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Campagna diffamatoria: Il termine della querela parte da quando il messaggio diventa intellegibile.

Con la pronuncia in argomento, il Tribunale di Potenza ha affermato che, in tema di diffamazione, "qualora il messaggio denigratorio risulti intellegibile solo all'esito di una serie di articoli costituenti una sorta di "campagna di stampa" in danno di qualcuno, è solo in quel momento che sorgono le condizioni per la formulazione dell'istanza punitiva e non quando il disegno diffamatorio era in "itinere"".

Tribunale Potenza (GM Dott. Francesco Valente), 28/02/2022, (ud. 08/02/2022, dep. 28/02/2022), n.132


RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione diretta a giudizio del 30 ottobre 2020 l'imputato Sc.An. è stato tratto a giudizio dinanzi al Tribunale di Potenza - competente ai sensi dell'art. 11 c.p.p. - in composizione monocratica per rispondere dei reati di cui agli artt. 81,595 e 612 c.p., in imputazione meglio descritti.


All'udienza del 23 marzo 2021 il Giudice ha rilevato la presenza dell'imputato, dichiarato aperto il dibattimento ed ammesso i mezzi di prova richiesti dalle parti, acquisendo la documentazione versata dal P.M..


All'udienza del 27 aprile 2021 è stato disposto rinvio per l'assenza della teste Za., mentre all'udienza del 19 ottobre 2021 il Giudice ha proceduto all'escussione della persona offesa, per poi acquisirne gli atti a firma su consenso delle parti reso ai sensi dell'art. 493,3 comma c.p.p.


All'udienza dell'8 febbraio 2022 il si è proceduto all'esame dell'imputato ed alla chiusura dell'istruttoria dibattimentale, sicché il Giudice, dopo aver udito le conclusioni delle parti, ha emesso sentenza di condanna, dando lettura del dispositivo e riservando il deposito della motivazione nel termine di legge.


Secondo la prospettazione accusatoria, l'imputato Sc.An. avrebbe diffamato ed in un'occasione anche minacciato la persona offesa Za.Fr. - Magistrato in servizio presso il Tribunale di Taranto che si era occupato di una procedura fallimentare nel cui attivo erano confluiti immobili abusivamente occupati dallo Sc.An. - a mezzo di mail inviate a diversi destinatari del Tribunale di Taranto, nonché tramite numerosi post sulla piattaforma social "(...)". Più nello specifico, l'imputato avrebbe inviato via mail a diversi destinatari del Tribunale di Taranto uno scritto del 18 giugno 2018 col quale attribuiva alla Za. gravi irregolarità procedurali e dolose quanto subdole operazioni tese a danneggiarlo, inoltre minacciando di diffondere a mezzo stampa e tv un non meglio specificato video che avrebbe dimostrato tali losche operazioni; il medesimo prevenuto avrebbe fatto, inoltre, seguire nel tempo - fino all'8 aprile 2019 - numerosi post di analogo tenore pubblicati su (...) mediante il profilo "To.Sc.", uno dei quali contente un minaccioso conto alla rovescia.


Occorre preliminarmente sgomberare il campo dai dubbi difensivi riguardanti la sussistenza della condizione di procedibilità per i reati in contestazione ed in particolare relativamente alla diffamazione.


Argomenta la difesa come la querela in ordine ai fatti ravvisati dall'accusa sarebbe tardiva, siccome proposta in data 20 ottobre 2018 a fronte di una condotta di diffamazione perpetrata con mail inviata il 18 giugno 2018, non essendo stato dunque rispettato il termine trimestrale di cui all'art. 124 c.p.


