Con la sentenza in argomento, il Tribunale di Pescara ha affermato che "nelle ipotesi di vendita on line, proprio in virtù dell'impossibilità di accertare, tramite una visione diretta, l'esistenza del bene offerto, l'acquirente è certamente in grado di valutare - alla stregua della media diligenza - come rischiosa l'operazione, e dunque ben può sottrarsi alle possibili conseguenze negative, adottando tutti gli altri strumenti che sorreggono il consumatore nelle vendite on line, quale ad esempio quella di imporre, ove possibile, il pagamento in contrassegno della merce, ovvero adottare comunque dei sistemi particolari di pagamento che garantiscono il rimborso in caso di mancata ricezione della merce (c.d. pagamenti Paypal), sistemi che neutralizzano il rischio per l'acquirente e rendono irrilevante la circostanza che il venditore non sia rintracciabile e/o non abbia mostrato prima la merce all'acquirente".
Ed ancora: "Sul punto va precisato che, sebbene la scarsa diligenza della persona offesa non escluda l'idoneità degli artifizi utilizzati dall'autore di una truffa (cfr. Cass. 43706/16), la mancata adozione di tali contromisure palesa l'equilibrio contrattuale delle parti o, quantomeno, la volontà della persona offesa di accettare una trattativa in condizioni di parità, situazione questa che, all'evidenza, esclude la ricorrenza di una minorata difesa".
Tribunale Pescara, 20/01/2022, (ud. 05/11/2021, dep. 20/01/2022), n.2705
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto del 12.03.2019, il GUP del Tribunale di Pescara ha disposto il giudizio di Ba.Yu. e Ve.Th., per rispondere dei reati trascritti in epigrafe.
All'udienza del 8.7.2019, verificata la correttezza delle notifiche e dichiarata l'assenza degli imputati, è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti. All'udienza del 22.1.2020 verificata la presenza dei testi del PM, sono stati ascoltati i testi Ca.Fr. e Be.Fr..
In pari data il PM ha depositato copia del documento d'identità esibito al teste e chiedeva ai sensi dell'art. 507 c.p.p. l'esame del teste Ma.Ve. in servizio presso Polizia di Stato di Parma.
Il Tribunale rilevata l'assoluta necessità dell'integrazione istruttoria richiesta ha disposto la citazione del teste Ma.Ve..
All'udienza del 15.2.2021, è stato ascoltato il teste Ma.Ve. in servizio presso la Polizia di Stato - Parma.
In pari data il PM ha depositato la documentazione relativa all'attivazione della postepay e cartellino anagrafico relativo al Ve.Th. di Città di Montesilvano.
All'udienza del 5.11.2021, esaminato l'imputato Ba.Yu., esaurita la discussione, il Tribunale ha pronunciato sentenza come da dispositivo del quale è stata data immediata lettura in aula.
L'istruzione espletata ha dato parziale riscontro alla prospettazione accusatoria nei seguenti termini.
Con riferimento ai capi C) D) ed E) dell'imputazione, contestati al solo Ve.Th., deve dichiararsi l'estinzione degli stessi, essendo decorso il termine di prescrizione (trattasi di fatti commessi il 29.1.2014, prescritti, al più tardi, il 29.6.2021).
Quindi, poiché dagli atti non emergono elementi che rendano evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, non rimane al Tribunale che constatare l'intervenuta prescrizione degli stessi e quindi dichiarare non doversi procedere nei confronti degli odierni imputati. Quanto ai capi A) e B) dell'imputazione, è emersa la seguente ricostruzione dei fatti. Nel febbraio del 2015 Ca.Fr., avendo visto su un sito internet un annuncio di suo interesse, relativo alla vendita di una macchina fotografica, contattava l'inserzionista sul numero di telefono n. (…) indicato sul sito e concordava con il venditore l'acquisto del bene per il prezzo di Euro 400,00 che provvedeva a corrispondere tramite bonifico bancario sulla carta postepay identificata dall'IBAN (…), in favore di tale Ba.Gi.
