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Alle Sezioni Unite: La parte civile può impugnare il proscioglimento per difetto di querela?

Con la sentenza in argomento, la Quinta Sezione, alla luce dell'evoluzione giurisprudenziale, ha ritenuto di non condividere il principio giuridico enunciato dalla sentenza delle Sezioni Unite Di Marco, in tema di impugnazione della sentenza di proscioglimento dell'imputato per improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela, ed ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 618 c.p.p., comma 1-bis.

Cassazione penale sez. V, 24/05/2022, (ud. 24/05/2022, dep. 25/05/2022), n.20541


RITENUTO IN FATTO

1. Nell'interesse di P.L. viene proposto ricorso per cassazione nei confronti della sentenza dell'08/04/2021 con la quale il Giudice di pace di Foggia ha dichiarato non doversi procedere, per difetto di querela, nei confronti P.A., per il reato di diffamazione contestatole come commesso in danno del primo.


2. In particolare, il ricorrete lamenta violazione di legge e vizi motivazionali, rilevando che, nell'atto di denuncia - querela presentato in data 14/07/2017, era stata esplicitamente manifestata la volontà di punizione.


3. Sono state trasmesse, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, conv. con L. 18 dicembre 2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Sabrina Passafiume, la quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo tema da affrontare riguarda l'ammissibilità del ricorso immediato. Infatti, sussiste la legittimazione della parte civile a proporre appello avverso i capi della sentenza di condanna concernenti l'azione civile, in quanto il testo novellato dell'art. 576 c.p.p., ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 6, prevedendo una generica legittimazione della parte civile ad impugnare, non limita detto potere al solo ricorso per cassazione né esclude espressamente o per implicito l'appello, sicché può essere inteso nel senso che è consentita ogni forma di impugnazione ordinaria (Sez. 5, Sentenza n. 6756 del 16/10/2014 - dep. 2015, p.c. in proc. Alfieri, Rv. 262724 - 01).


Sebbene i vizi dedotti siano indicati dal ricorrente come violazione di legge e "contraddittorietà, manifesta illogicità ovvero apparente o carente motivazione della sentenza impugnata", il tema di fondo posto dal primo è che nell'atto da lui presentato presso la Procura della Repubblica di Bergamo in data 14/07/2017, per due volte ha chiesto la punizione del colpevole e tale profilo non è stato oggetto di alcun esame da parte del giudice di pace.


In tali termini ricostruiti la doglianza, deve ritenersi che essa, nella sostanza della sua articolazione, attraverso una razionale interpretazione della volontà manifestata (v., al riguardo, i principi affermati da Sez. 2, n. 17297 del 13/03/2019, Sezze, Rv. 276441 - 01) anche attraverso la contestuale censura di violazione dell'art. 120 c.p., esprima la denuncia, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), di una inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità (art. 125 c.p.p., comma 3), con conseguente ammissibilità del ricorso immediato, ai sensi dell'art. 569 c.p.p..


E, in effetti, da un preliminare scrutinio dell'atto de quo - e salve le valutazioni delle Sezioni Unite - emerge una esplicita e rinnovata manifestazione della volontà di punizione da parte del P., a proposito della quale si registra l'assoluto silenzio della sentenza impugnata che assertivamente ne nega l'esistenza.


2. Ciò posto, secondo le Sezioni Unite, la parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato per improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente propessuale priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell'azione civilistica (Sez. U, n. 35599 del 21/06/2012, p.c. in proc. Di Marco, Rv. 253242 - 01).


La soluzione delle Sezioni Unite Di Marco muove da considerazioni generali dedicate all'interesse ad agire, rilevando che esso deve essere apprezzabile non solo in termini di attualità ma anche di concretezza: in particolare, l'interesse deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione del contesto pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa rispetto a quella determinatasi con la pronuncia giudiziale. D'altro canto, la concretezza dell'interesse è ravvisabile non solo quando la parte, attraverso l'impugnazione, si riprometta di conseguire effetti processuali diretti vantaggiosi, ma anche quando miri ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extrapenali più favorevoli, come quelli che l'ordinamento fa derivare dal giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione dell'imputato nei giudizi di danno (artt. 651 e 652 c.p.p.) o in altri giudizi civili o amministrativi (art. 654 c.p.p.). In altre parole, si palesano rilevanti, nei riguardi della parte civile, ai fini dell'interesse ad agire, tutte le conseguenze configurabili, anche extrapenali, che possono comunque influire in modo a lei favorevole, nel giudizio di accertamento della responsabilità civile del prevenuto.


Siffatta soluzione è stata ritenuta coerente con la regola, sia pure nell'ambito della riconosciuta unitarietà della giurisdizione, della separazione delle giurisdizioni civile e penale con la previsione solo di alcune ipotesi tassative nelle quali il giudicato penale ha efficacia nel giudizio civile su determinati oggetti accertati o soltanto contro determinati soggetti (v. art. 2 c.p.p., art. 3 c.p.p., comma 4, artt. 651,652,653 e 654 c.p.p.).


