
Con la sentenza n. 42494 del 13 novembre 2024, la Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, ha affrontato il tema del principio di proporzionalità applicato ai reati edilizi, soffermandosi sulla necessità di bilanciare la tutela dell’interesse pubblico con le condizioni personali dell’imputato.
Il principio di diritto
La Corte ha chiarito che il principio di proporzionalità, in materia edilizia, si articola in due profili:
Profilo procedurale: l’imputato ha diritto a un esame accurato delle proprie ragioni da parte di un giudice indipendente, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto.
Profilo sostanziale: rilevano la consapevolezza dell’illiceità dell’attività edilizia e il tempo trascorso tra le decisioni giudiziarie e l’esecuzione delle misure, soprattutto per consentire eventuali interventi di regolarizzazione.
La Corte ha inoltre riconosciuto che elementi come l’età, la povertà o il reddito del soggetto interessato possono influire sulla valutazione complessiva, pur non risultando decisivi in sé.
Il caso concreto
Nel caso di specie, un imputato era stato condannato per aver realizzato un’opera edilizia abusiva senza rispettare le autorizzazioni previste. Il ricorso era stato presentato contestando l’eccessiva rigidità del giudizio di merito, che avrebbe ignorato le particolari condizioni personali dell’imputato, tra cui le difficoltà economiche e la necessità abitativa.
La Corte di Cassazione, pur confermando la responsabilità penale del ricorrente, ha accolto il motivo relativo alla proporzionalità della misura applicata. Ha infatti evidenziato come il giudice di merito non avesse valutato adeguatamente le circostanze specifiche del caso, in particolare la possibilità di regolarizzazione dell’opera e le condizioni economiche del condannato.
Osservazioni
Questa decisione conferma la rilevanza del principio di proporzionalità nei procedimenti penali, specialmente in ambiti come quello edilizio, dove le conseguenze delle decisioni giudiziarie incidono direttamente su diritti fondamentali come l’abitazione.
La Corte richiama dunque i giudici di merito a un maggiore equilibrio tra la necessità di reprimere gli abusi edilizi e la tutela delle condizioni personali degli imputati, nel rispetto del principio di umanità e delle garanzie costituzionali.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. IV, 13/11/2024, (ud. 13/11/2024, dep. 20/11/2024), n.42494
RITENUTO IN FATTO
1. Se.Im. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza emessa dalla Corte di appello di Salerno, quale giudice dell'esecuzione, che, in sede di rinvio, a seguito di annullamento della Corte di Cassazione Sezione 3, pronunciato in data 4.11.2022 con sentenza n. 3482 - 2023, aveva rigettato l'istanza presentata quale terza interessata ed erede legittima di Se.Do. di nullità e inefficacia dell'ordine di demolizione delle opere edilizie emesso dal Procuratore generale presso la Repubblica di Salerno in data 26/05/2008, in esecuzione della sentenza pronunciata dal Tribunale di Salerno-Sezione distaccata di Cava dei Tirreni in data 07/01/2002, nei confronti del padre, Se.Do.
Con unico motivo di ricorso la ricorrente, quale terza interessata in quanto erede di Se.Do., deduce violazione di legge e vizio della motivazione per omessa valutazione della documentazione difensiva versata in atti e violazione del principio di proporzionalità di cui all'art. 8 CEDU, nella interpretazione fornita dalla Corte EDU nelle sentenze Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria del 21/04/2016 e Kaminskas c. Lituania del 04/08/2020. In particolare deduce che la Corte nonostante l'annullamento ha svolto una motivazione apparente non tenendo in nessun conto la documentazione sanitaria prodotta e già versata in atti oltre a quella ulteriore prodotta quale un RM addome del (Omissis) relativo al marito della ricorrente, oltre alle richieste di alloggio pubblico avanzate al Comune di Cava de' Tirreni presentata il 23.02.2023 che era stata rigettata con motivazioni elusive e non condivisibili dal responsabile del IV settore LLPP Manutenzione e Patrimonio, provvedimento avverso il quale la istante ha presentato ricorso straordinario al Capo dello stato tuttora pendente del quale la Corte di appello non ha tenuto non in alcun modo.