Nonostante l'avvenuta corresponsione del prezzo, il Ca. non riceveva la macchina fotografica e non riusciva a mettersi in contatto con il venditore, (v. deposizione dell'udienza del 22.1.2020 resa dal teste Ca.).
Il teste Be.Fr. ha riferito di essere stato vittima di un "furto d'identità", precisando di aver ricevuto chiamate telefoniche da parte di persone che asserivano di aver avuto con lui trattative commerciali e di essere stato truffato.
Il teste dichiarava di aver potuto osservare, nel corso di altro procedimento, lo stesso documento d'identità, acquisito in copia agli atti del presente procedimento e a lui esibito, nel quale erano riportati i suoi dati anagrafici, in parte esatti, mentre l'effigie fotografica era riferibile ad altro soggetto. La carta d'identità in questione, identificata dal numero (…), apparentemente emessa dal comune di Chieti, evidentemente, è falsa, non essendo mai stata rilasciata la Be..
Il teste Ma.Ve., viceispettore di PS in forza alla polizia Postale di Parma, ha riferito di aver acquisito, a seguito della denuncia del Ca., la documentazione di attivazione della carta postepay identificata dall'IBAN indicato dal querelante, e dal n. (…), rilasciata a Ba.Yu. dall'Ufficio Postale n. 4 di Pescara, previa esibizione al funzionario della carta d'identità (…).
Quanto all'utenza telefonica utilizzata per i contatti con il Ca., apparentemente intestata al Ba., il teste specificava che la carta d'identità esibita all'atto dell'attivazione recava l'effigie del Ve.Th..
Il Ba.Yu., esaminato all'udienza del 5.11.2021, ha confermato di aver attivato, per conto di terzi, esibendo il proprio documento d'identità, la postepay in questione, ma han negato di aver posto in essere la truffa per cui è processo. Ha precisato di essersi trovato costretto dalla condizione di tossicodipendenza e di astinenza, a procacciarsi il denaro necessario a finanziarie la propria dipendenza anche con tali mezzi e di essersi disinteressato dell'utilizzo che veniva fatto delle carte postepay a lui intestate.
Ha dichiarato di essere inserito in un percorso di recupero, ancora in atto, con esiti positivi (come confermato dalla documentazione in atti).
All'esito dell'istruzione espletata, può affermarsi la responsabilità del Ba.Yu. per il reato di cui al capo A) dell'imputazione.
Invero, può dirsi provato che il Ca. sia stato indotto in errore dal raggiro perpetrato dal venditore, il quale, ha simulato la disponibilità del bene oggetto dell'annuncio pubblicato (ovvero ha simulato la propria disponibilità a cederlo), peraltro, utilizzando un'utenza telefonica intestata a soggetto diverso, presentandosi con un nome parzialmente diverso, così rendendo particolarmente difficoltosa la sua identificazione.
Dall'induzione in errore del Ca. è discesa la disposizione patrimoniale effettuata da quest'ultimo in favore del Ba.Yu., il quale ha ricevuto, sulla sua carta postepay, il prezzo pattuito, ponendo in essere l'ultima frazione della condotta di truffa di cui all'imputazione. Ne segue che lo stesso deve essere condannato per il reato ascrittogli, non risultando verosimile l'ipotesi che lo stesso non fosse, al momento dei fatti, nella disponibilità della carta (essendo all'uopo insufficiente la sua dichiarazione e la successiva condotta, pure commendevole, di rinuncia al profitto di truffe confluito sui altra postepay, non nella sua disponibilità, del quale egli aveva saputo successivamente, a disintossicazione già iniziata e quando era detenuto). Quanto a Ve.Th., la mera disponibilità dell'utenza utilizzata per commettere truffa in esame è insufficiente a fondarne la responsabilità, non consentendo di ritenere provata li sua partecipazione all'attività di fraudolenta di cui all'imputazione.
Ve.Th., pertanto, deve essere mandato assolto dal reato ascrittogli al capo a dell'imputazione per non aver commesso il fatto.
Entrambi gli imputati, infine, debbono essere assolti dal reato di cui al capo B) dell'imputazione, atteso che la circostanza che la sostituzione di persona, certamente sussistente, atteso che Ba.Gi. non risulta esistente, non risulta imputabile agli stessi, in assenza di emergenze istruttorie a supporto di tale ipotesi.