Se con riguardo a queste ultime, contestate ai sensi dell'art. 612,2 comma c.p., la questione è assorbita dall'insussistenza del fatto, da dichiararsi con prevalenza sulla meno favorevole pronuncia di non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità, giusta la regola posta ai sensi dell'art. 129,2 comma c.p.p., relativamente all'eccezione in merito alla tempestività della querela la stessa si appalesa infondata. Tanto proprio perché il fatto di reato oggetto di contestazione si sarebbe articolato nell'invio di una missiva presso il Tribunale di Taranto ed è, del resto, dallo stesso tenore della querela che si può agevolmente dedurre come conoscenza da parte della persona offesa del suo invio ad una pluralità di persone non sia stata istantanea ma differita, ciò che è peraltro dimostrato anche dalla posteriorità della nota con cui il Presidente del Tribunale di Taranto ha sollecitato la Procura della Repubblica in sede ad assumere le determinazioni di propria competenza, atto posto in diverso tempo dopo la spedizione della missiva a più destinatari, circostanza di cui la Za. è, all'evidenza, concretamente venuta a conoscenza in lasso di tempo successivo. Tanto senza contare come oggetto della denuncia sia stato non solo la missiva in parola ma anche una pluralità di post su (...), con la logica conseguenza che la Za. si è evidentemente resa conto della campagna diffamatoria posta in essere in suo danno in momento successivo, con le note conseguenze tratte dalla Suprema Corte sul punto, allorché ha statuito che "In presenza di una diffamazione "a formazione progressiva", il termine per proporre querela decorre dal momento in cui il denigrato può avere ed ha cognizione dell'offesa, a nulla rilevando che ciò derivi dal coordinamento dell'ultima espressione denigratoria con le precedenti che, valutate autonomamente, potrebbero risultare neutre. Ne consegue che, qualora il messaggio denigratorio risulti intellegibile solo all'esito di una serie di articoli costituenti una sorta di "campagna di stampa" in danno di qualcuno, è solo in quel momento che sorgono le condizioni per la formulazione dell'istanza punitiva e non quando il disegno diffamatorio era in "itinere"" (v. Cass. sez. V, n. 5944/2006).


Ciò posto in rito, osserva il Giudice come dagli atti di causa sia emersa prova certa oltre ogni ragionevole dubbio della colpevolezza dell'odierno imputato in ordine all'ascrittagli fattispecie di diffamazione, dovendosi al contrario pervenire ad una pronunzia assolutoria relativamente alla contestata minaccia aggravata.


Si legge nell'atto di denuncia-querela sporta dalla persona offesa Za.Fr. - fruibile ai fini del decidere su consenso reso dalle parti ai sensi dell'art. 493,3 comma c.p.p. - come la stessa si fosse occupata, nel suo ufficio di Giudice delegato della Sezione Fallimentare del Tribunale di Taranto, di alcuni immobili abusivamente occupati dall'odierno imputato ed acquisiti al passivo del proc. n. 3709/1986 R.G. Civ.. Nel medesimo atto, la Za. dà poi atto di come l'odierno imputato si fosse ripetutamente lamentato di una gestione opaca e sostanzialmente illecita della procedura concorsuale che aveva visto ad oggetti tali immobili per un lungo arco di tempo e con modalità diffamatorie: nello specifico, lo Sc.An. avrebbe - a partire dal 2012 e dunque per un arco di tempo di oltre sei anni - divulgato accuse infondate nei confronti della persona offesa, del perito estimatore nominato nella procedura fallimentare (il Geom. Ig.So.), del Curatore Fallimentare (l'Avv. Fr.De.), nonché di vari Magistrati in servizio presso la Procura di Taranto a mezzo di lettere, telegrammi ed e-mail inviate all'account del Tribunale di Taranto. A tanto, si legge nel medesimo atto, lo Sc.An. ha poi fatto seguire un'iniziativa giudiziaria avverso la querelante, da cui è scaturito un procedimento penale (n. 5325/16 R.G.N.R.) per il reato ex art. 319-ter c.p., conclusosi con ordinanza di archiviazione emessa dal G.I.P. presso questo Tribunale in data 27 novembre 2017. Sempre nella querela si legge come lo Sc.An. avrebbe poi divulgato dapprima in un video sul sito di informazione "(...)" e ripreso in un'intervista mandata in onda sull'emittente radiotelevisiva "(...)" l'8 novembre 2016, nel quale sarebbe stata veicolata l'infondata notizia della richiesta - da parte della Za. - di una dazione da 20.000,00 Euro in proprio favore, denominata "fiore" per un non meglio specificato "aggiustamento" della procedura fallimentare: in relazione a detta condotta pende procedimento n. 1734/17 R.G.N.R., attualmente in fase dibattimentale, scaturito da altra denuncia fatta dal medesimo Magistrato il 4 febbraio 2017. La persona offesa ha infine rappresentato di essere successivamente stata bersaglio di ulteriori e-mail spedite dallo Sc.An. a numerosi account del Tribunale di Potenza, nonché di vari post pubblicati su (...) da medesimo tramite il proprio profilo ("To.Sc."), propalazioni di analogo tenore ed aventi il medesimo oggetto e tanto nonostante la sua astensione quale querelante dello stesso imputato, accolta in data 19 gennaio 2018.


