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Diffamazione: non sussiste l'esimente della critica se si aggredisce solo la sfera morale altrui


Corte di Cassazione

La massima

In tema di diffamazione, ricorre l'esimente dell'esercizio dei diritti di critica e di satira politica nel caso in cui le espressioni utilizzate esplicitino le ragioni di un giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e, pur se veicolate nella forma scherzosa e ironica propria della satira, non si risolvano in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui o nel dileggio o disprezzo personale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto scriminata la condotta di un sindaco che, nel corso del consiglio comunale dedicato alla discussione dello strumento di pianificazione paesaggistica regionale, aveva criticato l'operato della responsabile dell'Ufficio Tecnico di quel Comune e l'aveva paragonata alla maga Circe, evocando in maniera scherzosa e ironica le capacità ingannatorie del personaggio omerico - Cassazione penale sez. V - 15/11/2022, n. 9953).

Fonte: CED Cass. pen. 2023



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La sentenza integrale

Cassazione penale sez. V - 15/11/2022, n. 9953

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Lecce riformava parzialmente, escludendo la circostanza aggravante di cui all'art. 595 c.p., comma 2, la sentenza con cui il tribunale di Lecce, in data 8.10.2018, aveva condannato P.C. alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, in relazione al reato ex art. 595 c.p., in rubrica ascrittogli, commesso in danno di T.S..


2. Avverso la sentenza innanzi indicata, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, attraverso i suoi difensori di fiducia avv. Coppi Francesco e avv. Corvaglia Rocco Luigi, lamentando: 1) violazione di legge e vizio di motivazione sulla sussistenza del reato di cui si discute, in quanto le espressioni rivolte dal P., sindaco del comune di (Omissis), all'indirizzo di T.S., responsabile dell'Area Posizioni Organizzative, Terzo Settore, Urbanistica-Edilizia-SUAP-Manutenzioni-Cimitero-ERP del suddetto comune, nella seduta del consiglio comunale del 24.12.2013, in cui si discuteva delle osservazioni al PPTR, con cui paragonava quest'ultima alla "Maga Circe" dell'Odissea di Omero, non integrano la fattispecie di reato in contestazione.


Rileva, al riguardo, il ricorrente che al fine di censurare le iniziative della responsabile dell'Ufficio Tecnico, da lui legittimamente non condivise e per spiegare l'accaduto al consiglio comunale, su sollecitazione della minoranza e in occasione di un dibattito su un argomento di vitale importanza per lo sviluppo paesaggistico ed economico del comune di (Omissis), egli ha utilizzato un'espressione satirica, descrivendo la T. come persona scaltra che aveva posto in essere delle iniziative tecniche ritenute dannose per gli obiettivi perseguiti dall'amministrazione comunale e che, grazie a lui, erano state disvelate e paralizzate, senza fare alcun cenno a facili costumi, arti amatorie ed epiteti simili, frutto di una distorta interpretazione del mito di (Omissis); 2) violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'art. 51 c.p., e art. 10 CEDU, in quanto nel caso in esame, il ricorrente non è punibile, ai sensi dell'art. 51 c.p., avendo il P. esercitato il suo diritto di critica, costituzionalmente e convenzionalmente tutelato, sotto il particolare profilo della critica satirica.


Il ricorrente, in particolare, attraverso la satira, ha esercitato il suo legittimo diritto di critica del comportamento della T., nell'ambito di un dibattito politico, che aveva ad oggetto proprio l'operato di quest'ultima, che, seppure tecnico, incideva in maniera significativa sull'attività politico-amministrativa, nel caso di specie, riguardante la programmazione del territorio comunale, ricorrendo, pertanto, tutte le condizioni perché operi la scriminante di cui all'art. 51 c.p., a partire dalla continenza delle espressioni utilizzate; 3) violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p.; 4) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione della circostanza aggravante di cui all'art. 595 c.p., comma 3, in quanto la trascrizione dei verbali della indicata seduta del consiglio comunale sul sito web del comune di (Omissis) è imposta dalla L. n. 69 del 2009, sicché di essa non può essere ritenuto responsabile il P.; 5) violazione di legge e vizio di motivazione, in odine al trattamento sanzionatorio, che non può consistere nella irrogazione di una pena detentiva, non potendosi considerare quella in esame una fattispecie di eccezionale gravità, l'unica che ai sensi della sentenza n. 150 del 20221 della Corte Costituzionale, giustificherebbe l'applicazione di una pena detentiva, e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; 6) violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all'art. 538 c.p.p., avendo i giudici di merito omesso di indicare le ragioni poste a fondamento della quantificazione in via equitativa del danno non patrimoniale da risarcire nella misura di 8000,00 Euro.


