”.
In altri termini, con una domanda chiusa, siamo siamo riusciti a contenere il testimone, impedendogli di argomentare approfonditamente.
Il terzo approccio al controllo e all'esame del testimone consiste nel dare direttamente la risposta.
Per intenderci, stiamo parlando di guida pura.
Il metodo è dare, nello stesso tempo, la risposta sia al testimone che al giudice.
Qui, tutto ciò che l’esaminatore deve ottenere è la conferma della affermazione che ha appena fatto al testimone:
D: Ha preso la temperatura del paziente una volta, giusto?
D: Non gli ha mai più misurato la temperatura, vero?
D: Non ha mai detto a nessuno di prendere di nuovo la sua temperatura, giusto?
Questo tipo di esame è estremamente efficace perché limita la capacità del testimone di divincolarsi dalla risposta desiderata.
Naturalmente, non ci sono garanzie che un testimone (soprattutto un testimone qualificato) non offrirà volontariamente una risposta più lunga o cercherà di essere "polemico" rispondendo "È una domanda?"
Ma state tranquilli: ci sono molti metodi per esaminare testimoni di questo tipo.