Escussa all'udienza del 19 ottobre 2021 per domande a chiarimento, la persona offesa Za. ha precisato che lo Sc.An. aveva ripetutamente diffuso le proprie propalazioni nei suoi confronti inviando a più riprese diverse e-mail, riconoscendone in udienza la copia versata in atti dal P.M. e precisando come si trattasse "di una delle tante e-mail che ha mandato il signor Sc., perché sono anni che il Tribunale di Taranto, l'indirizzo e-mail del Tribunale di Taranto, quello istituzionale, viene inondato di queste e-mail che sono rivolte a me, sono rivolte al Presidente del Tribunale, al Procuratore della Repubblica. Questa è una delle tante" (cfr. pag. 9 ud. del 19.10.2021).


Le propalazioni della Za. si sono mostrate non solo logiche, coerenti, complete e scevre da qualsivoglia intento calunniatorio nei confronti dell'odierno imputato, ma hanno anche ricevuto puntuale riscontro e nella documentazione versata in atti e nelle stesse dichiarazioni rese dallo Sc.An. nel corso del proprio esame.


Sotto il primo profilo, è anzitutto in atti la missiva datata 18 giugno 2018, recante a margine indicazione dell'odierno imputato in uno col suo numero telefonico e contenente le doglianze cui la Za. aveva fatto riferimento in querela. Più nello specifico, nello scritto-riconosciuto personalmente dallo stesso imputato nel corso del suo esame dibattimentale (v. pagg. 4-8 ud. dell'8.02.2022) - la vicenda del "fiore da 20mila euro" viene effettivamente attribuita alla Za. e contestualizzata nella vicenda relativa allo sgombero della "Ma.", mentre se da un lato il CTU nominato dalla Za., So.Ig., viene nello scritto additato quale "grande manipolatore di perizie", dall'altro lo stesso Magistrato viene collocato in un contesto la cui ambiguità è data sia dal famoso "fiore" che dalla pronta difesa che a dire dello scrivente eminenti politici avrebbero preso in favore del Tribunale di Taranto a seguito di tale presunto scandalo (cfr. missiva del 18.06.2018, in atti). La circostanza che detta missiva è stata inoltrata ad una pluralità di account istituzionali in uso ai dipendenti del Tribunale di Taranto è circostanza riscontrata dalla nota a firma del Presidente del Tribunale di Taranto, dott. Fr.Lu., nella quale si trasmette copia della missiva in parola alla Procura in sede per le proprie determinazioni, dando atto - nella medesima nota - a numerosi destinatari del medesimo Tribunale (cfr. nota dell'11.08.2018).


