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Diffamazione: punibile il direttore di un periodico se non vigila sui contenuti pubblicati


Corte di Cassazione

La massima

In tema di diffamazione a mezzo stampa, sussiste la responsabilità a titolo di colpa ex art. 57 c.p. del direttore responsabile di un periodico per non aver svolto i dovuti controlli al fine di evitare che venisse dolosamente lesa la reputazione di un terzo, attraverso la pubblicazione della fotografia di questi correlata alla notizia non veritiera della condanna per associazione di tipo mafioso. (Nella specie la Corte ha ritenuto legittima la decisione del giudice distrettuale di non rinnovare l'escussione dei caporedattori in quanto la prova dichiarativa non avrebbe comportato in ogni caso l'esenzione da responsabilità penale del direttore, stante la sua posizione di garanzia in ordine alla portata diffamatoria dell'articolo - Cassazione penale sez. V - 20/11/2020, n. 71)


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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 04/02/2019 la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza del 25/01/2016, che aveva condannato G.E. alla pena di 300 Euro di multa per il reato di cui agli artt. 57,595 c.p. e L. n. 47 del 1948, artt. 13 e 21 per avere omesso, nella sua qualità di direttore responsabile del quotidiano "(OMISSIS)", di esercitare il controllo sull'articolo pubblicato il (OMISSIS) dal titolo "(OMISSIS)", al fine di impedire la erronea pubblicazione della fotografia della persona offesa B.M. in luogo di quella dell'omonimo cui l'articolo si riferiva.


2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di G.E., Avv. Gianluca Acciardi, deducendo due motivi di ricorso.


2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), per la mancata assunzione in appello di una prova decisiva relativa all'acquisizione dell'estratto de "(OMISSIS)" del (OMISSIS), dal quale era possibile individuare i caporedattori, e all'esame dei caporedattori stessi.


2.2. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), perchè ritiene la motivazione illogica con riguardo alla ritenuta non necessità della rinnovazione dell'istruttoria basata sull'assunto che un'eventuale responsabilità dei caporedattori non sarebbe stata comunque sufficiente ad escludere la responsabilità del G., trattandosi, al più, di responsabilità concorrenti.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.


2. Il primo motivo è manifestamente infondato.


Giova premettere che la mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nel giudizio di appello può costituire violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018, Capitanio, Rv. 274337), dovendo diversamente esserne censurata la mancata rinnovazione di prove decisive, pur esistenti e conosciute durante il giudizio di prime cure, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) (ex multis, Sez. 5, n. 34643 del 08/05/2008, De Carlo, Rv. 240995).


Peraltro, la prova decisiva, la cui mancata assunzione può essere dedotta in sede di legittimità a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), deve avere ad oggetto un fatto certo nel suo accadimento e non può consistere in un mezzo di tipo dichiarativo, il cui risultato è destinato ad essere vagliato per effettuare un confronto con gli altri elementi di prova acquisiti al fine di prospettare l'ipotesi di un astratto quadro storico valutativo favorevole al ricorrente (Sez. 5, n. 37195 del 11/07/2019, D, Rv. 277035); deve ritenersi "decisiva", secondo la previsione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, R, Rv. 278670).


Tanto premesso, la Corte di Appello ha correttamente negato la rinnovazione dell'istruttoria nel caso di specie: invero, l'eventuale escussione dei caporedattori, soggetti dotati del potere di individuare le foto da pubblicare a corredo dell'articolo, non avrebbe comunque comportato l'esenzione dalla responsabilità penale del G., il quale, nella sua qualità di direttore responsabile del quotidiano, assume comunque una posizione di garanzia in ordine alla portata diffamatoria degli articoli pubblicati e, dunque, anche alle fotografie a corredo degli stessi.


Il delitto di diffamazione commesso dal giornalista con il mezzo della stampa, infatti, si configura quale evento di quello attribuibile, ex art. 57 c.p., al direttore responsabile la cui condotta omissiva consiste nel non aver esperito i dovuti controlli al fine di evitare che, attraverso il periodico da lui diretto, venisse dolosamente lesa la reputazione di terze persone (Sez. 5, n. 22850 del 29/04/2019, Rossi, Rv. 275556).


3. Il secondo motivo, oltre ad essere del tutto generico e sostanzialmente reiterativo della prima doglianza, è altresì manifestamente infondato.


Invero, la richiesta di rinnovazione avanzata dal G. era diretta a stabilire se l'imputato, relazionandosi con i caporedattori, avesse svolto qualche attività di controllo sul materiale pubblicato.


Tuttavia, correttamente i giudici di merito hanno affermato la responsabilità dell'odierno ricorrente sulla base di un compendio probatorio chiaro ed univoco, con ciò ritenendo di non procedere a rinnovazione di istruttoria, conformemente all'insegnamento secondo cui l'art. 57 c.p. prevede un reato colposo proprio del direttore responsabile; pertanto, a tale titolo, non è configurabile la responsabilità del soggetto che "di fatto" eserciti il controllo sul contenuto del giornale, dovendosi escludere qualsivoglia rilevarla, anche all'effettiva organizzazione interna dell'azienda giornalistica in virtù della quale siano conferite ad altri soggetti funzioni di coordinamento e di controllo (Sez. 5, n. 42309 del 02/05/2016, Clemente, Rv. 268461).


Al riguardo, secondo quanto risulta dalle sentenze di merito, il G. non ha apprestato alcun controllo nè iniziativa diretta ad evitare la diffusione di notizie non rispondenti al vero, con ciò confermandosi la relativa penale responsabilità, essendo pacifico che la responsabilità a titolo di colpa del direttore per l'omesso controllo sul contenuto del periodico in riferimento al fatto diffamatorio a mezzo stampa può dirsi esclusa ove si dimostri che il predetto, titolare di una posizione di garanzia, ha fatto quanto in suo potere per prevenire la diffusione di notizie non rispondenti al vero, prescrivendo e imponendo regole e controlli, anche mediati, di accuratezza, di assoluta fedeltà e di imparzialità rispetto alla fonte-notizia (Sez. 1, n. 48119 del 15/10/2009, Ciancio Sanfilippo, Rv. 245668).


4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e alla corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.


P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.


Così deciso in Roma, il 20 novembre 2020.


Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2021

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