3. Il ricorso va accolto, essendo fondato il secondo motivo di impugnazione, in esso assorbita ogni ulteriore censura, imponendosi, in accoglimento di tale motivo, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non costituisce reato.


4. La questione di diritto che il Collegio è chiamato a risolvere, può essere così sintetizzata.


Incontestato è che il P., nella sua qualità di sindaco del comune di (Omissis), nel corso della seduta del consiglio comunale del 24.12.2013, con all'ordine del giorno le osservazioni al P.P.T.R., iniziò il suo intervento facendo inequivoco riferimento alla funzionaria del suddetto comune, T.S., responsabile dell'Area Posizioni Organizzative, Terzo Settore, Urbanistica-Edilizia-SUAP-Manutenzioni-Cimitero-ERP, nei seguenti termini: "nell'Odissea di Omero la maga Circe, che era un soggetto singolare, era avvezza a ospitare nella sua meravigliosa casa uomini e dava loro da bere una bevanda "drogata" e quindi faceva in modo di far perdere la ragione agli uomini. Ma grazie a Ulisse, persona arguta, capì della trappola e ne pose rimedio".


Si tratta, dunque di stabilire se nell'avere paragonato a Circe la T., in quanto orditrice di trappole, nelle quali però il P., "novello Ulisse", non era caduto, grazie al suo acume intellettuale, possa o meno configurare un'offesa alla reputazione della funzionaria comunale ovvero, una volta risolto in senso affermativo il primo quesito, se la condotta dell'imputato sia scriminata ai sensi dell'art. 51 c.p., in quanto riconducibile all'esercizio del diritto di critica.


Tanto premesso, appare opportuno ribadire un principio da tempo risalente nella giurisprudenza di legittimità, che non ha formato oggetto di rivisitazione critica nel corso degli anni, secondo cui in tema di diffamazione, la reputazione non si identifica con la considerazione che ciascuno ha di sé o con il semplice amor proprio" ma con il senso della dignità personale in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico (cfr. Sez. 5, n. 3247 del 28/02/1995, Rv. 201054).


Come affermato da condivisibile dottrina il bene giuridico tutelato dall'art. 595 c.p., è la reputazione, intesa come il riflesso, in termini di considerazione sociale, dell'onorabilità.


Essa, dunque, attiene all'opinione di cui l'individuo gode in seno alla società per carattere, ingegno, professionalità e altre qualità personali; alla valutazione che gli altri fanno della personalità morale e sociale di un individuo; alla stima di cui la persona gode presso gli altri membri della comunità.


La protezione della reputazione rappresenta, inoltre, uno dei limiti all'esercizio della libertà di espressione e delle altre libertà a essa connesse, espressamente ammessi dall'art. 10, comma 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e la Corte di Strasburgo, proprio in relazione a tale disposizione normativa, da tempo aveva sviluppato una propria giurisprudenza relativa alla tutela della reputazione (prevalentemente nel settore dell'attività di informazione giornalistica: cfr., ex plurimis, C.edu Radio France e altri contro Francia, 30.3.2004), prima di affermare che siffatta tutela rientrasse a pieno titolo nell'ambito di applicazione dell'art. 8, C.E.D.U., disciplinante il diritto al rispetto della vita privata e familiare (cfr. C.edu Pfeifer contro Austria, 15.11.2007).