A trovare puntuale riscontro documentale è poi stata anche la circostanza che la Za. avesse denunciato lo Sc.An. per una presunta diffamazione avvenuta in suo danno a mezzo radiotelevisivo (v. querela del 4.2.2017, in atti), astenendosi nel proc. n. 3709/1986 R.G. Civ. con dichiarazione in tal senso motivata ed accolta con provvedimento presidenziale del 21 gennaio 2018. Relativamente alla vicenda penalistica oggetto di denuncia dalla parte della Za., prova della stessa la si rinviene nell'esito della denuncia per induzione alla corruzione sporta dallo Sc.An. ed esitata in ordinanza di archiviazione emessa il 27 novembre 2017 dal G.I.P. presso questo Tribunale, che ha ritenuto l'ipotesi di reato una "mera convinzione personale dell'opponente (Sc.An. n.d.r.)" (cfr. pag. 5 ordinanza di archiviazione del 27.11.2017). Quanto alla vicenda civilistica dalla quale sono scaturiti i fatti oggetto del presente giudizio, la stessa si era effettivamente incentrata sull'occupazione di immobile oggetto di esecuzione - la "Ma." sita in Manduria (TA) - nel sopra richiamato procedimento civile, come dimostra l'ordine di liberazione dell'immobile emesso avverso lo Sc.An. nel medesimo proc. n. 3709/1986 R.G. Civ. in data 31 gennaio 2018 a firma di diverso Giudice estensore, avente per l'appunto ad oggetto, cui la missiva spedita dallo Sc.An. fa puntuale riferimento (cfr. querela del 4.02.2017; dichiarazione di astensione del 22.01.2018 e relativo accoglimento del 24.01.2018; ordine di liberazione del 31.01.2018, in atti). A fronte di tale puntuale compendio probatorio - univoco nel ricondurre allo Sc.An. la diffusione tramite invio a più account del Tribunale di Taranto della missiva contenente doglianze sull'operato della Za. nel procedimento esecutivo che ha riguardato l'immobile di residenza dell'odierno imputato, nonché al "fiore da 20.000,00 euro" alla stessa associato nel medesimo contesto - la difesa non solo non ha addotto alcun elemento di prova atto ad avallare una ricostruzione alternativa della vicenda o quantomeno a smentire quella ipotizzata dalla pubblica accusa, ma è stato lo stesso Sc.An. a rivendicare in dibattimento la paternità della missiva, confermando nei medesimi termini il suo convincimento in merito all'opacità dello svolgimento della procedura esecutiva. Più nello specifico lo Sc.An. ha dichiarato, nel suo esame avvenuto all'udienza dell'8 febbraio 2022: "La storia un po' lunga, perché parte da una vendita all'asta di un immobile, di una Ma.. E siccome la mia compagna di allora partecipò all'asta e ci aggiudicammo quell'asta. Ad un certo punto, con varie modifiche da parte di un CTU, mettono di'asta dei terreni antistanti l'entrata, quindi bloccavano l'entrata dell'immobili della Ma.. Tutto in silenzio, fu fatto tutto in silenzio. Ma rimangono gli elicotteri. Ad un certo punto, e fu fatta una vendita tutta di nascosto da parte del Tribunale di Taranto, ad un certo punto noi ci aggiudichiamo la gara, ma scopriamo che non si poteva entrare. Questa è la realtà. Tant'è che io feci una email non solo alla Za. ma anche ad altri del Tribunale ed anche al certamente, e anche al curatore, un certo De., che sono imputato su un altro procedimento sempre dalla Za., in questo tribunale. E li misi al corrente che per entrare in quella Ma., non potevano entrare. Io mi sono... Cioè una mia società si aggiudica l'immobile senza l'entrata. E ce ne accorgeremo dopo" (cfr. pagg. 5-6 v. ud. 8.02.2022).


Consegue a quanto sopra come possa ritenersi raggiunta con un grado di certezza al di là di ogni ragionevole dubbio la condotta diffamatoria consistita nella spedizione ad ima pluralità di destinatari della missiva datata 18 giugno 2018 e contenente propalazioni del tenore di cui sopra nei confronti della persona offesa Za..


Diversamente è, invece, a ritenersi relativamente alla contestata minaccia che - pur collocata in un lasso temporale posteriore alla querela del 20 ottobre 2018 - si mostra palesemente insussistente, donde la prevalenza della più favorevole formula assolutoria nel merito, giusta regola di cui all'art. 129,2 comma c.p.p. Nello specifico, la minaccia si sarebbe sostanziata nella pubblicazione, sulla nota piattaforma social-network "(...)", di numerose e suggestive critiche all'operato della persona offesa nella procedura esecutiva di cui s'è sopra detto cui era stato affiancato un minaccioso conto alla rovescia. Dalla visione delle immagini estrapolate dal profilo gestito dallo Sc.An. - denominato "To.Sc.", la cui paternità è stata dallo stesso riconosciuta nel corso del suo esame - è in realtà emerso come tale conto alla rovescia in realtà altro non sia stato che l'indicazione dell'esatta ora corrente, estrapolata da servizio web a ciò solo deputato.


