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Il nesso di causalità nella responsabilità medica penale


In questo articolo si affronta il tema del nesso causale nella responsabilità medica penale, muovendo dalla nota sentenza Franzese ed analizzando i più recenti indirizzi della giurisprudenza di legittimità.

Nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138); viceversa, sempre secondo la stessa sentenza, l'insufficienza, la contraddittorietà e l'incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all'evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante dell'omissione dell'agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo comportano l'esito assolutorio del giudizio (ibidem, Rv. 222139).


A partire dalla sentenza Franzese, la giurisprudenza della Suprema Corte ha ripudiato qualsiasi interpretazione che facesse leva, ai fini della individuazione del nesso causale quale elemento costitutivo del reato, esclusivamente o prevalentemente su dati statistici ovvero su criteri valutativi a struttura probabilistica, in tal modo mostrando di propendere verso l'indirizzo più rigoroso (favorevole alla necessità dell'accertamento del nesso causale in termini di certezza) delineatosi in tempi più recenti.


L'articolato percorso motivazionale seguito nella sentenza Franzese induce a ritenere che le Sezioni Unite, nel sottolineare la necessità dell'individuazione del nesso di causalità (quale condicio sine qua non di cui agli artt. 40 e 41 c.p.) in termini di "alto o elevato grado di credibilità razionale" o "probabilità logica", abbiano inteso riferirsi non alla certezza oggettiva (storica e scientifica), risultante da elementi probatori di per sé altrettanto inconfutabili sul piano della oggettività, bensì alla "certezza processuale" che, in quanto tale, non può essere individuata se non con l'utilizzo degli strumenti di cui il giudice dispone per le sue valutazioni probatorie: "certezza" che deve essere pertanto raggiunta dal giudice, valorizzando tutte le circostanze del caso concreto sottoposto al suo esame, secondo un procedimento logico - analogo a quello seguito allorquando si tratta di valutare la prova indiziaria, la cui disciplina è dettata dall'art. 192 c.p.p., comma 2 - che consenta di poter ricollegare un evento ad una condotta omissiva "al di là di ogni ragionevole dubbio" (vale a dire, appunto, con "alto o elevato grado di credibilità razionale" o "probabilità logica").


Invero, non pare che possa diversamente intendersi il pensiero che le Sezioni Unite hanno voluto esprimere allorquando - con riferimento alla colpa professionale del sanitario - hanno testualmente affermato che deve risultare "giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica".


Nel solco della fondamentale sentenza Franzese, si è più recentemente affermato che, in tema di responsabilità medica, l'accertamento del nesso causale tra la diagnosi intempestiva di una malattia e il decesso del paziente postula il ricorso ad un giudizio controfattuale ipotetico, sulla base del modello probabilistico e multifattoriale che richiede di valutare l'incidenza del comportamento alternativo lecito, ossia se la diagnosi tempestiva avrebbe impedito ovvero significativamente ritardato, con alto grado di probabilità logica ed in assenza di decorsi causali alternativi, l'esito infausto (Sez. 4, n. 9705 del 15/12/2021, dep. 2022, Pazzoni, Rv. 282855; Sez. 4, n. 24372 del 09/04/2019, Molfese, Rv. 276292; Sez. F, n. 41158 del 25/08/2015, E., Rv. 264883).


