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Concussione: non sussiste se la qualità del pubblico ufficiale rende poco credibile l'intimidazione


Corte di Cassazione

La massima

In tema di concussione, è necessario che la qualità soggettiva del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio renda l'atto intimidatorio credibile e idoneo a costringere il soggetto passivo all'indebita promessa o dazione di denaro o di altra utilità. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del reato, rilevando che la qualifica rivestita dal ricorrente, ufficiale della Guardia di Finanza presentatosi come operante in un diverso territorio, non lo poneva in condizioni di supremazia rispetto ai destinatari delle intimidazioni - Cassazione penale , sez. VI , 28/11/2018 , n. 11477).

Fonte: CED Cassazione Penale 2019



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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 652/2018 del 20/04/2018, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di cassazione (che ha annullato la precedente sentenza per omessa notifica del decreto di citazione a giudizio all'imputato detenuto), la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza con cui il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Castrovillari, a conclusione di un giudizio abbreviato, ha condannato F.F. ex artt. 56 e 317 c.p. per avere tentato, quale ufficiale della Guardia di Finanza, di costringere appartenenti alla Polizia municipale di (OMISSIS) a non dare esecuzione alla ordinanza comunale di chiusura dell'esercizio commerciale (OMISSIS) (capo A, fatto del (OMISSIS)); ex art. 81 c.p., comma 2, artt. 56 e 317 c.p. per avere allo stesso scopo tentato di costringere il Sindaco dello stesso Comune a intervenire per eliminare gli effetti dell'ordinanza nei modi descritti (capo B, fino al mese di (OMISSIS)), ex art. 81 c.p., comma 2, e art. 322 c.p., proposto al predetto Sindaco vantaggi di natura economica per compiere atto contrario al suo ufficio e rivolto sempre allo stesso scopo (capo C, fino al mese di (OMISSIS)).


2. Nel ricorso presentato dal difensore di F. si chiede l'annullamento della sentenza deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: a) circa la sussistenza del reato per avere trascurato la mancanza del requisito dell'abuso della qualità e l'assenza del nesso tra la cessata qualità di pubblico ufficiale (l'imputato era sospeso dal servizio) e la commissione del reato, essendosi, peraltro, F. - nell'invitare i tre vigili urbani a non dare esecuzione all'ordinanza di chiusura per non incorrere in gravi conseguenze anche di natura economica - presentato come colonnello della Guardia di Finanza in un reparto del Nord Italia, per cui non avrebbe potuto incidere sull'operato dei vigili; b) nel trascurare, anche per la condizione di pubblici ufficiali dei tre vigili urbani, l'assenza di una oggettiva idoneità a intimidire della condotta dell'imputato (capo A); c) nel non qualificare il fatto descritto nel capo A come induzione indebita, stante l'assenza di una minaccia nella condotta di F., con conseguente prescrizione (stante la diminuente per il tentativo) del reato; d) nel non dichiarare la prescrizione dei reati di cui al capo A; e) nel non considerare l'assenza di un nesso fra la qualifica dell'imputato (sospeso dal servizio) e la commissione del fatto; f) nel non valutare la effettiva idoneità intimidatoria della condotta dell'imputato nei confronti del Sindaco (capo B); g) nel non qualificare il fatto descritto nel capo B come induzione indebita, stante l'assenza di una minaccia nella condotta di F., con conseguente prescrizione del reato; h) per avere trascurato, quanto al capo C, che il Sindaco non ha competenze in materia di autorizzazioni amministrative relative all'esercizio dell'attività di commercio al dettaglio; i) nel non riconoscere che il reato (stante l'arco edittale della pena vigente al momento del fatto, anteriore alla modifica dell'art. 318 c.p.) si è prescritto prima della pronuncia della sentenza di appello.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso concernenti la qualificazione giuridica dei fatti descritti nei capi A e B non contestano la sussistenza delle condotte materiali ascritte a F. e ricostruite nella sentenza impugnata come "esplicite minacce" rivolte ai tre appartenenti alla Polizia municipale e anche al Sindaco "prospettando gravi conseguenze e ritorsioni, anche di natura economica, in caso di mancata eliminazione degli effetti dell'ordinanza del Sindaco o di esecuzione della medesima ordinanza da parte della Polizia municipale" (p. 4), possono essere valutati unitariamente e risultano parzialmente fondati nell'escludere la sussistenza dei tentativi di concussione descritti nei capi A e B delle imputazioni.