Tutti questi elementi fattuali, attestanti il concreto pregiudizio derivante dalla demolizione dell'unico alloggio di cui dispone la ricorrente e il suo nucleo familiare, stante l'indisponibilità di soluzioni alternative, avrebbero dovuto essere posti alla base del giudizio di proporzionalità tra esigenze costituzionalmente protette di tutela del territorio e diritto all'abitazione e al rispetto della propria casa di abitazione.
2. Va premesso che la Corte di Cassazione Sez 3 nella sentenza di annullamento n 3482-23 ha affermato quanto segue:
"Si osserva preliminarmente che la giurisprudenza della Corte EDU e in particolare le sentenze Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, e Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania hanno espressamente riconosciuto il principio di proporzionalità, ove si è specificato che il rispetto del principio di proporzionalità nell'esecuzione dell'ordine di demolizione è rilevante quando viene in gioco il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di una persona, configurabile solo in relazione all'immobile destinato ad abituale abitazione della stessa, e non anche quando viene opposto esclusivamente il diritto alla tutela della proprietà. In tal modo, la giurisprudenza della Corte EDU ha sancito un preciso diritto da parte dell'interessato ad un atteso esame delle sue personali condizioni e del pregiudizio derivante dall'esecuzione del provvedimento ablatorio.
Anche la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di reati edilizi, il giudice, nel dare attuazione all'ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione, è tenuto a rispettare il principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, e Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, considerando l'esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, di cui all'art. 8 della CEDU, e valutando, per non incoraggiare azioni illegali in contrasto con la protezione dell'ambiente, la eventuale consapevolezza della violazione della legge da parte dell'interessato, nonché i tempi a disposizione del medesimo, dopo l'irrevocabilità della sentenza di condanna, per risolvere le proprie esigenze abitative (Sez. 3, n. 48021 del 11/09/2019, Rv. 277994; Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, Rv. 282950). Nel caso in disamina, il giudice a quo non ha compiutamente valutato la documentazione prodotta dalla ricorrente in ordine alle condizioni socio-economiche e di salute del nucleo familiare, laddove, alla pagina 14 del provvedimento impugnato, dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità e della Corte Edu, non ha fatto alcuna menzione della documentazione prodotta dalla ricorrente, affermando che il difensore ha solo prospettato il diritto alla continuazione della residenza dell'immobile, omettendo quindi la valutazione della copiosa documentazione di ordine sanitario ed economico allegata all'istanza. Inoltre, si è limitato ad affermare genericamente che "le condizioni di salute e di basso reddito, di per sé non risolutive, devono essere valutate congiuntamente ai tempi intercorrenti tra la definitività della decisione e l'ordine di ingiunzione alla demolizione", senza fare alcun cenno alla patologia che affligge una delle figlie minori della ricorrente, alle condizioni di salute della stessa ricorrente, alle condizioni economiche difficoltose del nucleo famigliare, dovute all'assenza di stabile attività lavorativa per entrambi i coniugi, attestate dalle dichiarazioni Isee. Né il giudice ha dato in alcun modo atto dei tentativi posti in essere dalla ricorrente di risolvere le proprie esigenze abitative e del ripetuto esito infruttuoso delle richieste rivolte al sistema di edilizia residenziale pubblica.
La mancata valutazione della suddetta documentazione ha altresì comportato che l'affermazione contenuta nell'ordinanza, secondo cui il bilanciamento tra gli interessi contrapposti, del diritto del singolo all'abitazione e quello generale all'ordinato assetto del territorio e alla repressione degli abusi edilizi, sarebbe stato "correttamente effettuato", è stata immotivatamente formulate".