Se, dunque, esula del tutto dalla ratio legis dell'art. 595 c.p., la tutela della dimensione soggettiva dell'onore, vale a dire dell'opinione che l'offeso ha del proprio valore, in quanto lo scopo della previsione punitiva è quello di proteggere la dimensione oggettiva dell'onore, in relazione, come si è detto, all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico, appare inevitabile, nel caso in cui, come quello in esame, l'ipotesi accusatoria si fonda sull'accostamento, da parte dell'imputato, del destinatario dell'offesa a un personaggio letterario frutto dell'invenzione artistica che si connota in senso negativo, verificare se tale accostamento possa integrare gli estremi dell'offesa all'altrui reputazione, nei sensi in precedenza indicati.


A tal fine risulta decisivo approfondire lo sguardo sui tratti caratterizzanti il personaggio nato dalla finzione narrativa, in quanto l'offesa all'altrui reputazione non può che derivare dalla capacità dell'opera letteraria di evocare, rappresentandole nei suoi protagonisti, caratteristiche tali da risultare oggettivamente offensive, perché capaci di incidere negativamente sulla considerazione sociale di cui gode un individuo nella comunità di cui fa parte.


In questa indagine, tuttavia, va colta, ove presente, la complessità della costruzione narrativa e la pluralità di significati messi in luce dal processo creativo, che non si esauriscono nel momento in cui il personaggio nato da tale creazione appare per la prima volta sulla scena letteraria, ma si arricchiscono attraverso l'evoluzione dei tempi e l'emergere di nuove sensibilità culturali all'interno dei gruppi sociali, che si susseguono nel concreto dispiegarsi dell'esperienza storica, allargando gli orizzonti interpretativi.


Si tratta, a ben vedere, come del resto già evidenziato dalla migliore dottrina civilistica e costituzionalista nelle riflessioni sul contenuto dell'interpretazione, di un processo interpretativo non dissimile da quello che si richiede al giurista e, in particolare, al giudice, chiamato a cogliere il significato di una disposizione normativa non fermandosi alla semplice lettera della legge, ma tenendo conto dei contributi forniti dalla giurisprudenza, costituzionale, di legittimità e delle corti sovranazionali, nonché dalla dottrina, nell'affinarne progressivamente il contenuto.


Se ciò è vero, appare incontestabile che, passando dal "significante" al "significato", la figura letteraria di Circe accoglie in sé, sin dal suo primo apparire, una pluralità di significati, non tutti attributivi di qualità sfavorevoli o di giudizi di disvalore secondo il costume sociale corrente, dunque non tutti offensivi della reputazione altrui, che, invece, da siffatte attribuzioni sarebbe vulnerata (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 17944 del 07/02/2020, Rv. 279116; Sez. 5, n. 4158 del 18/09/2014, Rv. 262170).


Come è stato ben osservato in sede di critica letteraria "la trasformazione dei compagni di Odisseo in maiali e il successivo incontro dell'eroe con Circe, dea esperta di pozioni pericolose, costituiscono uno fra gli episodi più conosciuti dell'Odissea. Il carattere enigmatico della Circe omerica ha sollecitato nei secoli numerose interpretazioni, molte delle quali hanno voluto leggere nel mito un avvertimento contro le malevoli arti della seduzione femminile: gli uomini che si lasciano incantare da una donna e si mettono al suo servizio si riducono a bruti senza valore e senza cervello. Lo stereotipo di Circe come femme fatale ha prodotto moltissime rappresentazioni fino all'età contemporanea. Ma già nel mondo antico erano comparse le prime riscritture non convenzionali del mito. Ovidio rappresenta la dea come un'amante rifiutata, passionale e vendicativa; Plutarco la considera addirittura una benefattrice, perché la metamorfosi cui sottopone gli ospiti si rivela un mutamento felice. Nell'Asino di Machiavelli Circe è dea di uno strano regno fisiognomico, in cui gli uomini mostrano il loro vero volto, manifestando i tratti ferini corrispondenti ai loro caratteri. Ma è alle scrittrici di età moderna e contemporanea che spetta il compito di riscattare Circe dalle calunnie propagate per millenni. Webster e Atwood danno finalmente la parola alla dea, che difende se stessa e il proprio operato, rigettando sugli uomini che approdano all'isola la responsabilità di non saper instaurare con lei un rapporto fondato sull'amore e il reciproco rispetto".


