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Il giudizio abbreviato: Gli atti utilizzabili e le nullità non sanabili.


 

L'imputato, con la scelta del giudizio abbreviato, in cambio di un trattamento sanzionatorio più favorevole in caso di condanna ed accettando di esercitare il proprio diritto alla difesa nelle forme più limitate, previste per l'udienza preliminare, conferisca al giudice il potere di definire il processo allo stato degli atti, senza, quindi, l'osservanza delle prescrizioni imposte per il dibattimento.

Ne consegue che al suddetto giudizio non è riferibile il divieto di utilizzazione degli atti indicati nell'art. 514 c.p.p. (letture vietate).

Del resto, se così fosse, sarebbe privo di significato il riferimento "allo stato degli atti", in quanto esso ha per oggetto proprio la documentata attività della P.G. e del P.M. (cosi, Cass. sez. VI, 29-11-1991, n. 12216, (...)).

La piena utilizzabilità di tali atti, che trova un limite soltanto nelle prove illegittimamente acquisite, (arg. ex art. 191 c.p.p.) impone, in ogni caso, al giudice di sottoporre le risultanze degli atti contenuti nel fascicolo del P.M. ad un'attenta analisi e ad una valutazione critica in modo da stabilirne la esatta valenza probatoria (cfr. Cass. sez. V, 15/7/91, n. 7604, Pe.).

La inutilizzabilità cosiddetta "patologica", rilevabile, a differenza di quella cosiddetta "fisiologica", anche nell'ambito del giudizio abbreviato, costituisce un'ipotesi estrema e residuale, ravvisabile solo con riguardo a quegli atti la cui assunzione sia avvenuta in modo contrastante con i principi fondamentali dell'ordinamento o tale da pregiudicare in modo grave ed insuperabile il diritto di difesa dell'imputato, (così, Cass. Sez. III, sent. n. 6757 del 24-01-2006, ud. del 24-01-2006, Gatti, rv. 233 106).

Nel giudizio abbreviato, l'imputato non può far valere le nullità a regime intermedio attinenti agli atti propulsivi e introduttivi del rito, né sollevare l'eccezione d'incompetenza per territorio, pur se in precedenza già proposta e disattesa, perché egli ha accettato di essere giudicato con un rito in cui manca il segmento processuale dedicato alla trattazione e risoluzione delle questioni preliminari (così, Cass. Sez. VI, sent. n. 33519 del 04-05-2006 (ud. del 04-05-2006), (rv. 234392).

Tale conclusione, frutto di una lunga elaborazione giurisprudenziale, risulta oggi positivizzata dall'inserimento del co. 6 bis di cui all'art. 438 c.p.p., che riconosce alla richiesta di giudizio abbreviato presentata nell'udienza preliminare efficacia preclusiva alla deducibilità, sia delle "nullità, sempre che non siano assolute", sia delle "inutilizzabilità, salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio". Allo stesso modo, la scelta del rito speciale preclude "ogni questione sulla competenza per territorio del giudice". Si tratta - come detto - del pedissequo recepimento di esegesi più che consolidate in giurisprudenza, tanto rispetto alla nullità che alla inutilizzabilità.

Il legislatore fa propri gli approdi delle Sezioni Unite, le quali, dopo un lungo dibattito giurisprudenziale e già all'indomani delle modifiche introdotte dalla L. n. 479/1999, avevano stabilito che la richiesta di giudizio abbreviato non rappresenta una rinuncia a dolersi dell'invalidità degli atti probatori formati contralegem e su cui il giudice può fondare la decisione.

È vero che l'abbreviato è un giudizio "a prova contratta", un patteggiamento sul rito che definisce la res iudicanda in una fase diversa da quella dibattimentale e sulla base di atti normalmente sprovvisti di valore probatorio.

Nondimeno, per il giudice di legittimità, la portata abdicativa di tale negozio processuale non può investire quegli elementi di conoscenza formati in violazione di divieti stabiliti dalla legge (la c.d. inutilizzabilità patologica desumibile dall'art. 191, co. I, c.p.p.) e che in nessuna delle fasi processuali sarebbero in grado di sorreggere una decisione giurisdizionale, di qualunque tipo essa sia.

Il riferimento agli "atti utilizzabili", quale base conoscitiva del giudice per le sue determinazioni, è espressione del principio di legalità della prova, un principio di portata generale, valido anche in caso di richiesta semplice, applicabile ad ogni "situazione patologica che non debba intendersi sanata in virtù dell'ordinario regime giuridico".

Nel giudizio abbreviato, poiché il negozio introduttivo attribuisce agli atti dell'indagine preliminare un valore probatorio del quale sono fisiologicamente sprovvisti quando il giudizio stesso sia condotto nelle forme ordinarie, non è applicabile la regola di valutazione (fissata al comma 4 dell'art. 111 Cost. e per il dibattimento al comma I-bis dell'art. 526 c.p.p.) per la quale la colpevolezza dell'imputato non può essere affermata in base a dichiarazioni rese da persona volontariamente sottrattasi all'interrogatorio da parte dello stesso imputato o del suo difensore (in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto utilizzabili le dichiarazioni di natura testimoniale rese in fase di indagini preliminari da persona in seguito resasi irreperibile, e dunque non potuta interrogare nell'ambito dell'incidente probatorio promosso prima del rito abbreviato, specificando che tale regime è giustificato dal comma 5 dell'art. 111 Cost.: così Cass. Sez. III, sent. n. 7432 del 26-02-2002, ud. del 15-01-2002, Deda, rv 221489).


 

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