Reati tributari
Il reato di omesso versamento dell'IVA rappresenta una delle fattispecie più rilevanti nel panorama del diritto penale tributario.
Disciplinato dall'art. 10-ter del D.Lgs. 74/2000, questo reato si configura quando il soggetto obbligato omette di versare l'imposta sul valore aggiunto (IVA) risultante dalla dichiarazione annuale, superando una soglia di 250.000 euro per ciascun periodo d’imposta.
Analizziamo nel dettaglio gli elementi oggettivi e soggettivi di questo delitto, nonché le conseguenze sanzionatorie e le possibili difese, facendo riferimento alla normativa vigente e alla giurisprudenza più recente.
L'elemento oggettivo del reato di omesso versamento dell'IVA è rappresentato dalla mancata esecuzione del pagamento dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale. La condotta omissiva si concretizza nel mancato versamento dell'IVA entro il termine previsto per il versamento dell’acconto dell’anno successivo, ossia il 27 dicembre.
Il legislatore ha introdotto una soglia di punibilità, il reato scatta solo quando l’ammontare dell’IVA non versata supera i 250.000 euro per ciascun periodo d’imposta. Questo limite è stato fissato per evitare che piccole irregolarità o omissioni marginali possano essere sanzionate penalmente, concentrando l'attenzione su condotte che comportano un'evasione fiscale di maggiore entità.
Un aspetto fondamentale per la configurazione del reato è la presentazione della dichiarazione IVA. Infatti, senza la dichiarazione, non può configurarsi il delitto di omesso versamento, poiché l'obbligazione fiscale da cui nasce il debito non sarebbe formalmente esistente.
Questa caratteristica distingue l’omesso versamento dell’IVA dall’omessa presentazione della dichiarazione, che è invece disciplinata dall’art. 5 del medesimo decreto legislativo.
Il reato di omesso versamento IVA ha natura istantanea: esso si consuma nel momento in cui scade il termine previsto per il pagamento, senza che sia necessario alcun comportamento attivo successivo. Questo significa che il momento in cui si verifica l'infrazione coincide con la scadenza del termine ultimo per il versamento dell’imposta.
La prescrizione del reato di omesso versamento IVA è fissata a sei anni dal momento in cui il reato si consuma. Tuttavia, il termine sarà di sette anni e sei mesi in caso di atti interruttivi della prescrizione.
In alcuni casi, la giurisprudenza ha ritenuto che l’imprenditore possa invocare l'esimente dello stato di necessità (art. 54 c.p.) solo se riesce a dimostrare l'assoluta impossibilità di adempiere all'obbligo tributario. Questo richiede la prova di aver tentato ogni misura possibile per reperire le risorse necessarie, inclusi atti sacrificanti il patrimonio personale.
L'elemento soggettivo richiesto per la configurazione del reato di omesso versamento IVA è il dolo generico, ossia la consapevolezza e volontà di omettere il pagamento dell’imposta dovuta. In altri termini, non è necessario dimostrare un'intenzione specifica di arrecare danno all'erario o di trarre un illecito profitto.
"Il reato è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell'ordinario rischio di impresa e che non può certamente comportare l'inadempimento dell'obbligazione fiscale contratta con l'erario" (v. Cass. Sez. 3, 13/11/2018, n. 12906).
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la prova del dolo è intrinseca nella stessa presentazione della dichiarazione IVA. Infatti, poiché il contribuente auto-liquida l'imposta dovuta attraverso la dichiarazione, l'omissione del pagamento di quanto risulta dalla dichiarazione stessa costituisce di per sé un indice della volontarietà della condotta omissiva. La sentenza delle Sezioni Unite "Romano" (Cass. S.U. n. 37424/2013) ha confermato che il contribuente, riscuotendo l'IVA dai propri clienti, deve destinarla all'Erario, e l'eventuale utilizzo di tali somme per altri scopi prova il dolo nel reato di omesso versamento.
Un aspetto dibattuto è se lo stato di crisi economica o di liquidità possa escludere la sussistenza del dolo. La giurisprudenza prevalente ritiene che la crisi finanziaria non possa di per sé escludere la responsabilità penale, poiché l'imprenditore è comunque tenuto a rispettare l’obbligazione fiscale. Tuttavia, esistono delle aperture interpretative, secondo cui la crisi di liquidità potrebbe essere rilevante solo se si dimostra che essa è stata causata da fattori esterni non imputabili all’imprenditore e che, nonostante tutti gli sforzi, non sia stato possibile adempiere all'obbligazione fiscale (Cass. Sez. 3, n. 16035/2018).
"Alla incidenza dello stato di difficoltà o di crisi finanziaria dell'impresa obbligata al pagamento dell'imposta, al fine della dimostrazione della assoluta impossibilità di provvedere ai pagamenti omessi, occorrono l'allegazione e la prova della non addebitabili all'imputato della crisi economica che ha investito l'impresa e della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità che ne sia conseguita tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto" (cfr. Sez. 3, n. 20266 del 08/04/2014; Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014; Sez. 3. N. 16035 del 10/10/2018).
Il reato di omesso versamento IVA è punito con la pena della reclusione da sei mesi a due anni. Oltre alla sanzione penale, possono applicarsi anche sanzioni di tipo amministrativo, come ad esempio il recupero coattivo delle somme dovute e l'applicazione di interessi e more.
Un'importante novità è stata introdotta dal decreto legislativo 14 giugno 2024, n. 87 che ha riformato il sistema sanzionatorio tributario, favorendo l'accesso a strumenti di definizione agevolata. In taluni casi, il contribuente può beneficiare di sanzioni ridotte qualora provveda al versamento spontaneo dell’imposta prima dell'inizio di eventuali procedimenti penali.