Approfondimenti
Indice:
1. I due orientamenti prevalenti
E' noto che con riferimento alla linea di demarcazione tra il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed il delitto di estorsione si confrontavano due orientamenti giurisprudenziali contrapposti.
Secondo un primo orientamento (vedi in tal senso Cass. sent. nr. 35563 del 20191), i due delitti si distinguono non già in relazione all'esistenza o meno di una legittima pretesa creditoria, bensì con riferimento alle modalità oggettive della richiesta e quindi si configura il reato di estorsione quando le condotte minacciose si manifestino con modalità esecutive che esorbitano dalla esclusiva finalità dell'esercizio della pretesa creditoria assumendo di per sé il carattere di ingiustizia.
Secondo altro orientamento al contrario il criterio distintivo andrebbe individuato nel diverso elemento psicologico.
2. Le sentenze n. 46288/16 e nr. 29541/ 20 (SSUU) della Corte di Cassazione
In particolare, con la sentenza n. 46288/16 la Suprema Corte di Cassazione Sez. II Penale, chiariva i confini intercorrenti tra il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed il delitto di estorsione, aderendo al secondo degli orientamenti menzionati.
La Corte innanzitutto premetteva che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, disciplinato dagli articoli 392 e 393 c.p., volto a tutelare l'interesse dello Stato ad impedire che la privata violenza si sostituisca all'esercizio della funzione giurisdizionale in occasione dell'insorgere di una controversia tra privati, è integrato, sotto il profilo oggettivo, nella prima ipotesi, da tutte quelle condotte violente perpetrate nei confronti di cose e, nella seconda, da comportamenti violenti o minacciosi indirizzati contro la persona e finalizzati, in entrambe le ipotesi delittuose, ad "un'autosoddisfazione arbitraria" di un preteso diritto.
Per quanto attiene all'elemento psicologico, entrambe le succitate fattispecie, richiedono il dolo specifico, integrato dall'intento di esercitare un preteso diritto nel ragionevole convincimento della sua legittimità.
Il delitto di estorsione, invece, disciplinato dall'art. 629 c.p., sanziona tutte quelle condotte connotate da violenza o minaccia finalizzate a costringere taluno a fare o ad omettere qualche cosa per procurare all'agente o a terzi un ingiusto profitto con altrui danno.
Per quanto attiene all'elemento soggettivo richiede il dolo specifico, integrato dalla consapevolezza in capo all'agente di usare la violenza, fisica o morale, al fine di procurare a sé, o ad altri, l'ingiusto profitto.
La Cassazione, nella sentenza in esame, affermava che i due profili sulla base dei quali deve giungersi ad una distinzione delle due fattispecie delittuose concernono l'elemento psicologico.
Per quanto riguarda il profilo soggettivo, il giudice di legittimità, richiamando i numerosi precedenti conformi, affermava che nei delitti ex artt. 392 - 393 c.p. l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione, anche se infondata, di esercitare un proprio diritto, ovvero, quantomeno, di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria, mentre, nell'estorsione, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza di non averne alcun diritto.
Si sostanzia pertanto, nella diversa consapevolezza sottesa all'azione, la sussumibilità dei fatti - reato nell'alveo di una, piuttosto che dell'altra fattispecie criminosa.
Nella sentenza in esame, veniva superato anche un possibile contrasto, peraltro dagli stessi giudici definito "più apparente che reale" che valorizzerebbe, ai fini della predetta distinzione, la materialità del fatto, affermando che il discrimen sarebbe da rinvenire nella proporzionalità tra la condotta violenta o minacciosa e il fine perseguito, che, qualora sproporzionato, configurerebbe l'ipotesi più grave del delitto di estorsione, poiché tale comportamento, idoneo a coartare totalmente ogni possibilità di scelta della vittima, connaturerebbe il profitto come ingiusto.
Ad avviso della Cassazione tale orientamento non sarebbe condivisibile in quanto privo di fondamento normativo.
Infatti, anche il meno grave reato di cui all'art. 393 c.p. può essere commesso con modalità particolarmente gravi (ad es. con l'utilizzo di armi), o sproporzionate rispetto al fine da raggiungere.
Ebbene la Suprema Corte di Cassazione con sentenza a Sezioni Unite nr. 29541 del 2020 ha aderito a tale ultimo orientamento per le ragioni in precedenza esposte, affermando il seguente principio di diritto: il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra toro in relazione all'elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie.