Prova indiziaria e coltivazione di stupefacenti: il divieto della praesumptio de praesumpto (Cass. Pen. n. 11460/2025)
- Avvocato Del Giudice
- 29 mar
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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11460/2025, chiarisce i limiti della prova indiziaria nei reati di coltivazione di stupefacenti, ribadendo che il giudice non può fondare la decisione su una presunzione derivata da un’altra presunzione, pena la violazione della regola della certezza dell’indizio.
Il fatto
M. era stato condannato dalla Corte d’Appello di Venezia, con sentenza dell’8 febbraio 2024, per il reato di coltivazione di stupefacenti (art. 73, comma 3, d.P.R. 309/90), con pena di tre anni di reclusione e 7.000 euro di multa. La condanna si fondava su indizi ritenuti significativi, quali la presunta disponibilità di un immobile adibito alla coltivazione e la provenienza di attrezzature per la coltivazione da lui commercializzate.
La decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del M., annullando la sentenza con rinvio. La decisione evidenzia che:
Il ragionamento indiziario deve fondarsi su fatti certi, non su supposizioni o su presunzioni costruite a partire da altre presunzioni (praesumptio de praesumpto).
La presunzione che l’immobile fosse nella disponibilità dell’imputato si basava su elementi equivoci e non dimostrati.
L’uso dell’immobile era stato attribuito a M. anche in considerazione della convivenza con la coimputata, senza però un adeguato approfondimento motivazionale.
L’asserita chiamata di correità derivata da dichiarazioni dei coimputati non risultava effettivamente utilizzata nel procedimento.
Il principio di diritto
In tema di prova indiziaria, il giudice deve fondare il proprio ragionamento su fatti accertati e non semplicemente verosimili.
La doppia presunzione è vietata poiché contraria al principio di certezza dell’indizio.
Per poter affermare la responsabilità dell’imputato, è necessario che gli indizi siano gravi, precisi e concordanti, e che la loro valutazione sia globale e coerente.