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Sussiste l'obbligo di versare l'IVA anche se la fattura è stata emessa per operazioni inesistenti

Omessa dichiarazione

Reati tributari

Il principio di diritto

Con la sentenza n.5728 del 17 gennaio 2023, la Suprema Corte ha affermato che, in tema di IVA, in caso di operazione inesistente, in difetto di rettifica o annullamento della fattura, sussiste l'obbligo di versamento dell'imposta per l'intero ammontare indicato in fattura, in quanto l'emissione del documento contabile determina l'insorgenza del rapporto impositivo, senza che ciò contrasti con il principio di neutralità dell'IVA, prevalendo la funzione ripristinatoria conseguente alla eliminazione del difetto di rettifica o annullamento della fattura, a meno che non sia stato eliminato in tempo utile qualsiasi rischio di perdita del gettito fiscale derivante dall'esercizio del diritto alla detrazione.


La sentenza

Fatto

Diritto

PQM


Cassazione penale sez. III, 17/01/2023, (ud. 17/01/2023, dep. 10/02/2023), n.5728

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 6/5/2022, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia emessa l'8/9/2021 dal locale Tribunale, riduceva la pena inflitta a R.D. e C.L. in ordine a due fattispecie di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5.


2. Propongono ricorso per cassazione i due imputati, a mezzo dei propri difensori, deducendo i seguenti motivi:


R.:


- Violazione dell'art. 5 contestato; vizio di motivazione quanto al profilo soggettivo del reato. La Corte di appello avrebbe confermato la condanna in forza del solo principio del "non poteva non sapere", senza verificare se il ricorrente, oltre ad essersi reso eventualmente conto di eventuali segnali di pericolo, li avesse colti come tali. La sentenza, in particolare, avrebbe erroneamente equiparato l'accettazione della carica con l'accettazione dei delitti, senza valutare che l'istruttoria avrebbe dimostrato che il ricorrente avrebbe rivestito la sola veste di prestanome, per fare un favore al C., senza poteri gestori. In tale contesto, egli non avrebbe percepito alcun segnale di irregolarità, dovendosi dunque riscontrare, al più, un comportamento colposo; specie considerando, peraltro, che la soglia di punibilità sarebbe stata raggiunta solo per l'emissione di fatture per operazioni inesistenti in favore della "AZ CHIMICA CUGGIONO s.r.l.";


- la stessa censura è poi mossa quanto al superamento della soglia di punibilità, che i Giudici avrebbero dovuto accertare in concreto, con autonoma determinazione, senza appiattirsi su meccanismi presuntivi; i criteri da seguire, peraltro, sarebbero stati indicati dal consulente di parte, così imponendosi una nuova verifica sul punto;


- la violazione di legge ed il vizio di motivazione, infine, sono censurati in ordine alla misura della confisca; qualora la Corte di appello avesse verificato i costi sostenuti dalla società, come dovuto, la somma da confiscare sarebbe risultata differente ed inferiore a quella effettivamente vincolata, specie considerando che la sentenza avrebbe conteggiato anche profitti non conseguiti, derivanti dall'emissione di fatture per operazioni inesistenti.


C.:


- manifesta illogicità della motivazione; violazione degli artt. 192,533 c.p.p.. La Corte di appello avrebbe confermato la condanna su un presupposto - l'amministrazione di fatto della società, da parte del ricorrente - che non avrebbe trovato riscontro e che, dunque, non avrebbe potuto giustificare la pronuncia resa. Il vizio di questa, peraltro, risiederebbe anche nel fatto che i Giudici non avrebbero verificato un'ipotesi "antagonista, equiprobabile" e "caratterizzata da uno spessore logico superiore", ossia che il C. avrebbe agito soltanto in qualità di sensale; che non sarebbe mai stato amministratore di fatto; che la società avrebbe agito sempre tramite il proprio rappresentane legale;


- inosservanza degli artt. 110 c.p., 2639 c.c.; vizio di motivazione. La Corte di appello avrebbe riconosciuto al C. la qualifica di amministratore di fatto della società pur mancandone i presupposti, temporali e qualitativi; il concorso nel reato, dunque, non avrebbe dovuto essere affermato;


- le stesse censure, ancora, sono mosse quanto al profilo oggettivo del reato in rubrica. Premesso l'inquadramento dogmatico del concorso morale nel reato, con necessario supporto psicologico, la sentenza non avrebbe verificato né l'esistenza del contributo, né la sua influenza causale, né un qualsivoglia apporto alle condotte omissive del R., anche quanto al profilo soggettivo.


CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi risultano manifestamente infondati.


4. Muovendo dall'impugnazione proposta da R., il Collegio osserva che tutte le questioni sollevate sono state già esaminate dalla Corte di appello, e risolte con argomento del tutto solido, ancorato alle risultanze istruttorie e privo di illogicità manifeste; come tale, dunque, non censurabile, specie con un ricorso che non si confronta con gli argomenti impiegati in sentenza, ma si limita a reiterare quanto dedotto nel gravame, ribadendo gli stessi argomenti in fatto che questa Corte non è ammessa a verificare.