A tal fine vai la pena ricordare come la nozione penalmente rilevante di "minaccia" si sostanzi nella prospettazione di un male a una persona, della più varia natura (lesione di un bene personale o patrimoniale), futuro o prossimo, avente come destinatario il soggetto passivo del reato o soggetto questi legato da specifici rapporti affettivi o di parentela: la stessa può essere realizzata con parole od anche con un comportamento inequivocabilmente idoneo ad ingenerare timore ma ad ogni modo la stessa deve essere seria, cioè realizzabile, percepita o quanto meno percepibile (cfr., ex multis, Cass. sez. V, n. 11708/2019; Cass. sez. V, n. 463/2016; Cass. sez. V, n. 644/2013). Evidente, allora, come la mera indicazione dell'ora effettuata dallo Sc.An. non valga ad integrare il delitto di cui all'art. 612,2 comma c.p., non vedendosi quale sarebbe il male ingiusto di quello che, peraltro, non è nemmeno un conto alla rovescia ma una semplice indicazione dell'orario, come tale inidonea alla pur implicita prospettazione di un qualsivoglia male ingiusto nei confronti di chicchessia.


Tanto premesso in fatto, la fattispecie di cui all'art. 595 c.p. è stata pienamente integrata in tutti i suoi elementi costitutivi.


Sul versante del fatto tipico, il delitto di diffamazione punisce "Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone offende l'altrui reputazione", ponendosi dunque a presidio del bene giuridico della reputazione del soggetto passivo, ovvero l'opinione e la stima di cui l'individuo gode in seno alla società. Trattasi di un reato a forma libera, che si consuma nell'attimo in cu si verifica la diffusione della comunicazione offensiva al secondo dei soggetti destinatari e nel luogo nel quale detta comunicazione avvenga, indipendentemente da dove la persona offesa ne abbia cognizione (v. Cass. sez. I, n. 31563/2004). Tale delitto può essere realizzato con qualunque mezzo (parole, scritti, disegni etc.), così che la sfera morale del soggetto passivo può essere lesa sia a mezzo di una diretta aggressione dello stesso che indirettamente con modalità che, pur di per sé non aggressive, si carichino di offensività per le loro modalità di estrinsecazione (cfr., da ultimo, Cass. sez. V, n. 33115/2020): è essenziale, in ogni caso, che le offese vengano propalate nei riguardi di persona determinata, non essendo logicamente configurabile una diffamazione verso una categoria, più o meno ampia, di soggetti non determinati né chiaramente determinabili (v. Cass. sez. V, n. 24065/2016; Cass. Sez. V, n. 2784/2014; Cass. sez. V, n. 18249/2008).


La diffamazione richiede, per la sua configurabilità, la compresenza di tre elementi strutturali, ovvero: I) l'assenza della persona offesa, integrata dall'assenza non solo fisica ma anche indiretta della persona offesa (es. presenza dell'offeso a mezzo telefono o internet) e posta a distinguo dalla limitrofa fattispecie di ingiuria di cui all'abrogato art. 594 c.p. meno grave in virtù della possibilità dell'offeso presente di difendersi da sé; II) l'offesa all'altrui reputazione, da intendersi in senso lato e non formalistico, con conseguente integrazione della fattispecie de qua anche in presenza di propalazioni formulate in modo dubitativo o interrogativo, allorché nel contesto in cui vengono impiegate si mostrino suggestive dell'attribuzione di fatti non veri alla persona offesa (cfr. Cass. sez. V, n. 41042/2014) così come la falsa attribuzione al soggetto passivo di un fatto che, pur di per sé lecito, sia giudicato riprovato secondo i canoni etici comunemente accolti dalla collettività (cfr. Cass. sez. V, n. 33106/2020, Cass. sez. V, n. 27616/2019; Cass. sez. V, n. 18982/2014; Cass. sez. V, n. 40359/2008); ni) la comunicazione a più persone, ed in particolare è necessario che le propalazioni diffamanti il terzo assente siano comunicate ad almeno due persone od anche ad una sola ma con modalità tali che l'offesa venga inevitabilmente a conoscenza di altri, come nel caso di un documento inviato ad un soggetto ma che per sua natura sia destinato ad essere visionato da più persone (cfr. Cass. sez. V, n. 34831/2020, Cass. sez. V, n. 522/2017).


