SOMMARIO:
1. Premessa.
7. Archiviazione ex art. 131-bis cod. pen. ed insuscettibilità di iscrizione nel casellario giudiziale.
15. Casistica.
5. Incidenza delle condotte poste in essere successivamente al fatto reato sulla declaratoria di non punibilità in esame.
In subiecta materia, Sez. 3, n. 4123 del 11/07/2017, dep. 2018, P.G. in proc. Zoccarato, Rv. 272039 ha ritenuto che «ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. ai fini dell’apprezzamento della condizione della non abitualità della condotta, assumono rilievo anche i comportamenti successivi alla commissione del reato». Nella specie, relativa a reati edilizi, la S.C., osservato che la nozione di comportamento abituale, ricorrente quando l’autore ha commesso almeno altri due illeciti oltre a quello preso in esame, non può essere assimilata alla recidiva, che opera in un ambito diverso ed è fondata su un distinto apprezzamento, ha ritenuto immune da vizi la decisione del giudice di merito che aveva desunto la non abitualità del comportamento dell’imputato dalla successiva attività di demolizione, rimozione e sanatoria delle opere realizzate. In una più articolata prospettiva si pone, riguardo lo stesso tema, Sez. 3, n. 893 del 28/06/2017, dep. 2018, P.M. in proc. Gallorini, Rv. 272249 ha ritenuto che, ai predetti fini, non rileva la mera condotta post delictum, sicché l’eliminazione delle conseguenze pericolose del reato non integra di per sé una lieve entità dell’offesa, atteso che l’esiguità del disvalore deriva da una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza.
Nella specie, i giudici di merito, dopo aver chiarito che l’imputata aveva provveduto ad eliminare le conseguenze dannose derivanti dal reato di cui agli articoli 64, comma 1, e 68, comma 1, lettera b) del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, sebbene con modalità difformi da quelle prescritte dall’organo di vigilanza e, perciò, tali da non consentire l’ammissione al pagamento delle sanzioni amministrative, aveva assegnato rilievo al predetto comportamento post delictum dell’imputata, pervenendo alla conclusione che la sola eliminazione della situazione antigiuridica comportasse una lieve entità dell’offesa. Sotto tale profilo, la Corte ha chiarito, innanzitutto, che l’applicabilità della causa di non punibilità in esame non tollera, sulla base del principio di non contraddizione, che sia ravvisabile un’offesa di particolare tenuità quando sia ancora perdurante la lesione o la messa in pericolo del bene giuridico, per quanto l’art. 131-bis cod. pen. non si occupi espressamente dei reati permanenti (né dei reati istantanei con effetti permanenti).
Ciò posto, la decisione in esame ha puntualizzato che la cessazione della permanenza e/o l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose che derivano dal reato, cui l’imputato abbia provveduto con condotta susseguente al reato, se da un lato permettono allo stesso di poter invocare la causa di non punibilità altrimenti preclusa dal perdurare della situazione antigiuridica (e ciò anche nei casi in cui sia prevista una speciale causa di estinzione del reato, come nel caso in esame di violazione delle norme sull’igiene e la sicurezza del lavoro mediante pagamento di una somma a titolo di oblazione e l’eliminazione di dette conseguenze dannose o pericolose), dall’altro non costituiscono ex se indice per ritenere sicuramente tenue l’offesa, dovendo tale giudizio conseguire, pur sempre, dalla positiva valutazione tanto delle modalità della condotta nella sua componente oggettiva (avuto riguardo alla natura, alla specie, ai mezzi, all’oggetto, al tempo, al luogo e ad ogni altra modalità dell’azione ex art. 133, comma 1, n. 1 cod. pen.) e nella sua componente soggettiva (avuto riguardo all’intensità del dolo o al grado della colpa ex art. 133, comma 1, n. 3 cod. pen.), quanto del danno o del pericolo (in relazione all’entità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato ex art. 133, comma 1, n. 2 cod. pen.). In ogni caso, come rimarcato da Sez. 3, n. 15782 del 23/02/2018, Farese, Rv. 272624, la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto «non può essere esclusa in relazione a particolari tipologie di reato e/o alla natura degli interessi protetti che mirano a salvaguardare». In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata, che aveva escluso la ricorrenza della speciale causa di non punibilità in tema di violazione di norme antisismiche, unicamente sul presupposto della natura primaria della vita umana, interesse oggetto di tutela della norma incriminatrice, così finendo per introdurre una esclusione per categorie non prevista dal legislatore ed, anzi in contrasto con il dettato normativo, fondato sull’implicita applicabilità della norma a tutte le diverse fattispecie di reato.