Sempre nella sentenza Di Marco si sottolinea come l'azione civile inserita nel processo penale assuma carattere eventuale, accessorio e subordinato rispetto all'azione penale, sicché essa deve subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e struttura del processo penale, funzionale all'accertamento dei reati ed alla rapida definizione del processo: e, infatti, si aggiunge, l'esclusione della parte civile dal processo penale, disposta dal giudice (artt. 80 e 81 c.p.p.), non è oggetto di impugnazione, al fine di non impedire appunto il sollecito accertamento della contestazione penale formulata nei confronti dell'imputato.


Ancora, si rileva che la sentenza di non doversi procedere per mancanza di querela ha carattere meramente processuale, non contiene un accertamento mediante prove del fatto storico-reato e si limita a statuire su un aspetto processuale (la non ricorrenza di una condizione di procedibilità) che non consente l'accertamento in fatto.


Sez. U. Di Marco si confrontano con Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, p.c. in proc. Guerra, Rv. 240815 - 01, ma limitandosi a rilevare che diversa, in tema, è la posizione della parte civile che impugna la sentenza di assoluzione dell'imputato con la formula "il fatto non costituisce reato", statuizione di per sé non preclusiva di azione civile, ma in ordine alla quale l'impugnante ha sicuramente interesse giuridico ad ottenere in sede di appello una statuizione incidentale di responsabilità della controparte con una rinnovata valutazione del fatto reato, in modo difforme rispetto all'accertamento assolutorio del primo giudice.


Nella stessa linea di Sezioni Unite Di Marco, si registrano gli interventi successivi delle sezioni semplici.


Così, ad es., si è ritenuto che la parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato perché l'azione penale non avrebbe potuto essere esercitata per precedente archiviazione non seguita da decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini preliminari, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell'azione civilistica (Sez. 2, n. 34724 del 10/07/2014, p.c. in proc. Gaias, Rv. 260086 - 01, che si limita a richiamare Sezioni Unite Di Marco). Negli stessi esatti termini delle Sezioni Unite Di Marco, si colloca Sez. 2, n. 19738 del 21/03/2018, Balbo, Rv. 272898 - 01.


E, tuttavia, l'analisi delle Sezioni Unite di Marco, indipendentemente dalla completezza del confronto con l'apparato motivazionale delle Sezioni Unite Guerra, non appare in linea con gli sviluppi della giurisprudenza successiva.


Sotto il primo profilo, le Sezioni Unite Guerra, dopo avere precisato che la parte civile ha normalmente interesse ad impugnare una sentenza di assoluzione che rigetti l'azione civile esercitata nel processo penale e precluda l'ulteriore esercizio dell'azione civile in sede civile, sia al fine di ottenere una pronuncia di accertamento della responsabilità sia anche al più limitato fine di ottenere una pronuncia che non abbia effetto preclusivo nel giudizio civile, ha aggiunto che ciò però non significa che sia vera anche la proposizione contraria.


Vi si legge, infatti "non è perciò sufficiente il fatto che la sentenza di assoluzione non abbia effetto preclusivo dell'azione civile dinanzi al giudice civile per escludere automaticamente l'interesse della parte civile ad impugnarla per ottenere una pronuncia diversa e l'affermazione della responsabilità dell'imputato. Non può pertanto condividersi la tesi, che pure è stata sostenuta (Sez. 3, 8 giugno 1994, n. 10792, Armellini, m. 200381; cfr., nella vigenza del vecchio codice, Sez. 6, 11 ottobre 1972, n. 866, Premstaller, m. 122429), secondo la quale la parte civile non avrebbe interesse ad impugnare la decisione penale quando questa manchi di efficacia preclusiva perché in tal caso la parte civile è libera di perseguire la sua pretesa risarcitoria nelle sedi proprie. Ed infatti, con la sua costituzione di parte civile nel giudizio penale, il danneggiato ha appunto inteso trasferire in sede penale l'azione civile di danno ed ha quindi interesse ad ottenere nel giudizio penale il massimo di quanto può essergli riconosciuto".


Questo spunto motivazionale è stato ripreso dalla convincente giurisprudenza successiva, la quale ha ritenuto che, nei confronti della sentenza di primo grado che abbia dichiarato l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come nei confronti della sentenza di appello che tale decisione abbia confermato, è ammissibile l'impugnazione della parte civile ove con la stessa si contesti l'erroneità di detta dichiarazione (Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019, Rv. 275953 - 01, Massaria).


Quest'ultima decisione ha rilevato che la legittimazione della parte civile ad impugnare deriva direttamente dalla previsione dell'art. 576 c.p.p., comma 1, mentre l'interesse concreto deve individuarsi nella finalità di ottenere, in caso di appello, il ribaltamento della prima pronuncia e l'affermazione di responsabilità dell'imputato, sia pure ai soli fini delle statuizioni civili, e, in caso di ricorso in cassazione, l'annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile in grado di appello, ex art. 622 c.p.p., senza la necessità di iniziare ex novo il giudizio civile).