Le condotte, tuttavia, vanno qualificate come minacce ex art. 336 c.p..


Nel caso in esame, fra la qualità (e i poteri che ne derivano) di ufficiale della Guardia di Finanza espressa (si presentò come colonnello ma era luogotenente) da F. nel formulare le sue minacce per costringere gli appartenenti alla Polizia a non eseguire ordinanza di chiusura dell'esercizio commerciale (OMISSIS) e il Sindaco a revocarla, è mancata la necessaria connessione tra la qualità di pubblico ufficiale e la pretesa rivolta ai soggetti passivi, nel senso che la prima agevoli e lo renda credibile e idoneo a costringere soggetto passivo all'indebita promessa o dazione di denaro o altra utilità (Sez. 6, n. 39010 del 10/04/2013, Rv. 256596; Sez. 6, n. 24272 del 24/04/2009, Rv. 244364; Sez. 6, n. 23801 del 02/02/2004, Rv. 229641). Infatti, la qualità di pubblico ufficiale (in quel periodo sospeso dal servizio perchè sottoposto a procedimento penale) di F. si riferiva a un corpo (quello della Guardia di Finanza) che non si trova in condizioni di supremazia rispetto a quello (la Polizia municipale di (OMISSIS)) al quale appartenevano i tre pubblici ufficiali che tentò di intimidire con la condotta descritta nel capo A o al Sindaco destinatario delle minacce descritte nel capo B e, inoltre, veniva esibita da soggetto che si presentava come operante in un reparto del Nord Italia, cioè in un territorio assai distante da quello dei soggetti che tentava di intimidire e, quindi, con una capacità di attuare scarsamente congetturabile.


Su queste basi, le condotte di F. non possono qualificarsi come tentativo di concussione e neanche possono qualificarsi come induzione indebita ex art. 319 quater c.p. perchè, per le condizioni sopra considerate, la sua qualità di pubblico ufficiale non poteva valere a fargli esercitare nel contesto in cui agiva una costrizione ex art. 317 c.p.) o una induzione (ex art. 319 quater c.p.), ma costituiva soltanto una connotazione delle minacce che egli poteva esprimere come soggetto privato. Ne deriva che i fatti descritti nei capi A e B vanno qualificati ex art. 336 c.p. come minacce rivolte al Sindaco per costringerlo a fare un atto contrario al proprio ufficio (la revoca della ordinanza di chiusura dell'esercizio commerciale) e ai tre appartenenti alla Polizia municipale per costringerli a omettere di eseguire l'ordinanza di chiusura.


2. Il motivo di ricorso concernente la qualificazione giuridica del fatto descritto nel capo C è infondato perchè per la sussistenza del reato di corruzione o di quello di istigazione alla corruzione non si richiede che l'atto o il comportamento oggetto del mercimonio rientrino nelle competenze o nella sfera di influenza dell'ufficio al quale appartiene il soggetto corrotto o che rientrino pure nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio: basta che si tratti di un atto o comportamento rientrante nelle competenze del settore all'interno del quale l'agente svolge la sua funzione e in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto (Sez. 6, Sentenza n. 23355 del 26/02/2016, Re. 267060; Sez. 6, n. 20502 del 02/03/2010, Re. 247373). Nel caso in esame, come correttamente osservato nella sentenza impugnata, fra le funzioni del sindaco vi è quella di "sovraintendere al funzionamento dei servizi degli uffici, nominando i responsabili, nonchè alla esecuzione degli atti" (p. 7).


3. Sulla base di quanto esposto, vanno accolti i motivi di ricorso concernenti il decorso del termini per la prescrizione dei reati, compiutasi prima della pronuncia della sentenza di secondo grado.


P.Q.M.

Riqualificati i fatti di cui ai capi A) e B) quale reato consumato di cui all'art. 336 c.p. annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè i fatti ascritti sono estinti per prescrizione.


Così deciso in Roma, il 28 novembre 2018.


Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019

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