
La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. VI Penale, n. 7104 del 24 gennaio 2025, ha stabilito un importante principio di diritto in merito all’abrogazione dell’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio) avvenuta con la legge n. 114 del 9 agosto 2024.
La decisione ha determinato l’annullamento senza rinvio della condanna dell’imputato per un fatto non più previsto dalla legge come reato.
Il caso: condanna per abuso d’ufficio
L’imputato, Mo.Mi., era stato condannato in appello per abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), reato nel quale il Tribunale aveva assorbito anche il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.).
La condanna era stata confermata dalla Corte d’Appello di Catanzaro, che aveva dichiarato il reato estinto per prescrizione, mantenendo però le statuizioni civili a favore della parte lesa, Fincalabra S.p.A..
L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, sollevando diversi motivi, tra cui:
la violazione del diritto di difesa per mancata notifica al difensore del provvedimento di proroga del termine per il deposito della sentenza d’appello;
l’erronea interpretazione dell’elemento soggettivo del reato, poiché il ricorrente, in qualità di presidente del collegio sindacale, aveva un ruolo marginale e non decisivo nelle operazioni contestate;
l’illegittimità delle statuizioni civili, poiché basate su una condanna ormai priva di fondamento normativo.
Il principio di diritto: l’abrogazione dell’art. 323 c.p. e le conseguenze sulla responsabilità penale
La Cassazione ha accolto il ricorso e annullato senza rinvio la sentenza impugnata, evidenziando che:
l’abrogazione dell’art. 323 c.p. elimina ogni rilevanza penale del fatto contestato – Con la legge n. 114/2024, il reato di abuso d’ufficio è stato eliminato dall’ordinamento, determinando l’automatica cessazione degli effetti penali delle condanne già pronunciate.
l’annullamento si estende anche alle statuizioni civili – Poiché la condanna era fondata su una norma ora inesistente, vengono meno anche le basi per la liquidazione del danno alla parte civile.
il principio del favor rei impone l’applicazione della norma più favorevole all’imputato – Ai sensi dell’art. 2, comma 2, c.p., nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge successiva, non costituisce più reato.
Le implicazioni: gli effetti dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio
Questa pronuncia della Cassazione è destinata ad avere un impatto rilevante, chiarendo che tutti i procedimenti pendenti per abuso d’ufficio dovranno essere dichiarati estinti. Le condanne già passate in giudicato non potranno essere eseguite e le eventuali pene accessorie dovranno essere revocate.
L’annullamento delle statuizioni civili sottolinea inoltre un aspetto fondamentale: in assenza di una base penale per il reato, anche le pretese risarcitorie collegate alla condanna decadono.
La sentenza integrale
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Mo.Mi. ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza emessa il 31 luglio 2012 dal Tribunale di Catanzaro, appellata dall'imputato, dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato di cui al capo 20) dell'imputazione - art. 323 cod. pen. in esso assorbito il reato di cui all'art. 640-bis cod. pen., come ritenuto dal Tribunale -, perché estinto per prescrizione, contestualmente confermando le statuizioni civili.
Ne chiede l'annullamento per i motivi di seguito illustrati.
1.1. In via preliminare sostiene che il ricorso è ammissibile e sorretto da interesse, in quanto la sentenza di appello fu emessa il 21 febbraio 2014 con termine di 90 giorni per il deposito della motivazione, prorogato di ulteriori 30 giorni; la sentenza fu depositata il 16 giugno 2014 e l'avviso di deposito, notificato all'imputato il 9 luglio 2014 in un domicilio diverso da quello eletto, non fu notificato al difensore di fiducia del ricorrente al pari del provvedimento di proroga del termine per il deposito della motivazione, come è rilevabile dalle annotazioni in calce alla sentenza, ove è obliterata la notifica all'Avv. : ne deriva che il difensore non ha mai avuto conoscenza della sentenza con conseguente tempestività del ricorso alla luce dell'orientamento giurisprudenziale, secondo il quale in caso di proroga dei termini per la redazione della motivazione ai sensi dell'art. 154, comma 4-bis, cod. proc. pen., il termine per l'impugnazione decorre dalla scadenza del termine indicato nel provvedimento di proroga se notificato e, in caso contrario, dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza.
1.2. Nel merito denuncia la violazione di legge e l'illogicità della motivazione per travisamento o erronea valutazione dei presupposti.