3.11 Procuratore Generale con requisitoria scritta ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
Ha così argomentato: "il giudice del rinvio, recependo i rilievi mossi dalla sentenze rescindente, ha dato conto di avere analizzato compiutamente tutta la documentazione prodotta dalla ricorrente circa la situazione economico - reddituale e di salute del nucleo familiare e circa le iniziative sinora intraprese per reperire un immobile da adibire a casa di abitazione e, con motivazione non inficiata da vizi di legittimità, ha evidenziato che, nella specie, non emergono cause ostative all'esecuzione dell'ordine di demolizione.
In primo luogo, è stato stigmatizzato il lungo lasso di tempo intercorso tra la data d'irrevocabilità della sentenza (18.2.2002) pronunciata nei confronti del padre dell'odierna istante e la data della (futura) esecuzione dell'ordine di demolizione (l'ingiunzione a demolire era stata emessa dal PG il 26.5.2008). Sono stati, quindi, posti in rilievo, da un lato, la persistenza della condotta contra legem nonostante i provvedimenti dell'Autorità e, dall'altro, l'ampio iato temporale concesso al nucleo familiare della Se.Im. per fare fronte alle esigenze abitative. In secondo luogo, il giudice dell'esecuzione ha osservato che emerge ex actis che nel corso del tempo i soggetti interessati hanno avuto la possibilità di far valere le loro ragioni in varie sedi. Sulla base di tali dati oggettivi, la Corte d'Appello di Salerno - esclusa la sussistenza di condizioni di salute riferibili al nucleo familiare dell'istante di gravità tale da prevalere rispetto alle esigenze sottese all'esecuzione dell'ordine di demolizione ed esclusa la ostatività delle condizioni reddituali -, con motivazione non inficiata da manifesta illogicità e rispettosa dei principi sopra richiamati, ha ritenuto rispettato il principio di proporzionalità, avendo la ricorrente consapevolmente deciso di adibire ad abitazione familiare un'unita immobiliare abusiva, pur avendo avuto il tempo di cercare una soluzione alternativa. L'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, del resto, non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all'art. 8 Conv. EDU , posto che, non essendo desumibile da tale norma la sussistenza di alcun diritto "assoluto" ad occupare un immobile, anche se abusivo, solo perché casa familiare, il predetto ordine non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittimo domicilio, ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato ed a ripristinare l'equilibrio urbanistico-edilizio violato (ex multis, Sez. 3, n. 24882 del 26/04/2018, Ferrante, Rv. 273368-01; Sez. 3, n. 18949 del 10/0372016, Contadini, rv 267024).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La Corte di appello a differenza di quanto sostenuto nel ricorso dalla istante ha analiticamente preso in esame e descritto a fai 4 e 5 la documentazione presentata riguardante le istanze di un alloggio popolare o comunque di utilizzo di un immobile acquisito al patrimonio comunale, respinte dall'amministrazione, in quanto l'assegnazione è comunque riservata alla partecipazione di bandi di concorso e non è consentito l'assegnazione in deroga state la moltitudine di immobili abusivi insistenti sul territorio e le analoghe domande presentate da altri cittadini; le numerose istanze rivolte anche al Presidente della Regione al Capo dello stato, al Santo Padre; le certificazioni sanitarie relative alla istante e al nucleo familiare, le attestazioni Isee.
La Corte territoriale ha valorizzato il lungo lasso di tempo trascorso tra la data di irrevocabilità della sentenza contenente l'ordine di demolizione e la data di attivazione del procedimento esecutivo del 26.05.2008, cui hanno fatto seguito comportamenti assolutamente omissivi del dante causa e dei suoi eredi, anzi condotte pervicaci volte al completamento dell'opera abusive, come evidenziato dal verbale della polizia locale del 16.10.2008, che accertava che la struttura occupata da Se.Im. era stata acquistata il 26.07.2006 dal marito di lei Pu. Gi. e che era stata presentata domanda di condono.
Sul punto la Corte territoriale ripercorreva anche i provvedimenti già assunti in altri incidenti di esecuzione proposti da Se.Do., il padre e dante causa, in cui si dava atto che l'immobile abusivo non era condonabile in quanto le opere eseguite si trovavano in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, di cui la istante era pienamente consapevole nel momento in cui ha insieme al coniuge destinato la abitazione abusiva a propria casa familiare.