E su Circe, figura ambivalente e complessa, è costruita anche la più recente opera letteraria a lei espressamente dedicata, il romanzo "Circe", di Madeline Milier.


Peraltro anche in Omero la figura di Circe non si prestava a una lettura unidimensionale, in considerazione del ruolo, senza dubbio positivo, che svolge nel consigliare a Ulisse il percorso da seguire per fare ritorno a Itaca e come superare le difficoltà che incontrerà nel prosieguo del suo viaggio.


Giova evidenziare che le considerazioni ora svolte non rappresentano un'indebita irruzione delle scienze umanistiche nel mondo del diritto, ma, piuttosto, l'estensione di principi già affermati da questa stessa Sezione proprio in tema di rapporti tra diffamazione e studi storici.


Come si è affermato in più occasioni, infatti, in tema di diffamazione (a mezzo stampa), postulando l'esercizio del diritto di critica storica l'uso del metodo scientifico, che implica l'esaustiva ricerca del materiale utilizzabile, lo studio delle fonti di provenienza e il ricorso ad un linguaggio corretto e scevro da polemiche personali, ne consegue che il giudice, al fine di stabilire il carattere storico dell'opera, oggetto di contestazione, deve accertare l'esistenza - quanto meno sotto forma di indizi certi, precisi e concordanti - delle fonti indicate ed utilizzate dall'autore per esprimere i propri giudizi (cfr. Sez. 5, n. 42314 del 02/05/2016, Rv. 268285; Sez. 5, n. 34821 del 11/05/2005, Rv. 232562).


Orbene, se l'uso del metodo scientifico, attraverso la ricerca e lo studio delle fonti, rappresenta l'indefettibile presupposto per il riconoscimento dell'esercizio del diritto di critica storica, non vi è motivo per non ritenerlo presupposto altrettanto imprescindibile quando si tratta di verificare la natura diffamatoria o meno dell'accostamento di un individuo a un personaggio letterario, che necessariamente implica una ricostruzione del "significato", in negativo o in positivo, assunto dal personaggio, sulla base, per l'appunto, dello studio e della ricerca delle fonti ad esso relative, rappresentanti un dato della realtà fenomenica, che il giudice non può ignorare.


Tale indagine è del tutto mancata da parte delle corte territoriale, che, con motivazione invero notevolmente stringata, ha desunto il carattere offensivo della similitudine tra la T. e Circe, in quanto, l'imputato, con le frasi in precedenza riportate, da un lato, avrebbe bollato la persona offesa come donna "di facili costumi", alludendo "alla abituale ospitalità di uomini nella sua meravigliosa casa"; dall'altro ha "espressamente rimarcato la sua capacità di "far perdere la ragione agli uomini", ammaliandoli, ma anche ingannandoli con una bevanda drogata" (cfr. p. 4 della sentenza oggetto di ricorso).


In disparte l'evidente salto logico con cui il giudice di appello desume dalla espressione "avvezza a ospitare nella sua meravigliosa casa uomini" che il P. abbia attribuito alla T. una patente di spregiudicatezza sessuale, tale da tradursi inevitabilmente, secondo l'impostazione della corte territoriale, nell'attribuzione di una qualità sfavorevole o disonorevole per l'altrui reputazione nell'attuale consesso sociale, va osservato che il riferimento operato dal P. alla pratica, incontestabilmente posta in essere da Circe, di ingannare gli uomini, trasformandone la natura (ma, si badi, non la consapevolezza di sé, dunque la ragione) per mezzo di pharmaka mescolati al vino, pur nella sua approssimazione, appare in potenzialmente idonea a ledere la reputazione della funzionaria comunale, presentandola, sia pure genericamente, come una donna che aveva cercato di ingannare il sindaco, predisponendo una trappola nei suoi confronti, in cui egli, tuttavia, non era caduto (pur non avendo avuto, è lecito presumere, a differenza di Ulisse, un Euriloco o un Ermes che lo mettessero in guardia).


