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Stringe il viso della moglie e contro la sua volontà la bacia sulle labbra: è violenza sessuale.

Sentenze

Cassazione penale sez. V, 22/09/2021, n.37460

Con la sentenza in argomento, la Suprema Corte ha affermato che, i fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, non occorre che la violenza si espliciti con forma o veemenza particolare, ovvero in modo brutale ed aggressivo, potendo manifestarsi anche come sopraffazione funzionale e limitata alla pretesa dell'atto sessuale. (Fattispecie in cui l'imputato, nonostante la resistenza opposta, aveva stretto il viso della moglie per imporle un bacio sulle labbra, impedendole di sfuggire alla presa).


La sentenza

Fatto

1. La Corte d'Appello di Messina, con la decisione in epigrafe, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Messina il 6.2.2018, ha rideterminato la pena nei confronti di P.S.N., fissandola in due anni di reclusione, concedendo il beneficio della sospensione condizionale, ed ha confermato la condanna a suo carico per i reati di sequestro di persona ai danni della moglie S.M. e dei tre figli minori; lesioni aggravate, tentata violenza privata aggravata, violenza sessuale e maltrattamenti ai danni della citata moglie.


Le condotte sono state commesse tra (OMISSIS) nell'ambito di un rapporto di coppia che l'imputato aveva improntato a prevaricazione, violenza, vessazione ai danni della moglie e dei figli.


2. Propone ricorso l'imputato deducendo, tramite il difensore, due distinti motivi di censura.


2.1. Il primo motivo denuncia vizio di violazione di legge e di motivazione quanto alla ritenuta attendibilità della testimone-persona offesa dal reato, nonché moglie dell'imputato, la quale avrebbe creato le condizioni per ottenere una separazione consensuale proprio grazie alle querele e raggiungere, così, senza addebiti di sorta, il proprio obiettivo di trasferirsi in (OMISSIS), dove risiede la propria famiglia di origine, senza che il marito potesse opporsi (il ricorso enuncia come elemento di sospetto la mancata costituzione di parte civile da parte della donna, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte d'Appello).


Le sue dichiarazioni dibattimentali non sarebbero sufficienti a provare il reato di maltrattamenti, mancando la necessaria continuità e reiterazione delle vessazioni, né quello di violenza sessuale, quest'ultimo peraltro consistito nel baciare sulla bocca la vittima contro la sua volontà ma senza violenze fisiche particolari, né violenze verbali. L'utilizzazione delle querele da parte della Corte d'Appello violerebbe i principi del giusto processo dettati dall'art. 6 CEDU.


Il ricorso denuncia anche l'inidoneità a provare i reati delle dichiarazioni degli altri testimoni, ritenute di conforto a quelle della vittima, ed il travisamento della stessa prova dichiarativa da parte dei giudici di merito.


2.2. Il secondo motivo di ricorso eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione rispetto ai reati: di lesioni personali volontarie derivate da un unico schiaffo, che avrebbe invece dovuto essere riqualificato nella meno grave fattispecie di percosse; di violenza privata, della quale nulla è stato dichiarato dalla vittima in dibattimento; di sequestro di persona ai danni della moglie e dei figli minori, poiché il ricorrente non ha mai dimostrato la volontà di privare della libertà personale i propri familiari ma soltanto ha inteso impedire che la moglie venisse meno, come già accaduto in passato, ai propri doveri genitoriali. Tanto ciò è vero, che l'imputato, dopo aver chiuso a chiave l'appartamento, ha lasciato le chiavi nella toppa e si è recato presso gli uffici degli assistenti sociali, dove poi è stato trovato dai carabinieri, allertati dalla moglie, la quale, significativamente, era in possesso di un cellulare, a riprova dell'impossibilità di configurare la fattispecie di sequestro di persona.


Infine, la tentata violenza privata sarebbe insussistente, poiché semplicemente andrebbe ricondotta ad un litigio tra coniugi nell'ambito della crisi matrimoniale che stavano attraversando: il ricorrente non aveva intenzione di nuocere in alcun modo alla moglie, ma provava a farla ragionare rispetto ai suoi doveri di moglie e madre.


La testimonianza delle assistenti sociali, che prova tale ricostruzione dei fatti, è stata ignorata dalla Corte d'Appello.


2.3. Il ricorrente ha depositato motivi nuovi con i quali, da un lato, ribadisce le ragioni di inattendibilità della principale testimone dei reati, la sua ex moglie e vittima (fornendo anche particolari sulla sua vita sentimentale in (OMISSIS) e rimarcando l'intenzione di costei, mediante le denunce, di conseguire condizioni di separazione ed affidamento dei figli più favorevoli); dall'altro, deduce violazione di legge, per non avere i giudici di merito ritenuto assorbito il delitto di sequestro di persona in quello di maltrattamenti, nonché violazione di legge in relazione alla sanzione inflitta al ricorrente per il reato di lesioni volontarie contestato al capo B, che non avrebbe tenuto conto, irrogando la pena della reclusione pari a 15 giorni, della circostanza che il reato, di competenza del giudice di pace, non ammette sanzioni detentive di sorta.


3. Il PG ha chiesto che venga dichiarata l'inammissibilità del ricorso.


4. Il ricorrente ha depositato memoria difensiva ex art. 121 c.p.p. con cui contesta le conclusioni del Procuratore Generale.


4.1. Inoltre, con ulteriore memoria, il ricorrente ha depositato un documento da cui afferma sarebbe evincibile la prova dell'inattendibilità della propria ex moglie e vittima dei reati, la quale avrebbe una relazione sentimentale con un cittadino tedesco da cui avrebbe avuto un figlio in (OMISSIS).


Diritto

1. Il ricorso è complessivamente inammissibile.


2. Il primo motivo di censura, relativo all'attendibilità della persona offesa-testimone, è del tutto privo di fondamento.

La Corte d'Appello ha ampiamente argomentato delle ragioni in base alle quali ha ritenuto pienamente attendibile il narrato della moglie del ricorrente, vittima principale dei reati, sottolineando l'assenza di qualsiasi traccia di intenti calunniatori o strumentali da parte della donna, che, anzi, non ha mai manifestato animosità o rancore nei confronti del marito, cercando addirittura di edulcorare le iniziali accuse formulate nei suoi riguardi; neppure ella - evidenziano i giudici d'appello - si è costituita parte civile (circostanza che le Sezioni Unite, nell'affermare la sufficienza delle sole dichiarazioni della persona offesa dal reato a sostenere l'accusa, ritengono comunque fondante un onere di più accurata verifica del suo racconto, pur senza mai giungere a ritenere la necessità di riscontri ai sensi dell'art. 192 c.p.p., comma 3: cfr. Sez. U, n. 41461 del 19/7/2012, Bell'Arte, Rv. 253214).


Inoltre, le dichiarazioni della vittima sono state analizzate dai giudici di merito nella loro logicità, coerenza ed assenza di contraddizioni, nonché, in ogni caso, si giovano di numerosi elementi esterni di conferma, focalizzati dalla sentenza impugnata e nient'affatto scalfiti da apodittiche ed a tratti generiche obiezioni dell'imputato sulla loro valenza. Ed i