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L'aggravante della crudeltà richiede la prova di una volontà sadica e superflua (Cass. Pen., n. 27235/2025)

La sentenza della Corte di Cassazione penale, Sez. I, n. 27235/2015, si inserisce nel solco della consolidata giurisprudenza sull'aggravante della crudeltà prevista dall'art. 61, n. 4, c.p., precisandone il perimetro applicativo e le condizioni necessarie per la sua configurabilità, anche nei casi in cui sia evidente la ferocia dell'agente.

Il caso affrontato coinvolge un omicidio commesso in ambito familiare con modalità brutali, ma la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna nella parte in cui riconosceva l'aggravante, per difetto di motivazione sul quid pluris richiesto dalla norma.


Fatto

L'imputato era stato condannato, all'esito di giudizio abbreviato, per omicidio aggravato ai sensi dell'art. 577 c.p. e per maltrattamenti in famiglia, per aver ucciso la moglie colpendola ripetutamente al capo con un martello, infliggendole almeno sedici colpi, alcuni dei quali quando la vittima era già a terra esanime.

La Corte d'appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado, ritenendo sussistente l'aggravante della crudeltà per il numero elevato di colpi inferti e per la loro prosecuzione anche quando la donna non era più in grado di difendersi, aggiungendo che l'omicidio era avvenuto in presenza della figlia minore della coppia.


Decisione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso nella parte relativa alla ritenuta sussistenza dell'aggravante della crudeltà, ritenendo carente la motivazione sul punto. Il Collegio ha ribadito che l'aggravante non può fondarsi solo sulla mera reiterazione dei colpi: è necessario che emerga con chiarezza, dalla condotta dell'agente, la volontà di infliggere sofferenze gratuite e superflue rispetto al nesso causale con l'evento morte.

La violenza, dunque, per essere qualificata come "crudele", deve esprimere un atteggiamento interiore particolarmente riprovevole, volto ad appagare un impulso sadico o punitivo, e non semplicemente funzionale alla consumazione del reato.

Nel caso di specie, i giudici territoriali non avevano indicato su quali elementi concreti avessero fondato il giudizio di superfluità dei colpi successivi al decesso o alla resa della vittima, omettendo altresì ogni considerazione circa l'effettiva consapevolezza dell'imputato della presenza della figlia minore, elemento valorizzato ai fini della valutazione della malvagità della condotta.


Principio di diritto

È configurabile l'aggravante della crudeltà solo quando il comportamento dell'agente riveli una volontà autonoma e aggiuntiva di infliggere patimenti ulteriori e gratuiti alla vittima, rispetto a quelli già impliciti nell'azione tipica diretta a causarne la morte.

Non è sufficiente la mera reiterazione dei colpi, soprattutto quando essa possa essere ricondotta alla volontà di vincere la resistenza della vittima o di assicurarsi l'esito dell'azione.

Parimenti, ai fini della valorizzazione della presenza di minori come indice di crudeltà, occorre l'accertamento della consapevolezza dell'agente.

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