Evidenziava che nonostante il carteggio intercorso con l'amministrazione comunale e nonostante l'Amministrazione abbia dato seguito a vari bandi di concorso per l'alloggio popolare nel 2003, nel 2013, nel 2022 non ha mai partecipato ad alcun bando ignorando, l'invito del Comune di rivolgersi al III settore Servizi alla persona per l'eventuale ottenimento di un contributo alloggiativo.
Quanto alla documentazione sanitaria con giudizio insindacabile espresso e argomentato la Corte di appello afferma che trattasi in parte di documentazione risalente nel tempo, in parte di attestazioni che non attengono a condizioni di salute di tali gravità da prevalere nei confronti delle esigenze sottese alla esecuzione dell'ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi (fai 9 e 10).
Il Collegio condivide sul punto il principio espresso anche di recente da questa Corte in tema di reati edilizi, secondo cui la tutela del diritto alla salute di coloro che abitano l'immobile oggetto dell'ordine di demolizione, specie se affetti da patologie gravi o invalidanti, postula che i predetti siano necessariamente posti in un ambiente salubre, edificato e attrezzato nel pieno rispetto della normativa vigente, essendo quest'ultima finalizzata a garantire anche il benessere di coloro che abitano detti luoghi Sez.v3, n. 48820 del 02/11/2023 Cc. (dep. 07/12/2023) Rv. 285756-02.
In tema di reati edilizi, il giudice, nel dare attuazione all'ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona è tenuto a rispettare il principio 5 di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, e Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, considerando l'esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, di cui all'art. 8 della CEDU, e valutando, nel contempo, la eventuale consapevolezza della violazione della legge da parte dell'interessato, per non incoraggiare azioni illegali in contrasto con la protezione dell'ambiente, nonchè i tempi a disposizione del medesimo, dopo l'irrevocabilità della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanatoria dell'immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative (Sez. 3 n. 423 del 14/12/2020 Cc. (dep. 08/01/2021) Rv. 280270-01).
Quanto al principio di proporzionalità, secondo l'orientamento consolidato della Corte EDU, ha un profilo procedurale, quale diritto a ricevere un attento esame delle proprie ragioni da parte di un Tribunale indipendente, e un profilo sostanziale. In particolare, ai fini della valutazione del rispetto del principio di proporzionalità, un rilievo centrale assumono, da un lato, l'eventuale 8 consapevolezza della violazione della legge nello svolgimento dell'attività edificatoria da parte dell'interessato, stante l'esigenza di evitare di incoraggiare azioni illegali in contrasto con la protezione dell'ambiente (cfr. specificamente, Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, ma anche l'opinione parzialmente dissenziente del Giudice Vehabovid allegata a Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria), e, dall'altro, i tempi intercorrenti tra la definitività delle decisioni giudiziarie di cognizione e l'attivazione del procedimento di esecuzione, per consentire all'interessato di "legalizzare", se possibile, la situazione, e di trovare una soluzione alle proprie esigenze abitative (così entrambe le decisioni della Corte EDU cit.). Inoltre, ai fini del giudizio circa il rispetto del principio di proporzionalità, sono sicuramente rilevanti le condizioni di età avanzata, povertà e basso reddito dei dell'interessato; queste condizioni, però, non risultano mai essere considerate, di per sé sole, risolutive, o perché valutate congiuntamente ai tempi intercorrenti tra la definitività delle decisioni giudiziarie di cognizione e l'attivazione del procedimento di esecuzione (Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria), o perché esplicitamente ritenute recessive in caso di consapevolezza dell'illegalità della edificazione al momento del compimento di tale attività e di concessione di adeguati periodi di tempo per consentire la regolarizzazione, se possibile, della situazione, e per trovare una soluzione alle esigenze abitative (Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania).
2.AI rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13 novembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 20 novembre 2024.