Quanto al capo A) dell'imputazione, con riferimento alla posizione di Ba.Yu., deve escludersi la sussistenza dell'aggravante contestata ai sensi dell'art. 61 n. 5 c.p.. Invero, nei casi di vendita online, occorre rilevare che, secondo un recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, essa sarebbe riscontrabile "con riferimento alle circostanze di luogo, note all'autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell'art. 61, n. 5, cod. pen., abbia approfittato, nell'ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti "on-line", poiché, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima e quello in cui, invece, si trova l'agente determina una posizione di maggior favore di quest'ultimo, che può facilmente schermare la sua identità, fuggire e non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente" (Cass. Sez. II, 43706/16). Tale ricostruzione si presta a delle obiezioni di natura logica.
La sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 5 c.p., in relazione all'art. 640 c.p., dipenderebbe dalla distanza "fisica" intercorrente tra il venditore ed il compratore, in quanto, le trattative ed il perfezionamento dell'accordo, non possono avvenire tramite incontro diretto tra le parti, come nel caso di vendita al dettaglio, vendita fuori dai locali commerciali ovvero la vendita cosiddetta "porta a porta" (ipotesi questa, tra l'altro, in cui il compratore non sempre ha la certezza che il venditore abbia la disponibilità della res poiché quest'ultimo potrebbe presentare i propri prodotti tramite cataloghi o prontuari) e tale condizione farebbe scattare de plano l'ipotesi aggravata.
Ora, tale posizione stride con il tenore letterale dell'art. 640 c.p. e con la descrizione che tale norma fa della condotta - "chiunque, con artifizi e raggiri …"; con il rischio di creare una situazione in cui si espande la portata dell'offensività della condotta e di confondere il raggiro, consistito proprio nel mostrare un oggetto in realtà inesistente, con la stessa aggravante, attribuendo in tal modo al medesimo dato una duplice funzione, sia quella di elemento tipico della fattispecie delittuosa (l'artificio), sia di dato costituente l'aggravante. Il fatto che l'agente decida di usare la vendita online per nascondere la propria identità (ovvero, come spesso accade, senza servirsi di tale espediente), per sfruttare l'impossibilità del soggetto acquirente di accertare l'effettiva disponibilità della res, integra, da solo, la condotta di artifizi e raggiri di cui all'art. 640 c.p.
Secondo parte maggioritaria della giurisprudenza, la circostanza di cui all'art. 61 n. 5 c.p., che trova applicazione quando l'agente abbia tratto vantaggio dalla situazione, presuppone la ricorrenza di alcuni elementi (le condizioni di tempo di luogo o di persona) che facilitino all'agente la commissione del reato, incidendo dunque sulla capacità difensiva della vittima, in modo da intralciarne qualsiasi possibile reazione.
Va aggiunto che, ai fini della sussistenza dell'aggravante, la ricorrenza delle condizioni richiamate dal legislatore non costituisce presupposto sufficiente per la sua applicazione, occorrendo verificare se le stesse abbiano assunto, in relazione al singolo episodio, un effettivo ostacolo per la vittima facilitando in concreto l'azione delittuosa dell'agente. Il percorso interpretativo sistematicamente percorso dalla giurisprudenza è dunque volto a verificare se il contesto, pur astrattamente determinante una posizione di squilibrio tra parti, abbia nel concreto costituito un effettivo ostacolo per la parte offesa e dunque abbia concretamente facilitato l'azione delittuosa.
Il giudice, infatti, è tenuto a valutare in che misura le circostanze di tempo, di luogo e di persona abbiano dilatato la portata dell'offensività della condotta del soggetto agente: "la valutazione della sussistenza dell'aggravante della minorata difesa va operata dal giudice, caso per caso, valorizzando situazioni che abbiano ridotto o comunque ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo, pur senza renderla del tutto o quasi impossibile, agevolando in concreto la commissione del reato" (Cass. pen. Sez. II, 14-11-2013, n. 6608)". Per permettere una simile valutazione, non può essere condivisa la posizione che concepisce la truffa on line come sempre aggravata dall'approfittamento della situazione di distanza fisica tra i contraenti.
