Falsa testimonianza e causa di non punibilità ex art. 384 c.p.: necessaria la concreta esposizione a rischio di autoincriminazione (Cass. Pen. n. 19130/25)
- Avvocato Del Giudice
- 25 mag
- Tempo di lettura: 5 min

1. Premessa
La sentenza in commento affronta il tema della falsa testimonianza e delle cause di non punibilità, con particolare riferimento all'applicazione dell'art. 384 cod. pen.
L'assoluzione dell'imputato da parte del Tribunale di Reggio Calabria, fondata sulla presunta esigenza di tutelare sé medesimo da un grave nocumento all'onore, è stata oggetto di ricorso da parte del Pubblico Ministero.
La Corte di Cassazione annulla la sentenza, evidenziando l'insufficienza della motivazione e la mancanza dei presupposti per l'applicazione della causa scriminante.
2. I fatti oggetto del giudizio
Il procedimento trae origine dalla deposizione resa da Fa.Ca. nel processo a carico di As.An., imputato per detenzione di armi e stupefacenti. Al teste veniva contestato di aver reso dichiarazioni reticenti e contraddittorie, in ordine alla conoscenza dell'immobile nel quale erano stati rinvenuti i materiali illeciti e alla frequentazione dello stesso con l'imputato. Il Tribunale, pur riconoscendo l'infedeltà della testimonianza, ha assolto l'imputato in base all'art. 384 c.p., ritenendo che lo stesso fosse motivato dal timore di un pregiudizio personale.
3. Il principio di diritto richiamato dalla Cassazione
Con motivazione puntuale, la Corte di legittimità richiama l'interpretazione costante secondo cui la causa di non punibilità ex art. 384 c.p. presuppone che il soggetto si trovi in una situazione di necessità attuale ed inevitabile di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave pregiudizio nella libertà o nell'onore, e che la condotta penalmente rilevante costituisca l'unico mezzo possibile per evitare tale nocumento.
In particolare, nel caso della falsa testimonianza, la Corte ribadisce quanto già affermato da Sezioni Unite Fialova (n. 10381/2020): il testimone può invocare l'art. 384 c.p. solo laddove sia concretamente esposto al rischio di auto-incriminazione. La mera reticenza, se non accompagnata da una effettiva esposizione ad indagine o ad accusa, non giustifica l'applicazione della causa scriminante.
4. Il difetto motivazionale nella sentenza assolutoria
Il Tribunale di merito, secondo quanto osservato dalla Cassazione, non ha indicato alcun elemento che potesse configurare a carico del testimone una situazione di concreto pericolo di essere chiamato a rispondere penalmente. La decisione, pertanto, è risultata apodittica: nessun riferimento è stato fatto a ipotetici reati di cui Fa.Ca. avrebbe potuto essere accusato, né è stata spiegata la correlazione tra le domande poste e il pericolo di autoincriminazione.
5. L'autonomia dell'obbligo di verità e il principio di inesigibilità
La sentenza ribadisce che l'art. 384 c.p. si fonda sul principio di inesigibilità, ma la sua applicazione richiede un rigoroso accertamento della situazione concreta. Il testimone è gravato dall'obbligo di verità, e solo un effettivo pericolo di autoincriminazione può giustificare una condotta altrimenti penalmente rilevante. In assenza di tale rischio, la menzogna non trova copertura nella scriminante.
6. Conclusioni
La pronuncia in esame riafferma l'esigenza di un accertamento puntuale e non meramente ipotetico della situazione di pericolo, quale presupposto imprescindibile per la configurabilità della causa di non punibilità.
Ne deriva un monito per i giudici di merito: non è sufficiente evocare genericamente un possibile danno all'onore per giustificare la menzogna del testimone, ma occorre verificare, alla luce del materiale probatorio, se la verità avrebbe realmente esposto l'agente a responsabilità penale.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. VI, 16/04/2025, (ud. 16/04/2025, dep. 22/05/2025), n.19130
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Reggio Calabria ha assolto Fa.Ca. per non aver commesso il fatto, applicandogli la causa di non punibilità di cui all'art. 384 cod. pen. in relazione al delitto di falsa testimonianza, commesso dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria all'udienza del 14 maggio 2019 nel procedimento a carico dell'amico As.An.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria deducendo due motivi di ricorso.