Se con riferimento alla scriminante dell'esercizio del diritto di cui all'art. 51 c.p., ed in particolare al diritto di cronaca ex art. 21 Cost. i tre limiti storicamente individuati dalla giurisprudenza della Suprema Corte si sostanziano nella verità della notizia, per cui la notizia deve essere vera o quantomeno seriamente accertata, nella pertinenza, ossia nella presenza di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti narrati e, infine, in quello della continenza, che richiede un esposizione che pur critica sia improntata a serenità e civile contegno nell'esposizione (cfr., ex plurimis, Cass. sez. V, n. 20800/2018; Cass. sez. V, n. 20800/2020; Cass. sez. V, n. 16959/2019; Cass. sez. V, n. 15093/2020; Cass. sez. V, n. 17243/2020; Cass. sez. V, n. 36695/2017, Cass. SS.UU., n. 37140/2001), con riguardo al diritto di critica non può pretendersi una valutazione rigorosamente obiettiva trattandosi non della narrazione di fatti ma nell'espressione di valutazioni, connotate da un evidente grado di soggettività: limiti del diritto di critica sono dunque la rilevanza dell'argomento e la continenza del giudizio, chiedendosi la presenza di un "nucleo di veridicità" limitato all'oggettiva esistenza del fatto assunto a base dei giudizi dell'agente (v. Cass. sez. V, n. 13979/2021; Cass. sez. V, n. 15089/2019; Cass. sez. V, n. 7715/2014;Cass., sez. V, n. 43403/2009; Cass. sez. V, n. 2247/2005). Con specifico riferimento alla critica avente ad oggetto provvedimenti giurisdizionali, la Suprema Corte di Cassazione ha escluso la ricorrenza dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. in difetto del fatto oggetto di critica od allorché la critica trasmodi in accuse di malafede o nel mero dileggio del giudice, dal momento che "l'esercizio del diritto di critica giudiziaria non deve trasmodare nel dileggio e nella gratuita attribuzione di malafede a chi conduce le indagini, ovvero in condotte lesive della reputazione professionale e dell'intangibilità della sfera di onorabilità del pubblico ministero, in quanto ogni provvedimento giudiziario può essere oggetto di critica anche aspra, purché questa non si risolva in un attacco alla stima di cui gode il soggetto criticato" (v. Cass. sez. V, n. 41671/2016; cfr. Cass. sez. V, n. 45249/2021; Cass. sez. V, n. 2066/2009). Per quanto concerne il necessario nesso di imputazione soggettiva, lo stesso si declina, nel reato in parola, nel dolo generico consistente nell'uso consapevole di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive alla luce del significato dalle stesse oggettivamente assunto, senza che l'eventuale errore sulla veridicità dei fatti narrati od assunti a base di un giudizio, non essendo la stessa elemento costitutivo del reato che non richiede, dunque, per il suo perfezionamento altro che la consapevolezza di propalare giudizi oggettivamente offensivi per il soggetto passivo (v. Cass. sez. V, n. 47973/2014; Cass. sez. V, n. 8419/2014).