Il che consente di escludere l'insussistenza del fatto, logico epilogo decisorio, per le ragioni già esposte, ove il paragone si fosse arrestato al semplice accostamento della persona della funzionaria comunale alla figura letteraria di Circe, senza alcuna ulteriore specificazione, come dimostra di ben comprendere la stessa corte territoriale (cfr. p. 4).


4.1. Non per questo, tuttavia, l'affermazione di responsabilità del P. può essere mantenuta ferma, essendo configurabile nel caso in esame l'esimente del diritto di critica nella forma della satira, che per esercitarsi in consiglio comunale non deve necessariamente attenere a uno scontro di natura politica tra maggioranza e opposizione ovvero tra componenti dello stesso consiglio.


Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che, in tema di diritto di critica, ciò che determina l'abuso del diritto è la gratuità delle espressioni non pertinenti ai temi apparentemente in discussione; è l'uso dell'"argumentum ad hominem", inteso a screditare l'avversario politico mediante l'evocazione di una sua pretesa indegnità o inadeguatezza personale, piuttosto che a criticarne i programmi e le azioni. (Fattispecie di rigetto del ricorso con cui gli imputati invocavano l'esercizio del diritto di critica politica, esercitato nelle forme della satira, relativamente all'uso di espressioni quali "realburinismo" e "aver un diesel fumoso al posto del cervello", nonché all'invito a finanziare i suoi progetti con i metodi illeciti propri del suo partito, nei confronti dell'amministratore al traffico di Roma: cfr. Sez. 5, n. 7990 del 19/05/1998, Rv. 211482).


Si è successivamente chiarito che in tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l'esimente del diritto di critica nella forma satirica qualora essa, ancorché a sfondo scherzoso e ironico, sia fondata su dati storicamente falsi; tale esimente può, infatti, ritenersi sussistente quando l'autore presenti in un contesto di leale inverosimiglianza, di sincera non veridicità finalizzata alla critica e alla dissacrazione delle persone di alto rilievo, una situazione e un personaggio trasparentemente inesistenti, senza proporsi alcuna funzione informativa e non quando si diano informazioni che, ancorché presentate in veste ironica e scherzosa, si rivelino false e, pertanto, tali da non escludere la rilevanza penale (cfr. Sez. 5, n. 4695 del 15/12/2016, Rv. 269095).


Sotto questo profilo si e', altresì, evidenziato, come in tema di diffamazione, nella valutazione del requisito della continenza, necessario ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tenere conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dall'agente, pur se aspri, forti e sferzanti, non siano meramente gratuiti, ma siano, invece, pertinenti al tema in discussione e proporzionati al fatto narrato ed al concetto da esprimere. (Fattispecie relativa alla interrogazione di un consigliere comunale rivolta al Presidente del consiglio comunale: cfr. Sez. 5, n. 32027 del 23/03/2018, Rv. 273573).


Principi ribaditi in un più recente arresto, nel quale si è sottolineato che in tema di diffamazione, ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di critica e satira politica quando le espressioni utilizzate esplicitino le ragioni di un giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e, pur se veicolate nella forma scherzosa e ironica propria della satira, non si risolvano in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui o nel dileggio o disprezzo personale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'esclusione dell'esimente nella condotta di un soggetto, destinatario di uno sfratto, che nel corso di una manifestazione pubblica contro le politiche abitative comunali aveva definito il sindaco della città "bruttocesso", ispirandosi al cognome "Bruttomesso" del medesimo: cfr. Sez. 5, n. 320 del 14/10/2021, Rv. 282871).


Di particolare interesse, infine, appare una recente decisione della C.edu, del 10.10.2022, Patricio Monteiro Telo de Abreu contro Portogallo.


