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Atti sessuali con minorenne: il solo dubbio sull'età del partner può integrare il dolo eventuale


Con la sentenza di seguito riportata, la Terza sezione ha affermato che, in tema di atti sessuali con minorenne, il fatto tipico scusante previsto in relazione all'ignoranza inevitabile circa l'età della persona offesa è "configurabile solo se emerga che nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, possa essere rivolto all'agente, per avere egli fatto tutto il possibile al fine di uniformarsi ai suoi doveri di attenzione, di conoscenza, di informazione e di controllo, attenendosi a uno standard di diligenza direttamente proporzionale alla rilevanza dell'interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori".

In particolare, la Corte ha precisato che "qualora gli strumenti conoscitivi e di apprezzamento di cui il soggetto dispone lascino residuare il dubbio circa l'effettiva età del partner, detto soggetto al fine di non incorrere in responsabilità penali, deve necessariamente astenersi dal rapporto sessuale: giacché operare in situazioni di dubbio circa un elemento costitutivo dell'illecito (o un presupposto del fatto) -lungi dall'integrare una ipotesi di ignoranza inevitabile - equivale ad un atteggiamento psicologico di colpa, se non addirittura di dolo eventuale".



Cassazione penale sez. III, 22/02/2023, (ud. 22/02/2023, dep. 10/03/2023), n.10151

RITENUTO IN FATTO

1. con sentenza del 16/05/2022, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza del 28/09/2018 del Giudice per l'udienza preliminare di Catanzaro, che condannava C.F., in esito a giudizio abbreviato, alla pena di anni uno di reclusione in ordine alla commissione del delitto di cui all'art. 609-quater c.p., per avere l'imputato commesso atti sessuali con M.M., minore di anni quattordici, consistiti in un rapporto sessuale completo, previo riconoscimento dell'attenuante di cui al comma 4 della medesima disposizione. Reato commesso in (Omissis). Concedeva il beneficio della pena sospesa. Condannava altresì l'imputato alle pene accessorie previste per legge oltre al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile.


2. Avverso tale sentenza l'imputato proponeva, tramite il difensore di fiducia, ricorso per cassazione. In particolare:


2.1. con il primo motivo, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in riferimento agli artt. 63 e 350, comma 7, c.p.p., avendo i giudici di primo e secondo grado fondato la pronuncia di condanna sulla base delle spontanee dichiarazioni rese dall'imputato alla polizia giudiziaria nell'immediatezza dei fatti, senza le garanzie difensive previste dagli artt. 63 e 64 del codice di rito, con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni stesse;


2.2. con il secondo motivo, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in riferimento agli artt. 609-quater e 609-sexies c.p., non avendo fatto il giudice di secondo grado buon governo della disposizione che prevede la non punibilità in caso di ignoranza inevitabile della minore età della persona offesa, circostanza che si è realizzata nel caso di specie. I fatti si sono infatti svolti in presenza di amici e del fratello della stessa persona offesa che, pur essendo consapevole della natura sessuale degli approcci tra i due giovani (che dapprima si baciavano e quindi si appartavano in spiaggia), non ha messo in guardia l'imputato ed anzi ha dimostrato disinteresse, così ingenerando nel medesimo la convinzione che la ragazza avesse diciassette anni; sottolinea, da ultimo, come non si sia verificata alcuna compressione della libertà sessuale della vittima, essendo la stessa non solo consenziente, ma colei che ha assunto l'iniziativa.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo, in disparte la questione relativa all'utilizzabilità o meno nel rito abbreviato delle dichiarazioni rese dall'imputato ai sensi dell'art. 350, comma 7, c.p.p. (da ritenersi assorbita dalle considerazioni che seguono) è inammissibile sotto un duplice profilo.


In primo luogo, la censura in concreto non supera la c.d. "prova di resistenza"; secondo il costante orientamento della Corte, infatti, quando con il ricorso per cassazione si contesti l'utilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento sulla decisione; si tratta, per l'appunto, della "prova di resistenza", essendo necessario valutare se le altre risultanze processuali, in caso di espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (Sez. 2, n. 29642 del 30/05/2019, Tané, Rv. 276978; Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Rv. 259452).


Nel caso in esame, da un lato il ricorrente non ha indicato in che modo il venir meno di tale elemento di prova avrebbe avuto incidenza determinante sul giudizio, per ciò solo presentandosi inammissibile; in secondo luogo, la Corte di appello di Catanzaro ha espressamente chiarito che "la penale responsabilità dell'imputato, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, secondo cui il giudizio di condanna fonderebbe sulle dichiarazioni rese dal C., è stata ritenuta sulla base delle dichiarazioni della persona offesa M.M. e degli altri testi escussi, di talché l'eccezione sollevata dalla difesa non appare rilevante".


Il motivo di ricorso non supera, pertanto, il processo di "eliminazione mentale" della prova censurata, essendo il giudizio di colpevolezza fondato sul complesso delle altre risultanze probatorie, come concordemente affermato in entrambi i gradi del giudizio di merito.


L'applicazione del suddetto principio comporta l'inammissibilità del motivo di ricorso, posto che la prova di cui i ricorrenti lamentano l'inutilizzabilità non ha avuto incidenza determinante nel giudizio di colpevolezza.


In secondo luogo, da quanto sopra evidenziato emerge con chiarezza che la censura proposta in questa sede non costituisce che la mera ripetizione di quella già oggetto del precedente gravame e puntualmente valutata - come dinanzi evidenziato - dalla Corte di merito.


Questa Corte, in proposito, ha reiteratamente chiarito come sia inammissibile per genericità "il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti, in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 4, n. 19617 del 10/05/2022 Ud., non massimata; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014 Ud. Rv. 260608; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014 Ud. Rv. 259425; Sez. 6, n. 34521 del 27 giugno 2013; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Ud. Rv. 25568)".