Facendo applicazione delle suesposte coordinate ermeneutiche al caso di specie, la condotta dello Sc.An. ha integrato gli estremi del delitto in contestazione, avendo costui inviato la medesima e-mail a più destinatari, dipendenti del Tribunale di Taranto, aventi ad oggetto valutazioni palesemente offensive dell'operato della persona offesa Za.. Nello specifico, la stessa è stata tacciata - nella missiva del 18 giugno 2018 - di una gestione opaca, parziale e financo illecita della procedura concorsuale che lo aveva visto quale parte resistente: nello scritto si evidenzia come la Za. si sia avvalsa dell'opera del C.T.U. Ig.So., giudicato nella missiva quale "grande manipolatore di perizie riguardante la proc. fall. 3709/86 oltretutto pure false"; si taccia la stessa di palese sproporzione dei mezzi impiegati per la vendita del compendio immobiliare oggetto di esecuzione, quali ad esempio un elicottero; si accenna ripetutamente ad un "fiore da 20.000,00 euro" alla medesima Za. associato dall'imputato nel contesto della medesima procedura e cui lo Sc.An. già si era riferito nelle sue precedenti denunce per corruzione in atti giudiziari; si insiste, infine, nel medesimo scritto sull'opaca difesa intervenuta in favore della Za. a seguito delle denunce sporte dallo Sc.An. da parte del Tribunale di Taranto e di numerosi politici, subito "schieratisi" dalla sua parte. Tale scritto, da un lato si mostra privo in ogni sua parte di qualsivoglia connotato di veridicità trattandosi di vicende al limite del fantasioso e che, nello specifico caso della presunta dazione da 20.000,00 Euro sono state radicalmente escluse dal G.I.P. presso questo Tribunale (ordinanza di archiviazione del 27.11.2017), dall'altro palesemente travalica ogni limite di continenza, andando ben oltre la legittima critica dell'operato del Magistrato persona offesa - peraltro astenutosi nel corso del procedimento - giungendo a dipingerne un quadro a tinte fosche, ritraente una procedura esecutiva pilotata tramite la nomina di periti compiacenti ed adusi al falso, lo sperpero di pubbliche risorse (es. l'impiego di un elicottero), la ricezione di tangenti da parte della stessa Za. e l'inopportuna acritica difesa del suo operato da parte di elementi della magistratura e della politica, ciò che restituisce al lettore la chiara idea di ima persecuzione recata dalla Za. ai danni dello Sc.An. quale frutto di corruzione a beneficio della prima. Se, dunque, lo scritto dello Sc.An. si appalesa offensivo della reputazione professionale e personale della Za., travalicando nettamente ogni limite di verità e continenza nel narrato, chiaramente evincibile si mostra anche il dolo in capo all'odierno imputato, ciò che si può agevolmente dedurre dalla circostanza che lo stesso abbia accusato di corruzione la Za. dapprima dinanzi all'A.G. e, pur dopo l'ordinanza di archiviazione per insussistenza del fatto, abbia seguitato a inviare a più destinatari del Tribunale di Taranto uno scritto che ha sostanzialmente tacciato la stessa di avere percepito indebite utilità a fronte di una macroscopica mala gestio della procedura concorsuale n. 3709/1986.


Tanto premesso in fatto e in diritto, con riguardo al trattamento sanzionatorio, si reputa equa l'irrogazione della pena detentiva alla luce dell'estrema gravità delle condotte poste in essere dallo Sc.An., il quale ha seguitato a rappresentare a più persone la persona offesa Za. quale Magistrato non solo parziale ma addirittura corrotto e pienamente inserito in un sistema di omertà che avrebbe fatto scudo dei misfatti perpetrati in danno dello stesso, condotta notevole per la pervicacia con cui il medesimo ha seguitato negli anni ad accusare di illeciti nell'esercizio dell'attività giurisdizionale la persona offesa Za. anche in sede giudiziaria e con condotte peraltro protrattesi anche successivamente ai fatti narrati in querela, avendo lo Sc.An. seguitato a riprendere la questione del "fiore da 20.000 Euro" che la Za. avrebbe ottenuto anche in numerose esternazioni pubblicamente fatte a mezzo di post sul social "(...)" ciò che rileva ai sensi dell'art. 133,2 comma, n. 3) c.p. ed a cui va infine aggiunta la negativa personalità dello stesso, sul quale gravano numerosi precedenti per truffa ed insolvenza fraudolenta., proclività a delinquere che rileva ai sensi dell'art. 133,2 comma, n. 2) c.p.


Alla luce di quanto sopra - tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 c.p.p., letti alla luce della finalità rieducativa della pena sancita dall'art. 27 Cost. - si reputa equo infliggere la pena di mesi sei di reclusione.


Segue per legge la condanna dell'imputato Sc.An. al pagamento delle spese processuali.


La complessità della causa ed il gravoso carico del ruolo hanno reso necessaria la riserva in giorni trenta per la redazione della presente, ai sensi dell'art. 544,3 comma c.p.p..


PQM

Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,


DICHIARA


Sc.An. colpevole del reato di diffamazione a lui ascritto e lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali.


Letto l'art. 530 c.p.p.,


ASSOLVE


Sc.An. dal reato di cui all'art. 612, 2 comma c.p. perché il fatto non sussiste.


Così deciso in Potenza l'8 febbraio 2022.


Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2022.

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