Sentenze
Indice:
La massima
Nella sentenza n. 38864/21, la Sesta Sezione della Suprema Corte di Cassazione ha affermato che il reato di evasione è delitto di danno, a carattere commissivo e permanente, sicché il momento consumativo coincide con l'allontanamento dal luogo di detenzione, mentre lo stato di consumazione perdura fin quando non viene meno la condizione di evaso. (Conf. Sez. 6, n. 10605 del 02/07/1981, Rv. 151112).
La sentenza
Fatto
B.M., per mezzo del difensore avv. Renato Giuseppe Alfarone, impugna la sentenza della Corte di appello di Milano che ha confermato la decisione del Tribunale di Milano che lo aveva condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione in ordine ai delitti di cui all'art. 81 c.p., comma 2 e art. 385 c.p. per evasione dagli arresti domiciliari alle ore 10,10 e 16,00 del 18 aprile, alle ore 19,20 del 19 aprile, alle ore 18,45 del 20 aprile, alle ore 10,25 del 2 maggio, alle ore 12,10, del 4 maggio ed in data 1 giugno 2017. In particolare, sulla base degli accertamenti corrispondenti alle date ed agli orari di cui all'imputazione effettuati da parte dei Carabinieri addetti al controllo del detenuto agli arresti domiciliari, si accertava che il ricorrente non rispondeva al citofono, venendo poi rintracciato a Milano in data 1 giugno 2017. 2. Il ricorrente deduce quale unico motivo, ex art. 606 c.p.p., lett. e), l'illogica e contraddittoria motivazione della decisione nella parte in cui non ha fornito risposta allo specifico motivo presentato in sede di gravame allorché aveva rappresentato come non fosse possibile, sulla base del solo accertamento effettuato presso l'abitazione di (OMISSIS) ove era agli arresti domiciliari, ritenere che lo stesso avesse commesso ben sette evasioni, alla luce del mancato accertamento in ordine al suo rientro nell'abitazione in epoca successiva ai controlli; evenienza che avrebbe dovuto condurre a ritenere la unicità del reato con allontanamento effettuato il 18 aprile 2017 e terminato al momento del rintraccio.
Diritto
1. Il ricorso è fondato e la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio. 2. Per consolidata e pacifica giurisprudenza il reato di evasione è delitto di danno, a carattere commissivo e permanente e, mentre il suo momento consumativo coincide con l'illegittima conquista della libertà da parte di chi se ne trovi legalmente privato, lo stato di consumazione perdura fino a quando non viene meno la condizione di evaso (Sez. 6, n. 10605 del 02/07/1981, Arcuri, Rv. 151112). Ciò implica che, a seguito dell'allontanamento dal luogo di detenzione, la successiva condotta non assume ulteriore valenza penale, incidendo, al più, su altri elementi del delitto quale il dolo e l'elemento oggettivo. Detta ovvia considerazione ha trovato conferma anche in sentenze di questa Corte che di recente ha evidenziato, in un caso sovrapponibile a quello sottoposto ad esame inerente ad evasione dagli arresti domiciliari, che sussiste pluralità di reati di evasione solo in ipotesi di puntuale accertamento che, dopo ogni singolo allontanamento, il detenuto abbia fatto rientro nel luogo in cui la misura cautelare era in esecuzione (Sez. 6, n. 14401 del 05/11/2020, dep. 2021, Fieschi, Rv. 280879). 3. A fronte di deduzione in sede di gravame con cui si era evidenziato come nessun accertamento fosse stato svolto al fine di provare che il ricorrente, allontanatosi dall'abitazione il 18 aprile 2017, controllato nella stessa giornata e mai trovato in casa in altre quattro occasioni successive, ma rintracciato il successivo 1 giugno 2017 in Milano, fosse mai rientrato in casa, la Corte territoriale non ha fornito corretta e logica risposta, confutando genericamente il rilievo, eminentemente giuridico e teso a negare l'integrazione di plurime ipotesi di evasione, facendo improprio e non pertinente riferimento alla memoria presentata dal ricorrente; atto che, in quanto teso ad accreditare la tesi a mente della quale il ricorrente non avesse sentito il suono del campanello, sarebbe stata idonea a confutare la stessa censura svolta in sede di gravame. Deve rilevarsi come competa all'accusa la dimostrazione della commissione di un reato, non potendo certo fondarsi la stessa sulla base di tesi difensive che, da un canto si presentano neutre rispetto all'oggetto della decisione e non potrebbero da sole essere poste a fondamento di una condanna, salvo che abbiano un contenuto confessorio. Nel caso in esame, invero, oltre a non emergere l'esatta consistenza delle memorie del ricorrente il cui contenuto avrebbe smentito la censura effettuata dalla difesa nei motivi di gravame, memoria che parrebbe tentare di giustificare la mancata risposta al suono del campanello effettuata all'atto del controllo dalla polizia giudiziaria, deve rilevarsi come la stessa non sia per nulla in contrasto con la critica rivolta alla parte della decisione che invece ipotizza un numero di evasioni corrispondenti alle volte in cui è avvenuto il controllo, non potendosi comunque escludere che la giustificazione avesse inteso coprire solo una o alcune soltanto delle ipotesi in cui erano stati effettuati i controlli. Deve allora osservarsi come la sentenza sia carente delle ragioni che hanno condotto a ritenere integrate plurime evasioni senza il previo controllo del relativo rientro in casa, luogo di detenzione, del ricorrente. 4. Ne consegue l'annullamento con rinvio della sentenza alla Corte di appello di Milano che analizzerà l'esatta consistenza della condotta onde accertare se e quante volte si sia allontanato dall'abitazione il ricorrente nell'arco di tempo intercorrente tra il primo controllo ed il successivo rintraccio.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2021. Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2021
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