6. I profili processuali. Causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e procedimento di archiviazione.
Sul piano delle modalità procedimentali di rilevazione della causa di non punibilità in esame nell’ambito del procedimento di archiviazione, con particolare riferimento alle garanzie del contraddittorio, Sez. 6, n. 6959 del 16/01/2018, Trivelli, Rv. 272483, ha affermato il principio secondo cui il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, pronunciato ai sensi dell’art. 411, comma 1, cod. proc. pen., è nullo se emesso senza l’osservanza della speciale procedura prevista al comma 1-bis di detta norma, non essendo le disposizioni generali contenute negli artt. 408 e ss. cod. proc. pen. idonee a garantire il necessario contraddittorio sulla configurabilità della predetta causa di non punibilità.
Nella specie, la Corte ha ritenuto viziata l’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto emessa in esito all’udienza camerale fissata a seguito di opposizione della persona offesa ad una richiesta di archiviazione, motivata dalla inidoneità degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio, nel corso della quale il giudice per le indagini preliminari aveva espressamente invitato le parti a prendere in esame anche il tema della possibile archiviazione ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.
Secondo il Collegio, invero, la sequenza procedimentale prevista in caso di richiesta del pubblico ministero di archiviazione per particolare tenuità del fatto, ai sensi del comma 1-bis del citato art. 411 cod. proc. pen. - richiesta che deve essere portata a conoscenza delle parti, in modo che, all’udienza in camera di consiglio, il contraddittorio fra le parti si svolga proprio su tale questione –, è inderogabile e non ammette equipollenti per il caso in cui sia il giudice a ravvisare, in presenza di richiesta di archiviazione per infondatezza della notitia criminis, la particolare tenuità del fatto; ne consegue che il giudice non può comunque pervenire a tale esito processuale nonostante abbia segnalato all’attenzione delle parti, nel corso dell’udienza fissata a seguito di opposizione, il tema in esame: tale segnalazione ed il conseguente invito ad interloquire sono stati ritenuti, in tal senso, inidonei a soddisfare i requisiti di espressa e specifica motivazione della richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. che, sola, è in grado di garantire il diritto di difesa e la pienezza del contraddittorio.
Analoga ratio decidendi, con particolare riferimento alla tutela delle prerogative difensive dell’indagato, permea Sez. 6, n. 10455 del 14/02/2018, P.O. in proc. Massida, Rv. 272247, la quale sottolinea la peculiare natura della causa di non punibilità in parola, che presuppone in ogni caso un concreto accertamento del fatto, la sussistenza del necessario elemento soggettivo e le sue conseguenze dannose o pericolose, al fine di qualificare l’offesa come particolarmente tenue, ed il fatto che l’indagato destinatario di una ordinanza di archiviazione, pur se non patisce pregiudizi per le conseguenze civili o amministrative ai sensi dell’art. 651-bis cod. proc. pen. e se non subisce l’annotazione della decisione nel casellario giudiziario, affronta comunque le conseguenze che derivano dal fatto che l’ordinanza implica un accertamento sugli elementi sopra indicati, suscettibile di possibili conseguenze negative anche solo nell’ottica della abitualità della condotta, rilevante ai fini di un futuro riconoscimento della causa di non punibilità in questione, a mente dell’art. 131-bis, comma 3, cod. pen. Ne consegue, ad avviso della Corte, che, «qualora il g.i.p. ritenga tale possibilità, non potrà fare altro che ritrasmettere gli atti ex art. 409, comma 4 e 5, cod. proc. pen. perché svolga ulteriori indagini, se del caso valorizzabili ex art. 131-bis cod. pen., o formuli l’imputazione invitando il p.m. a valutare la possibilità di attivare la richiesta prevista dall’art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., richieste di integrazioni ed invito compatibili con i poteri di controllo riconosciuti al g.i.p. in fase di indagini».