Sezioni Unite Massaria, dopo avere richiamato Sez. U, n. 25083 del 11/07/2006, Negri, Rv. 233918 - 01, svolgono una critica rispetto all'argomento per il quale "la sempre salva possibilità per la parte civile di percorrere comunque, una volta definita la "vicenda penale" con esito di proscioglimento per ragioni di maturata prescrizione, la via civile senza che da tale proscioglimento possano in essa derivare ripercussioni negative, renderebbe per così dire "neutra" la declaratoria di estinzione e, allo stesso tempo, recessivo qualunque interesse della parte ad insistere nel perseguire, all'interno del giudizio penale, a mezzo di impugnazione, un diverso, più favorevole, esito".


Esse, infatti, osservano che "osta tuttavia a un tale ragionamento la considerazione che, se lo stesso sistema ha riconosciuto al danneggiato la possibilità di azionare la propria pretesa di carattere civilistico percorrendo, oltre alla via del giudizio civile, anche quella del giudizio penale mediante la costituzione in esso di parte civile, una interpretazione che venisse a ritenere insussistente l'interesse alla impugnazione nel processo penale sol perché sarebbe pur sempre possibile la residua azione civile si tradurrebbe nella sostanziale ripulsa dello stesso congegno normativo e nella indebita "amputazione" di una facoltà riconosciuta dallo stesso legislatore; né può condividersi un ragionamento che, rispetto all'interesse a che, con il mezzo di impugnazione, si possa ottenere un risultato più favorevole rispetto a quello avutosi per effetto della decisione impugnata, privilegi, fino a farla diventare esclusiva, la valutazione di elementi esterni a quelli del raffronto, appunto, tra contenuto della decisione impugnata (che non sia venuta, ovviamente, meno per altre ragioni) e contenuto della decisione che, attraverso l'impugnazione, si intenda perseguire".


Questi esiti argomentativi, pur privi di un diretto confronto con le conclusioni della sentenza Di Marco, esprimono un graduale e condivisibile ripensamento da parte delle Sezioni Unite del significato dell'interesse all'impugnazione della parte civile.


Del resto, anche le sezioni semplici hanno manifestato delle perplessità sulla coerenza della sentenza appena citata con il quadro evolutivo successivo. Si e', ad es., ritenuto che sussista l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza della corte di appello che, ribaltando la sentenza di condanna di primo grado, dichiari l'improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela (Sez. 6, n. 39537 del 23/09/2021, Lo Turco, Rv. 282121 - 01, che si discosta dalle Sezioni Unite Di Marco, sottolineando il fatto che il principio da queste ultime affermato andrebbe circoscritto alle ipotesi in cui, essendo mancato un precedente accertamento sul fatto, la parte civile non potrebbe trarre alcun vantaggio dall'impugnazione).


Pertanto, la sentenza Lo Turco appena citata, dopo avere richiamato Sezioni Unite Guerra e Massaria, afferma che sussisteva, nel caso di specie l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza tenuto conto: i) dell'accertamento del fatto compiuto nel giudizio di primo grado all'esito del quale l'imputato era stato condannato per tutti i reati in contestazione alla pena ritenuta di giustizia, nonché al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile; ii) del vantaggio conseguibile dalla parte civile attraverso il ribaltamento della sentenza impugnata e l'accertamento, sia pure ai soli fini civili, della responsabilità dell'imputato.


Senonché: il punto i), ossia l'accertamento del fatto operato dal giudice di primo grado è un profilo che pare eccentrico rispetto al percorso argomentativo delle Sezioni Unite Di Marco e comunque inidoneo a rilevare sul piano dell'interesse ad agire della parte civile, che finirebbe per dipendere dal mero dato accidentale che il giudice di primo grado abbia ritenuto sussistente la condizione di procedibilità; il punto ii) è comune a tutti i casi di sentenza di proscioglimento per difetto (ritenuto erroneo) della condizione di procedibilità.


Così pure si è ritenuto che sussista l'interesse della parte civile ad impugnare ai fini civili la sentenza di proscioglimento per difetto di querela a seguito della riqualificazione giuridica del fatto, allorché dalla diversa ed originaria contestazione, relativa ad un reato procedibile d'ufficio, derivi per la parte civile la possibilità di ottenere sia l'accertamento nel giudizio penale, con efficacia di giudicato, della responsabilità per fatto illecito dell'imputato, sia una differente quantificazione del danno da risarcire, tenuto conto della diversa gravità del reato e dell'entità del pregiudizio sofferto dalla vittima (Sez. 2, n. 29323 del 12/04/2019, Scuto, Rv. 276780 - 01).


In siffatto contesto, poiché il Collegio, alla luce dell'evoluzione giurisprudenziale, ritiene di non condividere il principio giuridico enunciato dalla sentenza Di Marco, diviene necessario rimettere il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 618 c.p.p., comma 1-bis.


PQM

Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.


Così deciso in Roma, il 24 maggio 2022.


Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2022

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