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È inammissibile l'appello trasmesso a mezzo pec privo di firma digitale.

In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, è inammissibile ai sensi dell'art. 24, comma 6-sexies, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, l'impugnazione che, pur essendo stata trasmessa a mezzo posta elettronica certificata, risulti priva di sottoscrizione digitale.

Cassazione penale sez. VI, 22/02/2022, (ud. 22/02/2022, dep. 14/03/2022), n.8604


RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe la Corte di appello di Messina ha dichiarato inammissibile, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 6 septies, convertito dalla L. 28 dicembre 2020, n. 176, il ricorso per cassazione presentato in data 12 aprile 2021 in via telematica dall'avvocato nell'interesse dell'imputato P.A., in quanto privo di sottoscrizione digitale del difensore.


2. L'avv. D. ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l'annullamento, deducendo due motivi di ricorso ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), e, segnatamente:


1) l'inosservanza o l'errata applicazione dell'art. 583 c.p.p., e il vizio di motivazione sul punto.


Rileva il ricorrente che il "mal funzionamento della firma digitale" non avrebbe consentito di sottoscrivere digitalmente il ricorso per cassazione inviato via pec in data 12 aprile 2021 ed eccepisce che l'invio di un documento in formato informatico, anche se privo di sottoscrizione in forma digitale, sarebbe pur sempre equivalente alla proposizione dell'impugnazione a mezzo posta, consentita dall'art. 583 c.p.p..


2) l'inosservanza o l'errata applicazione dell'art. 175 c.p.p., e il vizio di motivazione sul punto.


Si duole il ricorrente che il provvedimento impugnato non menzionerebbe la nota depositata in data 13 aprile 2021 presso la Cancelleria della Corte appello di Messina, nella quale la difesa aveva chiesto la rimessione in termini in ragione dell'impossibilità di sottoscrivere digitalmente l'atto di impugnazione.


3. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, conv. dalla L. n. 176 del 2020.


4. Il Procuratore Generale, con requisitoria del 7 febbraio 2022, ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.


Con memoria del 17 febbraio 2022, il difensore del ricorrente ha chiesto l'accoglimento del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi nello stesso proposti sono manifestamente infondati.


2. Con il primo motivo il ricorrente censura la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), in relazione all'art. 583 c.p.p..


Deduce il ricorrente che il "mal funzionamento della firma digitale" non avrebbe consentito al difensore di sottoscrivere digitalmente il ricorso per cassazione inviato via pec in data 12 aprile 2021, ma la sottoscrizione digitale prevista dall'art. 24 del D.L. 137 del 2020 non avrebbe abrogato l'art. 583 c.p.p., che pur sempre consente la spedizione dell'atto a mezzo di raccomandata.


Rileva il ricorrente che la trasmissione di un documento in formato informatico, anche se non sottoscritto digitalmente ma solo analogicamente, come nel caso di specie, sarebbe equivalente alla notifica a mezzo posta dell'atto medesimo, espressamente consentita per gli atti di impugnazione dall'art. 583 c.p.p..


3. Il motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.


Pienamente conforme alla disciplina di legge e', infatti, la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto in via telematica in ragione della mancata sottoscrizione in forma digitale dell'atto.


Il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 6 sexies, conv. con modificazioni dalla L. n. 176 del 2020, stabilisce, infatti, che, nel caso di proposizione dell'atto di impugnazione mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata, l'impugnazione è inammissibile "quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore".


Tale disposizione rinvia espressamente al precedente comma 6-bis del medesimo articolo, che detta le modalità di proposizione dell'atto di impugnazione e richiede in particolare che "l'atto in forma di documento informatico" sia "sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati".


La sottoscrizione in forma digitale dell'atto e', dunque, espressamente richiesta dal legislatore a pena di inammissibilità e nessuna sanatoria può intervenire sul punto.


In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, e', pertanto, inammissibile l'atto che, pur essendo stata ritualmente trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, risulti priva di sottoscrizione digitale (Sez. 6, n. 26313 del 03/06/2021, E., 281537, con riferimento al deposito di una memoria difensiva).


4. Con il secondo motivo il ricorrente censura l'inosservanza della legge processuale, in relazione all'errata applicazione dell'art. 175 c.p.p., e il vizio di motivazione sul punto.


Si duole il ricorrente che il provvedimento impugnato non menzionerebbe la nota depositata in data 13 aprile 2021 presso la Cancelleria della Corte appello di Messina, nella quale la difesa aveva chiesto la rimessione in termini in ragione dell'impossibilità di sottoscrivere digitalmente l'atto di impugnazione.


Deduce, inoltre, il ricorrente che il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 2 bis, prevede il malfunzionamento del processo penale telematico e che a tale evenienza dovrebbe essere equiparato il "mal funzionamento della firma digitale"; questo accadimento, essendo imprevisto e imprevedibile, integrerebbe, infatti, il caso fortuito o la forza maggiore idonea a fondare la remissione in termini di cui all'art. 175 c.p.p..


5. Il motivo è inammissibile per aspecificità.


Secondo un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, ma può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive (ex plurimis: Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 - 01; Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, Capezzuto, Rv. 276199 - 03; Sez. 4, n. 18325 del 09/01/2018, Mascaro, Rv. 272739 - 01; Sez. 6, n. 269 del 05/11/2013, dep. 2014, Cattafi, Rv. 258456 - 01).


Il vizio di motivazione non può, dunque, essere utilmente dedotto in Cassazione sol perché il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiché ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità. Esso è configurabile, invece, unicamente quando gli elementi trascurati o disattesi abbiano un chiaro ed inequivocabile carattere di decisività, nel senso che una loro adeguata valutazione avrebbe dovuto necessariamente portare, salvo intervento di ulteriori e diversi elementi di giudizio, ad una decisione più favorevole di quella adottata (e multis: Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, Perna, Rv. 267723 - 01; Sez. 1, n. 6922 del 11/05/1992, Cannarozzo, Rv. 190572).


La parte che deduce l'omessa valutazione di memorie difensive ha, pertanto, l'onere di indicare, pena la genericità del motivo di impugnazione, l'argomento decisivo per la ricostruzione del fatto contenuto nelle memorie e non valutato dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. n. 24437 del 17/01/2019, Armeli, Rv. 276511 - 01).


Nel caso di specie, tuttavia, il ricorrente, nel denunciare l'omessa valutazione della memoria presentata in data 13 aprile 2021, non ha illustrato, né documentato il "mal funzionamento della firma digitale" che adduce e che avrebbe determinato l'impossibilità di sottoscrivere il ricorso per cassazione proposto in via telematica.


Questa carenza preclude in radice alla Collegio di verificare la decisività o meno dell'argomento proposto nella memoria pretermessa, rendendo generico il motivo di ricorso.


6. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.


In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila Euro in favore della Cassa delle Ammende.


PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2022.


Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2022



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