Ancora di recente, in ultimo, si è affermato che in tema di responsabilità medica per omissione, l'accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio contro-fattuale necessario per stabilire l'effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente (Sez. 4, n. 28182 del 06/07/2021, R., Rv. 281737, che ha annullato senza rinvio la sentenza d'appello che, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, aveva condannato, per il reato di omicidio colposo, un medico di pronto soccorso e un pediatra per la tardiva diagnosi di occlusione intestinale di un bambino, riconoscendo il nesso causale sulla base di una legge statistica relativa alle possibilità di sopravvivenza all'intervento chirurgico che avrebbe potuto essere eseguito in caso di diagnosi tempestiva, riferita al caso di intervento in fase iniziale di shock, senza tener conto della specifica condizione del paziente che, al momento dell'accesso al pronto soccorso, presentava indicatori della seconda fase dello shock ipovolemico, incidente sul rischio di mortalità connesso all'intervento chirurgico; Sez. 4, n. 10175 del 04/03/2020, Bracchitta, Rv. 278673 che ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità dei sanitari escludendo il rischio emorragico allegato dalla difesa, in adesione alle conclusioni dei consulenti della pubblica accusa fondate esclusivamente sulla mera valutazione di alcune situazioni astratte, indicate dalle linee guida, a cui si associa il rischio emorragico, ed omettendo, invece, di valutare le particolari condizioni in cui versava la paziente; Sez. 4, n. 26491 del 11/05/2016, Ceglie, Rv. 267734 che, in applicazione del principio, ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva dell'anestesista, consistita nel mancato monitoraggio dei tracciati ECG della paziente nel corso di un intervento chirurgico e nel non tempestivo rilevamento delle complicanze cardiache insorte per asistolia, ed i gravi danni cerebrali procurati alla stessa in conseguenza del ritardo con cui era stato eseguito il massaggio cardiaco).

Sotto un diverso profilo, l'errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi (Sez. 4, n. 23252 del 21/02/2019, Leuzzi, Rv. 276365, relativa a fattispecie di ritardo diagnostico di un carcinoma mammario, nella quale l'imputato, specialista oncologo e direttore di un centro di prevenzione oncologica, sei mesi dopo aver sottoposto la paziente ad un esame ecografico che aveva evidenziato multiple e millimetriche formazioni cistiche, senza focalità sospette in senso eteroformativo, si era rifiutato di sottoporre nuovamente a visita e a mammografia la donna che gli aveva rappresentato il persistere di sintomatologia dolorosa; Sez. 4, n. 23252 del 21/02/2019, Leuzzi, Rv. 276365; Sez. 4, n. 21243 del 18/12/2014, dep. 2015, Pulcini, Rv. 263492; Sez. 4, n. 2474 del 14/10/2009, dep. 2010, Vancheri, Rv. 246161, in caso in cui è stata riconosciuta la responsabilità del medico ospedaliero che, omettendo di effettuare i dovuti esami clinici, aveva dimesso il paziente con la diagnosi errata di gastrite un paziente affetto da patologia tumorale così prolungando per un tempo significativo le riscontrate alterazioni funzionali (nella specie, vomito, acuti dolori gastrici ed intestinali) ed uno stato di complessiva sofferenza, di natura fisica - e morale, che favorivano un processo patologico che se tempestivamente curato, sarebbe stato evitato o, quanto meno, contenuto; Sez. 4, n. 46412 del 28/10/2008, Calò, Rv. 242250, inerente a fattispecie in cui una diagnosi errata e superficiale, formulata senza disporre ed eseguire tempestivamente accertamenti assolutamente necessari, era risultata esiziale).


Sussiste, peraltro, il nesso di causalità tra l'omessa adozione da parte del medico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di controfattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l'evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva (Sez. 4, n. 18573 dei 14/02/2013, Pleiona, Rv. 256338, fattispecie nella quale il sanitario di turno presso il Pronto Soccorso non aveva disposto gli accertamenti clinici idonei ad individuare una malattia cardiaca in corso e, di conseguenza, non era intervenuto con una efficace terapia farmacologica di contrasto che avrebbe rallentato significativamente il decorso della malattia, così da rendere utilmente possibile il trasporto presso struttura ospedaliera specializzata e l'intervento chirurgico risolutivo).


Costituisce altresì principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che, in tema di responsabilità professionale medica, nel caso in cui il sanitario si trovi di fronte ad una sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, la condotta è colposa quando non vi si proceda, mantenendosi nell'erronea posizione diagnostica iniziale; e ciò vale non soltanto per le situazioni in cui la necessità della diagnosi differenziale sia già in atto, ma anche quando è prospettabile che vi si debba ricorrere nell'immediato futuro a seguito di una prevedibile modificazione del quadro o della significatività del perdurare del quadro già esistente (Sez. 4, n. 26906 del 15/05/2019, Hijazi, Rv. 276341; Sez. 5, n. 52411 del 04/07/2014, C., Rv. 261363; Sez. 4, n. 34729 del 12/07/2011, Ravasio, Rv. 251348; Sez. 4, n. 4452 del 29/11/2005, Campanile, Rv. 233238).


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