2.1. Violazione dell'art. 384 cod. pen. avendo la sentenza impugnata applicato la causa di non punibilità in assenza dei presupposti stabiliti dalla norma per come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di legittimità. Infatti, nessuna contestazione era stata mossa a Fa.Ca. anche perché le attività su cui egli avrebbe dovuto deporre, svolte con As.An., erano del tutto lecite cosicché in ordine alle sue dichiarazioni non sarebbe derivato alcun pregiudizio al suo onore o alla sua libertà.
2.2. Vizio di motivazione in quanto la sentenza impugnata, in termini apodittici, ha ritenuto che le dichiarazioni false e reticenti rese da Fa.Ca. fossero volte ad evitare un'accusa penale senza spiegare per quale ipotetico delitto.
3. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell'art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020 per come prorogata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Va premesso che dal capo di imputazione elevato a carico di Carmelo Fa.Ca. per il delitto di falsa testimonianza risulta che questi fosse tenuto a deporre nel processo penale a carico di As.An. "in merito alle circostanze relative alla scoperta dell'immobile in stato di abbandono sito in Via (Omissis), località R, al cui interno erano state rinvenute le armi e la sostanza stupefacente nonché in merito alle caratteristiche dello stesso e alle occasioni in cui il Fa.Ca., insieme all'As.An. o a terzi si recava in detta abitazione" e nel corso della testimonianza dinnanzi al Tribunale Collegiale di Reggio Calabria avesse reso una testimonianza reticente e contraddittoria.
Come correttamente sostenuto dal ricorrente, e ulteriormente argomentato nella requisitoria del Procuratore generale, nessuna delle circostanze oggetto della deposizione di Fa.Ca. rendeva ipotizzabile una sua auto-incriminazione, riguardando esclusivamente le condizioni dell'immobile, le occasioni e i soggetti con cui vi si era recato, dunque elementi del tutto estranei al rinvenimento di armi e stupefacenti contestato all'amico.
Né emerge dalla motivazione della sentenza impugnata che, al momento dell'escussione di Fa.Ca., fosse emerso alcun elemento, anche meramente indiziario, sulla cui base supporre l'assunzione della qualifica di imputato di un qualsiasi reato, né vi erano ragioni per ritenere che il teste potesse essere obbligato a deporre su fatti dai quali emergesse la sua responsabilità penale.
3. L'art. 384 cod. pen. sancisce la non punibilità di colui che abbia commesso alcuno dei delitti previsti dagli artt. 361, 362,363, 364,365,366,369,371-bis, 371-ter, 372,373,374 e 378 c.p., "per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore" e trova la propria ragion d'essere nel principio dell'inesigibilità di condotte giuridiche autolesive (tra le tante, Sez. 6, n. 7006 del 08/01/2021, Di Sanzo, Rv. 280840) che altera le motivazioni dell'agente nella consumazione del delitto e abbassa la pretesa statuale di pretendere da quel medesimo soggetto la conformità ad una condotta giuridicamente lecita.
La struttura della causa di esclusione della punibilità (Sez. U, n. 10381 del 26/11/2020, dep. 2021, Fialova, Rv. 280574), per come delineata dalla Corte di legittimità, deve rendere il comportamento astrattamente illecito, in relazione alle circostanze oggettive del caso concreto, l'unica opzione per scongiurare pregiudizi in capo al soggetto attivo o ai suoi prossimi congiunti.
In relazione alla falsa testimonianza il giudice deve accertare soltanto che di fronte all'obbligo giuridico di dire la verità la persona sia tenuta a scegliere tra autoincriminarsi o mentire.
4. Il Tribunale nel ritenere che la condotta reticente dell'imputato e le sue contraddittorie dichiarazioni fossero coperte dall'art. 384 cod. pen. non si è attenuto, come dovuto, a detti principi di diritto non emergendo dalla motivazione della sentenza impugnata in quali termini, a fronte delle domande poste al testimone, egli si trovasse nel concreto pericolo di autoincriminazione per un delitto che, infatti, non è stato neanche indicato.
5. Alla stregua degli argomenti che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria, in diversa persona fisica non solo per accertare la configurabilità dell'art. 384 cod. pen. nei termini delineati, ma anche per verificare la configurabilità della stessa condotta di falsa testimonianza che ne costituisce il presupposto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria, in diversa persona fisica.
Così deciso in Roma il 16 aprile 2025.
Depositata in Cancelleria il 22 maggio 2025.