La motivazione è carente e illogica in quanto la Corte di Appello ha accomunato la funzione del ricorrente, quale Presidente del collegio sindacale a quella del Presidente del Consiglio di amministrazione, benché egli avesse solo espresso parere favorevole alla proposta del presidente, risultato ininfluente perché voto di minoranza, sicché illogicamente la mera espressione di voto sarebbe stata ritenuta funzionale alla realizzazione dell'evento, invece, riconducibile al Consiglio di amministrazione, che approvò il finanziamento di Fincalabra a favore di Te. Risulta evidente la erronea applicazione dell'art. 323 cod. pen. e 640-bis cod. pen. conseguente, tenuto conto della formulazione della norma precedente al 2020, non essendo ravvisabile la violazione di norme di legge o di regolamento per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o un danno ingiusto. Altresì, evidente è la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. per mancata indicazione della condotta ascritta al ricorrente nel capo di imputazione e ciò è ancor più palese se si considera che i beneficiari sono stati tutti assolti al pari del ricorrente nel giudizio di rinvio relativo alla bancarotta fraudolenta della Spa Te. Decisiva è la modifica normativa introdotta dalla legge n. 120/2020 con abrogazione parziale per i fatti pregressi.
1.3. Ulteriore vizio di motivazione e violazione dell'art. 546 cod. proc. pen. sono ravvisabili per mancata indicazione dei presupposti di fatto e di diritto su cui si fonda l'affermazione di responsabilità del ricorrente. La motivazione, condensata in poche righe e riferita in modo indistinto alle diverse posizioni degli imputati, è anomala e apparente, non consentendo di comprendere il percorso logico posto a base della decisione.
2. Con memoria depositata in atti, il difensore della parte civile costituita, Fincalabra Spa, eccepisce la tardività del ricorso.
2.1. Evidenzia che la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro era stata impugnata solo dal coimputato Ga., il cui ricorso fu dichiarato inammissibile da questa Sezione con sentenza del 17 giugno 2015, sicché passava in giudicato per tutti gli imputati, come da attestazione di cancelleria, risultante dalla copia conforme rilasciata il 25 gennaio 2019, ove si attesta che la sentenza in oggetto è divenuta irrevocabile per il Mo.Mi. il 9 ottobre 2014, stante il decorso del termine di 45 giorni (tenuto conto della sospensione feriale all'epoca prevista dall'1 agosto al 15 settembre) dalla notifica all'imputato dell'estratto contumaciale, avvenuta in data 9 luglio 2014.
Ciò posto, eccepisce la tardività del ricorso, proposto 9 anni dopo il passaggio in giudicato della sentenza, e la infondatezza delle deduzioni difensive, attesa l'irrilevanza della omessa notifica al difensore sia della proroga del termine per il deposito della motivazione, sia dell'avviso di deposito della sentenza, dovendo aversi riguardo per la decorrenza del termine per impugnare soltanto alla notifica dell'estratto contumaciale all'imputato, come correttamente fatto dalla cancelleria. Irrilevante è anche la circostanza relativa alla notifica all'imputato, effettuata in luogo diverso dal domicilio eletto, trattandosi di irregolarità inidonea a dimostrare che l'imputato non avesse avuto conoscenza del deposito della sentenza, risultando in atti l'estratto contumaciale notificato all'imputato il 9 luglio 2014; altresì, irrilevante l'omessa notifica dell'avviso di deposito della sentenza al difensore dell'imputato contumace, prevista solo in caso di impossibilità di eseguire la notifica all'imputato.
2.2. Si deduce, inoltre, che l'imputato aveva avuto anche aliunde conoscenza dell'avvenuto deposito della sentenza da impugnare, atteso che la parte civile Fincalabra Spa aveva avviato nei confronti del Mo.Mi. l'azione civile presso il Tribunale di Roma per ottenere la liquidazione del danno, riconosciuto dalla sentenza di appello, divenuta irrevocabile, depositata in copia conforme con relativa attestazione di irrevocabilità; in tale giudizio il Mo.Mi. si è costituito, sicché, quantomeno nel 2019, aveva avuto conoscenza certa del deposito della sentenza della Corte di Appello di Catanzaro. Con sentenza del 2 maggio 2023 il Tribunale di Roma ha definito il giudizio di primo grado e condannato il Mo.Mi. a risarcire il danno, respingendo la domanda di rimessione in termini perché tardiva; anche la Corte di Appello di Roma ha respinto l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado, formulata dalla difesa del Mo.Mi., dando atto della attestazione di irrevocabilità della sentenza della Corte di Appello di Catanzaro nei confronti del Mo.Mi. in data 9 ottobre 2014, risultante dalla sentenza impugnata. Si sostiene la strumentalità del ricorso proposto, in quanto la pendenza del giudizio di legittimità viene indicata nell'atto di opposizione al precetto a supporto della richiesta di sospensione dell'efficacia del titolo esecutivo.
2.3. Si sottolinea, altresì, che l'attestazione di cancelleria è atto pubblico fidefacente, che presuppone l'accertamento della regolare notificazione dell'estratto contumaciale e prova l'irrevocabilità della sentenza, mai contrastata con idonea produzione documentale di pari efficacia. Sul punto si osserva che la obliterazione della notifica al difensore Avv. menzionata nel ricorso è smentita dalla circostanza che le annotazioni in calce alla sentenza si riferiscono alle notifiche degli estratti contumaciali agli imputati e non ai difensori.
