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Rifiuto dell'alcoltest: sussiste anche in caso di ammissione di aver fatto uso di stupefacenti


Sentenze della cassazione in materia di guida in stato di ebbrezza

La massima

Il reato di rifiuto di accertamenti sanitari, previsto dall'art. 187, comma 8, c. strad., è configurabile anche in caso di ammissione, da parte del conducente, di aver fatto uso di sostanze stupefacenti, non essendo questa in grado di sostituire la portata e la finalità dell'accertamento diagnostico, diretto a verificare il tipo di sostanza e a misurare la rilevanza dell'assunzione (Cassazione penale sez. IV, 28/01/2021, n.20094).

Fonte: Ced Cassazione Penale


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La sentenza

Cassazione penale sez. IV, 28/01/2021, n.20094

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Ancona confermava la decisione del Tribunale di Pesaro con la quale F.L. era stato ritenuto responsabile del reato contravvenzionale di rifiuto di sottoporsi al prelievo di liquidi biologici ai fini dell'effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza nell'organismo di sostanze stupefacenti e psicotrope.


2. Avverso la suddetta pronuncia propone ricorso per Cassazione la difesa dell'imputato denunciando violazione di legge e mancata valutazione di prova decisiva atteso che, a fronte della richiesta di sottoporsi ad esami per l'accertamento della condizione di alterazione, il ricorrente aveva ammesso di avere fatto uso di sostanza stupefacente di talché , accertata la sussistenza della condotta antidoverosa e in particolare riconosciuto lo stato di alterazione, l'esecuzione di accertamento tossicologico mediante il prelievo di liquidi biologici si appalesava inutile, così da escludersi l'elemento soggettivo in capo al F., laddove lo scopo della norma incriminatrice era quello di sanzionare l'ostacolo opposto dal conducente all'accertamento di una condizione di guida pericolosa, ostacolo che nella specie non era stato frapposto.


Sotto diverso profilo evidenziava che nella specie non rilevava neppure l'esigenza dell'accertamento del grado e della intensità della condizione di alterazione, atteso che in relazione alla fattispecie di cui all'art. 187 C.d.S. non si poneva la necessità di individuare il raggiungimento di predeterminati stadi di alterazione, come invece era necessario per l'accertamento della condizione di ebbrezza alcolica, e che la sanzione penale prevista era identica tanto per la condotta di guida in stato di alterazione, quanto per il rifiuto opposto agli accertamenti per verificare la suddetta condizione.


Chiedeva altresì il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. in ragione del modesto disvalore del fatto e del comportamento collaborativo.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato, laddove la richiesta al conducente di un veicolo di sottoporsi agli esami dei liquidi biologici é propedeutico all'accertamento della condizione di alterazione prevista dalla norma incriminatrice, la cui valutazione non può essere rimessa ad un riscontro meramente sintomatico, se del caso avallato dalle ammissioni del conducente rese nell'immediatezza le quali, proprie perché provenienti da persona investigata non possono essere utilizzate nei suoi confronti (art. 63 c.p.p., commi 1 e 2) se non siano assunte con le forme di cui all'art. 350 in relazione all'art. 64 c.p.p., e pertanto con l'assistenza di un difensore, conseguendone altrimenti il divieto di utilizzazione in dibattimento ai sensi dell'art. 350 c.p.p., commi 6 e 7. A tale proposito appare singolare la tesi difensiva secondo cui le dichiarazioni acquisite "spontaneamente" dal soggetto sottoposto ad indagini con le quali egli abbia ammesso di avere consumato sostanza stupefacente, così da potersi desumere che la guida del veicolo sia intervenuta in condizione di alterazione per tale causa, possano essere ritenute "favorevoli" alla posizione del ricorrente (sez. 2, 12.1.2017, Fiolo Rv. 269206-01) e quindi utilizzabili nel giudizio dibattimentale. Una tale dichiarazione infatti integra fonte di prova del reato di cui all'art. 187 C.d.S., comma 1 e dell'illecito amministrativo di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75 ipotesi certamente non meno gravi della ipotesi di cui all'art. 187 C.d.S., comma 8 per cui si procede.


2. In termini generali pertanto non può che ribadirsi quanto già affermato da questo giudice di legittimità, che affrontava un caso identico al presente (sez. 4, 12.6.2018, Antonucci, Rv. 274429): le operazioni descritte dall'art. 187 C.d.S., commi 2, 2 bis, 3, 4 e 5 rientrano nelle attribuzioni degli organi di Polizia Stradale e sono dirette, nella loro sequenza procedurale, dapprima ad acquisire elementi utili per motivare l'obbligo di sottoposizione del conducente agli accertamenti di cui al comma 3, e successivamente a rendere obiettiva evidenza della condizione di alterazione mediante un esame strumentale, il cui esito, come correttamente affermato dal giudice distrettuale, non può essere sostituito dalle ammissioni dell'onerato, in ragione del carattere tecnico e qualitativo dell'accertamento, poiché "ai fini della configurabilità della contravvenzione di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, é necessario che lo stato di alterazione del conducente dell'auto venga accertato attraverso un esame tecnico sui campioni dei liquidi biologici, trattandosi di verifica che richiede conoscenze tecniche specialistiche per la individuazione e per la quantificazione della sostanza" (sez. II, 7.4.2016, Spinelli, Rv. 266521; 21.9.2007, De Rosa, Rv. 237778).


Ne consegue che l'eventuale ammissione del conducente di un veicolo di avere assunto sostanza stupefacente non é in grado di sostituire la portata e le finalità dell'accertamento diagnostico, onde verificare il tipo di sostanza e la rilevanza dell'assunzione, ma al contrario il rifiuto frappone un ostacolo ad un siffatto, completo e obiettivo accertamento ed é , per tale ragione, sottoposto a sanzione penale ai sensi dell'art. 187 C.d.S..


3. Inammissibile risulta infine il secondo motivo di ricorso ai sensi dell'art. 606 cpv. c.p.p. per essere stato proposto per la prima volta dinanzi al giudice di legittimità mentre avrebbe potuto, e dovuto, essere proposto dinanzi al giudice di merito e comunque nei motivi di impugnazione in appello.


4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila Euro in favore della Cassa delle Ammende.


Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.


Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

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