Scrivono al riguardo i giudici di Strasburgo: "36. La Corte rammenta che l'art. 10 p. 2 non lascia spazio per restrizioni della libertà di espressione nell'ambito del discorso e del dibattito politico - nel quale la libertà di espressione assume la massima importanza - o delle questioni di interesse generale (Lindon, Otchakovsky-Laurens e July c. Francia (GC), nn. 21279/02 e 36448/02, p. 46, CEDU 2007 IV). I limiti della critica ammissibile sono più ampi nei confronti di una personalità o di un partito politico che nei confronti di un semplice cittadino: a differenza di quest'ultimo, i primi si espongono inevitabilmente e volontariamente a un controllo vigile dei loro fatti e comportamenti sia da parte dei giornalisti che da parte dei cittadini; di conseguenza, essi devono dimostrare una maggiore tolleranza (Magyar Jeti Zrt c. Ungheria, n. 11257/16, p. 81, 4 dicembre 2018). Una personalità politica ha certamente diritto a che la sua reputazione sia protetta, anche fuori dall'ambito della sua vita privata, ma gli imperativi di questa protezione devono essere bilanciati con gli interessi della libera discussione delle questioni politiche, e le eccezioni alla libertà di espressione richiedono un'interpretazione stretta (si vedano Stern Taulats e Roura Capellera c. Spagna, nn. 51168/15 e 51186/15, p. 32, 13 marzo 2018, e i riferimenti ivi citati). Inoltre, anche se il diritto alla protezione della reputazione è un diritto che rientra, in quanto elemento della vita privata, nell'art. 8 della Convenzione, affinché sia applicabile quest'ultimo articolo l'offesa alla reputazione personale deve raggiungere un certo livello di gravità, ed essere stata arrecata in modo tale da causare un pregiudizio per il godimento personale del diritto al rispetto della vita privata. Questa condizione vale per la reputazione sociale in generale e per la reputazione professionale in particolare (Medzlis Islamske Zajednice Brcko e altri c. Bosnia-Erzegovina (GC), nn. 17224/11, p.p. 76 e 105-106, 27 giugno 2017)".


Ciò posto ritiene il Collegio che la condotta del P. sia scriminata proprio in applicazione dei principi in precedenza indicati.


Incontestato che, come rilevato dalla stessa corte territoriale, il dibattito all'interno del consiglio comunale aveva ad oggetto il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale e che l'attenzione del sindaco, nel suo intervento, si era concentrata sulle osservazioni critiche svolte al riguardo dall'ingegnere T. nella sua qualità più volte richiamata, appare arduo escludere che nella suddetta occasione non si stesse svolgendo un dibattito di natura politico-amministrativa su di una questione di interesse generale, in quanto tale da coinvolgere direttamente la pianificazione territoriale del comune di (Omissis), in relazione alle finalità perseguite dallo strumento di pianificazione paesaggistica regionale.


In questa prospettiva, dovendosi assicurare su di un tema di interesse generale il pieno dispiegarsi della libertà di espressione, che, ovviamente, non può essere compressa solo in ragione del ruolo politico svolto dal P., occorre verificare se l'offesa alla reputazione personale della T. abbia raggiunto un certo livello di gravità e sia stata arrecata in modo tale da causare un pregiudizio per la reputazione sociale e professionale della funzionaria comunale.


Ritine il Collegio che a tale conclusione non possa giungersi, in quanto le espressioni utilizzate dal P. non appaiono un immotivato attacco denigratorio nei confronti della T., finalizzato a svilirne pubblicamente la figura umana e professionale, risultando, piuttosto, circoscritte a criticarne l'operato tecnico-amministrativo, attraverso l'evocazione di una situazione e di un personaggio trasparentemente inesistenti (la T., invero, non ha mai somministrato pozioni magiche ad altri, vestendo i panni della "maga Circe"), dunque nella forma scherzosa e ironica propria della satira, pur se connotata da un tono sferzante, che integra, come si è detto, l'esercizio del diritto di critica politica.


5. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio perché il fatto contestato al P. non costituisce reato.


P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.


Così deciso in Roma, il 15 novembre 2022.


Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2023



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