2.4. In ogni caso si segnala l'inammissibilità dei motivi di ricorso nel merito per genericità degli stessi, avendo i giudici di merito esaminato la posizione del ricorrente unitamente a quella del Ga. e valorizzato il contributo fornito alla realizzazione dell'obiettivo illecito perseguito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per le ragioni di seguito illustrate.
1.1. È fondata la questione preliminare relativa alla tempestività del ricorso proposto avverso la sentenza indicata in epigrafe, depositata entro il termine prorogato ai sensi dell'art. 154, comma 4-bis, disp. att. cod. proc. pen., ma non notificata al difensore di fiducia dell'imputato.
Dall'esame degli atti trasmessi, anche dopo formale richiesta di questo ufficio, consentito dalla natura processuale dell'eccezione, non risulta che il provvedimento in data 20 maggio 2014, con il quale il Presidente della Corte di Appello prorogò di trenta giorni il termine per il deposito della motivazione della sentenza emessa il 21 febbraio 2014, fu comunicato alle parti processuali, ma solo al CSM, con conseguente ricaduta sulla decorrenza dei termini per proporre impugnazione.
Anche l'orientamento che riteneva non necessaria la notifica alle parti processuali del provvedimento di proroga del termine di deposito della sentenza emesso ex art. 151, comma 4-bis, disp. att. cod. proc. pen., ma la sola comunicazione al CSM per finalità di natura amministrativa ed eventualmente disciplinare (Sez. 6, n. 29150 del 09/05/2017, Rv.270697), non ne escludeva il rilievo processuale laddove notificato alle parti, determinando lo spostamento in avanti del termine per il deposito e formalizzando il differimento del dies a quo ai fini della presentazione dell'impugnazione.
Pur non costituendo causa dì nullità l'omessa comunicazione alle parti del provvedimento di proroga del termine per il deposito della motivazione concesso ai sensi dell'art. 154, comma 4-bis, disp. att. cod. proc. pen. (Sez.2, n. 50143 del 17/10/2017, Morabito, Rv. 271527; Sez. 6, n. 31875 del 12/04/2016, Armenise e altri, Rv. 267984), è pacifico che nel caso in cui il provvedimento ex art. 154, comma 4-bis, disp. att. codice di rito non sia comunicato alle parti, il termine per impugnare la sentenza decorre dall'avviso di deposito della sentenza stessa, a norma del combinato disposto degli artt. 548, comma 2, e 585, comma 2, lett. d) cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 1514 del 21/05/2005, Rv. 233325), così come avviene in caso di deposito "tardivo" della motivazione della decisione.
In senso conforme si è affermato che nel caso di proroga dei termini per la redazione della motivazione, disposta ai sensi dell'art. 154, comma 4-bis, disp. att. cod. proc. pen., il "dies a quo" per l'impugnazione del Pubblico Ministero decorre dalla scadenza del termine risultante dal provvedimento di proroga, qualora questo gli sia stato comunicato, e, in caso contrario, dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza (Sez. 4, n. 58249 del 17/10/2018, P.G. c/Albanese, Rv. 274966), dando continuità ad un orientamento più volte espresso (Sez. 6, n. 29150 del 09/05/2017, Briganti e altro, Rv. 270697; Sez. 6, n. 15477 del 28/02/2014, PG in proc. Ambrosino e altri, Rv. 258963).
Nel caso di specie, come già detto, risulta omessa la notifica dell'avviso di deposito della sentenza al difensore, risultando notificato unicamente all'imputato l'estratto contumaciale in data 9 luglio 2014, calcolando da tale data il decorso del termine per impugnare e la conseguente irrevocabilità della sentenza per il Mo.Mi. in data 9 ottobre 2014, come da attestazione di cancelleria, apposta il 12 gennaio 2015 in calce alla sentenza impugnata.
Ne deriva che, poiché l'art. 571, comma 3, cod. proc. pen., attribuisce al difensore dell'imputato, diversamente da quanto previsto dalle norme sulle impugnazioni delle altre parti private, una facoltà propria a proporre gravame, concorrente con quella conferita all'imputato personalmente, alla sola condizione che la relativa qualifica soggettiva sussista al momento del deposito del provvedimento da impugnare ovvero che la nomina sia intervenuta a tale specifico fine, senza che occorra il conferimento di procura speciale da parte dell'assistito (Sez. 3, n. 15465 del 10/02/2016, R., Rv. 266781), per l'Avv. , difensore di fiducia del ricorrente al momento del deposito della sentenza e attuale difensore, munito di procura speciale rilasciata dal Mo.Mi., il termine per l'impugnazione non è decorso, non essendone iniziata la decorrenza.
2. Ciò posto, va rilevato preliminarmente che con legge n. 114 del 9 agosto 2024 è stato abrogato l'art. 323 cod. pen., sicché il fatto contestato al ricorrente non è più previsto dalla legge come reato.
Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con revoca delle relative statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2025.