Risulta evidente come l'accoglimento di tale opzione interpretativa postuli un accertamento meramente oggettivo dell'aggravante in parola, posto che il giudice, dalla mera distanza tra le parti nella fase delle trattative, dovrebbe sistematicamente affermare la sussistenza di una minorata difesa, sconfessando in tal modo il consolidato orientamento giurisprudenziale che impone al giudice una valutazione in concreto, caso per caso, al fine di appurare se effettivamente, rispetto ad una situazione tipo, ricorrano ulteriori elementi indicativi di una limitata capacità difensiva da parte della vittima tale da facilitare (e non dunque semplicemente realizzare) la truffa a proprio danno (cfr. Cass. 3058/11 e 10135/15 che hanno ravvisato l'integrazione della condotta fraudolenta prevista dall'art. 640 c.p. in quella di chi si accredita sul sito "(…)" e pone in vendita un bene, ricevendo il corrispettivo senza procedere alla consegna di esso e rendendo difficile la possibilità di risalire al venditore, individuando, quindi, nelle modalità utilizzate nelle trattative, la condotta del reato non aggravato). A ciò aggiungasi che, nelle ipotesi di vendita on line, proprio in virtù dell'impossibilità di accertare, tramite una visione diretta, l'esistenza del bene offerto, l'acquirente è certamente in grado di valutare - alla stregua della media diligenza - come rischiosa l'operazione, e dunque ben può sottrarsi alle possibili conseguenze negative, adottando tutti gli altri strumenti che sorreggono il consumatore nelle vendite on line, quale ad esempio quella di imporre, ove possibile, il pagamento in contrassegno della merce, ovvero adottare comunque dei sistemi particolari di pagamento che garantiscono il rimborso in caso di mancata ricezione della merce (c.d. pagamenti Paypal), sistemi che neutralizzano il rischio per l'acquirente e rendono irrilevante la circostanza che il venditore non sia rintracciabile e/o non abbia mostrato prima la merce all'acquirente. Sul punto va precisato che, sebbene la scarsa diligenza della persona offesa non escluda l'idoneità degli artifizi utilizzati dall'autore di una truffa (cfr. Cass. 43706/16), la mancata adozione di tali contromisure palesa l'equilibrio contrattuale delle parti o, quantomeno, la volontà della persona offesa di accettare una trattativa in condizioni di parità, situazione questa che, all'evidenza, esclude la ricorrenza di una minorata difesa. La possibilità di approntare una "adeguata difesa" rispetto al contesto in cui la parte offesa ha contrattato esclude, pertanto, la possibilità di qualificare la condotta degli odierni imputati alla stregua dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 5 c.p..
Quindi, letto l'art. 133 c.p. e tenuto conto dei relativi parametri, ritenuta la sussistenza di elementi idonei al riconoscimento di circostanze attenuanti generiche (condotta successiva al reato), pena adeguata risulta essere quella di mesi quattro di reclusione ed Euro 40 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
I precedenti dai quali l'imputato è gravato sono ostativi al riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena.
PQM
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara Ba.Yu. colpevole del reato ascrittogli al capo A) dell'imputazione e, con le attenuanti di cui all'art. 62 bis c.p., lo condanna alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 40 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Letto l'art. 530, comma 2, c.p.p. assolve Ve.Th. dal reato ascrittogli al capo A) dell'imputazione per non aver commesso il fatto.
Letto l'art. 530, comma 2, c.p.p. assolve Ba.Yu. e Ve.Th. dal reato loro ascritto al capo B) dell'imputazione per non aver commesso il fatto.
Letto l'art. 531 c.p.p. dichiara n.d.p. nei confronti di Ve.Th. per i reati ascrittigli ai capi C), D) ed E) dell'imputazione perché estinti per prescrizione.
Fissa il termine per il deposito della motivazione al 20.1.2022.
Così deciso in Pescara il 5 novembre 2021.
Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2022.