Sempre in tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, va segnalata Sez. 4, n. 10402 del 29/11/2017, dep. 2018, P.O. in proc. Nucu, Rv. 272237, la quale ha ribadito l’orientamento secondo cui la persona offesa è tenuta ad indicare, a pena di inammissibilità, le «ragioni del dissenso» rispetto alla sussumibilità della condotta nell’ipotesi di cui all’art. 131-bis, cod. pen. e non necessariamente, come invece richiesto dall’art. 410, comma 1, cod. proc. pen. per l’opposizione alla richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, le indagini suppletive e i relativi mezzi di prova, stante la diversità tra le due ipotesi di archiviazione e le ragioni poste a sostegno delle stesse. Si inscrive nel medesimo filone argomentativo Sez. 5, n. 3817 del 15/01/2018, Pisani (massimata sotto altro profilo, v. infra), la quale ha precisato che, in caso di opposizione dell’indagato alla richiesta di archiviazione fondata sulle ragioni in esame, l’esame del giudice non è limitato ai profili di dissenso dedotti ed alla particolare tenuità ex art. 131-bis cod. pen., ma è esteso all’intera valutazione della responsabilità del soggetto indagato. In tale prospettiva, la Corte ha rimarcato come la stessa valutazione circa la particolare tenuità del fatto presupponga l’accertamento, sia pure con uno stadio di approfondimento compatibile con la specifica sede processuale, della sua effettiva commissione da parte dell’indagato e della sua rilevanza penale. Le «ragioni del dissenso» dell’indagato possono, conseguentemente, riguardare l’effettiva sussistenza degli estremi oggettivi e soggettivi della condotta addebitatagli e la sua qualificabilità come reato.
7. Archiviazione ex art. 131-bis cod. pen. ed insuscettibilità di iscrizione nel casellario giudiziale.
Con riferimento al profilo della iscrizione del provvedimento che abbia fatto applicazione della causa di non punibilità in esame nel casellario giudiziale, Sez. 1, n. 31600 del 25/06/2018, Matarrese, Rv. 273523, ha affermato che è ricorribile per cassazione l’ordine di iscrizione nel casellario del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, in quanto non previsto dalla legge. La Corte ha osservato, in tale ottica, che il descritto ordine configura un provvedimento autonomo rispetto a quello che dispone l’archiviazione del procedimento, «che, per il contenuto immediatamente lesivo della posizione soggettiva del ricorrente — a carico del quale deriverebbero illegittime conseguenze pregiudizievoli in sede di certificazione dei precedenti giudiziari —, determina l’ammissibilità del ricorso sul punto»; né potrebbe denegarsi, del resto, che si tratta di un provvedimento non previsto dalla legge, poiché spetta all’ufficio del casellario effettuare, alle condizioni previste dal d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, l’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti giudiziari, mentre non compete al giudice della cognizione disporla (tanto che l’eventuale erronea iscrizione operata dall’ufficio è sottoposta al rimedio giurisdizionale di cui all’art. 40 d.P.R. n. 313 del 2002, attivabile dall’interessato). A ciò si aggiunga che l’archiviazione per particolare tenuità del fatto, non essendo un provvedimento giudiziario definitivo, ex art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. n. 313 del 2002, non è soggetta ad iscrizione nel casellario giudiziale. In senso del tutto conforme, Sez. 5, n. 3817 del 15/01/2018, Pisani, Rv. 272282, ha affermato il principio secondo cui «il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, non rientrando nella categoria dei provvedimenti giudiziari definitivi di cui all’art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, non è soggetto ad iscrizione nel casellario giudiziale».