
Con la sentenza n. 7500/2025, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto in tema di decorrenza dei termini di custodia cautelare nei reati continuati e di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990): i termini massimi di custodia cautelare non decorrono dalla prima ordinanza di custodia se il reato associativo prosegue dopo l’arresto per un reato fine connesso.
La decisione ha rigettato il ricorso di G., che chiedeva la scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di carcerazione preventiva, sostenendo che la sua custodia dovesse decorrere dalla data del primo arresto per un reato connesso, e non dalla successiva ordinanza per il reato associativo.
Il caso: richiesta di scarcerazione per decorrenza termini e reato associativo
L’imputato, Giuseppe Bonanno, era stato destinatario di due provvedimenti cautelari:
21 luglio 2017 – Arrestato in flagranza per detenzione illecita di sostanze stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/1990) nell’ambito del procedimento n. 4463/2017.
4 maggio 2021 – Nuova ordinanza di custodia cautelare per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990) e altri episodi di spaccio commessi tra il 24 maggio e il 18 luglio 2017, nell’ambito del procedimento n. 563/2017.
Il Tribunale di Messina e il Riesame avevano rigettato la richiesta di scarcerazione, ritenendo che la custodia cautelare dovesse decorrere dalla seconda ordinanza del 2021, e non dal primo arresto del 2017.
L'indagato ha quindi presentato ricorso per Cassazione, sostenendo:
Violazione dell’art. 297 c.p.p. sulla decorrenza dei termini di custodia cautelare
La difesa sosteneva che, essendo stata riconosciuta la continuazione tra i reati dalla Corte d’Appello, la durata massima della custodia avrebbe dovuto calcolarsi dal primo arresto del 2017.
Errata esclusione del divieto di contestazione a catena
La nuova ordinanza del 2021 riguardava fatti già noti nel 2017, quindi la custodia cautelare non poteva ripartire da zero, ma doveva essere computata unitariamente con quella già scontata.
Il reato associativo non poteva essere utilizzato per aggirare i termini massimi di custodia
Il reato associativo (art. 74 D.P.R. 309/1990) era stato contestato solo successivamente, ma le condotte oggetto dell’accusa erano già oggetto di indagine nel 2017.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che:
La decorrenza dei termini di custodia cautelare segue la cronologia dei reati contestati
Il reato associativo è un illecito permanente, quindi il termine massimo di custodia inizia a decorrere dalla contestazione più recente, se il reato si è protratto nel tempo.
L’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti era contestata fino al luglio 2018, quindi la custodia cautelare non poteva essere computata dal 2017.
Il divieto di contestazione a catena non si applica ai reati associativi che si protraggono nel tempo
Il principio di contestazione a catena si applica solo quando la seconda ordinanza riguarda fatti già pienamente noti all’epoca della prima misura cautelare.
Nel caso di specie, l’ordinanza del 2021 riguardava un reato che si era protratto fino al 2018, quindi non vi era alcuna illegittima frammentazione dell’accusa.
L’unitarietà del reato continuato non comporta automaticamente l’unificazione dei termini di custodia
Il riconoscimento della continuazione tra i reati ai fini della pena (art. 81 c.p.) non comporta che i termini di custodia cautelare siano retrodatati.
I termini decorrono separatamente per ciascun procedimento, salvo che il secondo provvedimento cautelare sia stato adottato per gli stessi identici fatti già contestati.
L’erronea applicazione dei termini di custodia cautelare non può essere dedotta in Cassazione senza una specifica prova
La Cassazione ha ribadito che, per ottenere la riduzione dei termini massimi di custodia cautelare, la difesa deve provare che i fatti erano interamente noti all’epoca della prima misura.
Nel caso in esame, la difesa non ha dimostrato che tutti gli elementi della contestazione del 2021 fossero già desumibili nel 2017.
Conclusioni
La sentenza afferma in materia di custodia cautelare nei reati di associazione per delinquere e reati continuati:
La custodia cautelare per il reato associativo decorre dalla data dell’ultima contestazione, non da quella del primo arresto per un reato connesso.
Il divieto di contestazione a catena non si applica quando il reato associativo si è protratto nel tempo, perché in tal caso la nuova ordinanza di custodia è giustificata.
L’unificazione della pena per continuazione non implica l’unificazione dei termini di custodia cautelare, che devono essere valutati separatamente.
Le difese devono dimostrare in modo rigoroso che il secondo provvedimento cautelare riguarda fatti già noti e non nuovi sviluppi dell’indagine.